I pensionati italiani vanno alla mobilitazione. Nell’arco di quattro giorni, dal 28 al 31 ottobre, lo Spi Cgil sarà in piazza con venti manifestazioni territoriali, in tutte le regioni italiane, per protestare contro la legge di bilancio del governo Meloni. E non solo: sono molte le questioni in ballo, che vanno dalla rivalutazione del potere d’acquisto fino al sistema fiscale, rilanciando la richiesta di cambiare rotta subito. Un altro modello di sviluppo è necessario. Abbiamo fatto il punto della situazione con la segretaria generale dello Spi, Tania Scacchetti.

La mobilitazione dei pensionati e delle pensionate viene da lontano, è una lunga battaglia condotta dallo Spi Cgil. Come si arriva a queste giornate?
Arriviamo alla protesta nell’ambito della mobilitazione più generale proclamata dalla Cgil Nazionale, per contrastare la legge di bilancio e le politiche economiche e sociali complessive, che sono un tratto dell’attuale governo ma anche dell’Europa: oggi rischiamo il ritorno all’austerità. Non c’è alcuna risposta adeguata sul tema della redistribuzione della ricchezza.

Qual è l’obiettivo delle piazze che avete convocato?
Il nostro scopo è mettere al centro la condizione dei pensionati: non a caso lo slogan, “Il potere d’acquisto logora chi non ce l’ha”, è dedicato proprio alla tenuta del potere d’acquisto. Nell’epoca delle grandi diseguaglianze i pensionati hanno lasciato tanto sul campo e rischiano di perdere molto altro, impoverendo una generazione che si basa proprio sul welfare. Poi c’è un altro grande tema portante della protesta, che riguarda la tenuta del patto previdenziale.

Ce lo puoi spiegare?
Siamo molto preoccupati del taglio sulla rivalutazione degli assegni. Bisogna ricordare che negli ultimi trent’anni abbiamo avuto 100 miliardi di euro di tagli, oltre 16 miliardi negli ultimi due anni. Un sistema del genere si appresta ora a chiedere un contributo di solidarietà alle banche, che poi verrà restituito, questo dà la misura esatta di ciò di cui parliamo. Mentre agli altri più forti si restituisce, alle pensioni viene chiesto da sempre un contributo di solidarietà, che non torna mai indietro. Non siamo più disponibili a fare il bancomat del Paese.

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Tra i nodi della mobilitazione, avete poi messo sul tavolo il problema annoso della sanità e della non autosufficienza.
Certo. Il sistema sanitario è allo stremo, continua ad arretrare e non si mettono risorse, la conseguenza è che risultano oggettivamente penalizzati i più fragili. I pensionati sono tra questi: non c’è un accesso facile alla sanità, i redditi vengono compromessi dalla necessità di ricorrere al privato, una spesa molto alta che erode ulteriormente la condizione degli anziani. Dei quattro milioni di cittadini che si curano nel privato, moltissimi sono pensionati.

Come si inserisce il fisco in questo quadro?
La questione fiscale è prioritaria. Abbiamo una grandissima distrazione di risorse, non si fa niente contro l’evasione e l’elusione, anzi i continui condoni proteggono sempre le stesse persone seguendo una logica corporativa. È proprio così che si rompe il patto fiscale tra lo Stato e i cittadini: in Italia oltre il 90% Irpef è a carico di lavoratori dipendenti e pensionati, il fisco è davvero la madre di tutte le questioni.

Alla luce di queste ragioni, per quattro giorni si va in piazza in tutta Italia. I protagonisti sono i pensionati, ma non solo.
La mobilitazione vuole mettere al centro i bisogni degli anziani e delle anziane per far crescere l’intero Paese. È anche una grande questione democratica. Da lunedì a venerdì vedremo nelle piazze una parte importante dell’Italia, i pensionati, che rifiutano la logica imposta dal governo, la torsione autoritaria preoccupante, la volontà di cambiare la Costituzione e stravolgere il ruolo del lavoro che sta scritto nella Carta. Sono piazze che rivendicano la pace, che si oppongono al ddl sicurezza, che indicano un modello diverso rispetto all’idea di questo esecutivo. Insomma, quella dei pensionati è una battaglia per la democrazia e per cambiare modello di sviluppo.