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Lo sappiamo, e lo troviamo scritto nero su bianco nel sito del ministero della Salute: ogni cittadino, ogni cittadina ha diritto al medico di medicina generale Se bimbo o bimba al pediatra di libera scelta, attraverso il quale si accede alle prestazioni del servizio sanitario nazionale. Se non è lui a prescriverle non si possono fare analisi, se non a pagamento, non si possono effettuare accertamenti o prenotare visite specialistiche. Ancora: serve la sua certificazione per attestare l’astensione per malattia dal lavoro, o è il pediatra a certificare che scolari e studenti sono guariti e possono tornare a scuola. Ancora: è il medico di medicina generale a fare richiesta all’Inps, motivandola, per l’accertamento di invalidità e non autosufficienza per un proprio assistito.
Un rapporto di lavoro anomalo
“Siamo lavoratori a cottimo”, dice Giorgio Barbieri, responsabile Mmg della Fp Cgil, “siamo indispensabili per l’accesso al servizio sanitario ma non siamo suoi dipendenti. Siamo liberi professionisti convenzionati con il servizio e remunerati per quota capitaria, un tot a paziente, e non per quota oraria”. Già questa è la prima anomalia, funziona così: il cosiddetto medico di famiglia lavora in convenzione con l’azienda sanitaria locale, il suo rapporto di lavoro è regolamentato dall’accordo collettivo nazionale, dagli accordi integrativi regionali e dagli accordi attuativi aziendali a livello delle singole Asl.
La norma prevede che ognuno di loro può avere fino a 1.500 pazienti (fino a poco tempo fa erano mille), ma in molti territori invece di aumentare il numero di medici in convenzioni, hanno innalzato il tetto dei pazienti. “Troppi, davvero troppi per riuscire a seguirli per davvero – aggiunge Barbieri –, tanto più che l’età media aumenta e con essa le cronicità. E quindi anche il bisogno di assistenza e di cura aumenta”.
Cosa dicono i numeri
A raccontare l’emergenza è il Rapporto sui medici di medina generale appena pubblicato da Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas): in Italia dal 2019 al 2021 il numero dei Mmg si è ridotto di 2.178 unità e nello stesso periodo è diminuito anche il numero dei pediatri di libera scelta, sono 386 in meno. E non finisce qui, siamo il Paese europeo tra quelli con il minor numero di medici di base. Si legge nel rapporto: “Nel 2020 nell’Unione europea il maggior numero di Mmg è stato registrato in Francia (94.000), seguita dalla Germania (85.000), mentre il Portogallo (medici abilitati all'esercizio della professione) e l'Irlanda hanno riportato il maggior numero di Mmg per 10.000 abitanti (rispettivamente 29,2 e 18,8 per 10.000 abitanti).
L’Italia nel 2021 è a quota 6,81 per i medici di base e 1,2 per i pediatri per 10mila abitanti”. Pochi davvero e destinati a diminuire. Purtroppo, infatti, nel 2021 ben il 75% degli oltre 40.000 medici di famiglia era in servizio da più di 27. Basta far due calcoli per capire che la porta per la pensione per molti sta per aprirsi.
Siamo all’emergenza
Giorgio Barbieri la professione di medico di medicina generale. L’esercita da decenni e parla, quindi, per esperienza diretta oltre che per responsabilità sindacale. Riflette: “La storia che ha portato all’emergenza attuale parte da lontano, da quando alcuni anni fa Regione Lombardia decise, violando la legge, di alzare il massimale dei pazienti per singolo sanitario portandolo a 1.500. Allora la Cgil fece causa e la vinse. Oggi quella soglia stata fatta diventare norma. Tant’è vero che in alcune regioni del Nord si è, in realtà, arrivati a 1.800. Basti pensare che oltre il 40% dei Mmg supera il massimale di 1.500 assistiti, così non sono più pazienti ma clienti”. Ma perché si è arrivati qui?
Le ragioni dell’inefficienza
Innanzitutto perché, per risparmiare un po’, invece di aumentare la quota capitaria riconosciuta a professionista per ciascun assistito, si è consentito di aumentarne il numero così da alzare il reddito del medico. Ma in questa spirale all’aumento perdono tutti. Dice ancora Barbieri: “Quella che a qualcuno poteva sembrare un’idea geniale – lavoriamo un po’ di più e guadagniamo di più – ha portato al punto di rottura di oggi. I carichi di lavoro sono talmente aumentati che non reggiamo e la qualità dell’assistenza è inevitabilmente diminuita. Anche perché buona parte del nostro tempo è occupato da compiti burocratici che prima erano di competenza dei distretti, svuotati o quasi quelli sono passati a noi, e così abbiamo meno tempo per fare i medici”.
Futuro nero
I prossimi anni si annunciano assai foschi. Secondo Empam, la cassa previdenziale dei medici, “Più della metà dei medici di famiglia, di continuità assistenziale e dei pediatri di libera scelta ha oltre 60 anni di età (dati al 31 dicembre 2021) e ha quindi i requisiti per andare prestissimo in pensione. Si stima che il numero dei giovani formati o avviati finora alla formazione sarebbe sufficiente per coprire solo il 50 per cento dei posti”. Ed è ancora Barbieri ha spiegare che il futuro è già presente: “Dal 1° giugno chiuderanno A Bergamo 20 presidi di continuità assistenziali su 27 perché non si trovano i medici. E ovviamente non vale solo in Lombardia”. La stima è che dal 2021 al 2025 si assisterà a un'ulteriore riduzione della platea di oltre 3000 Mmg.
Come invertire la curva
“Il nostro lavoro non è più gratificante”. Riflette amareggiato Barbieri: “Troppe carte, troppe incombenze che con la cura della salute non hanno niente a che fare. Quando finalmente – mi rendo conto che è brutto da dirsi – arriva un paziente ammalato e posso tornare a fare il medico rimango quasi positivamente sorpreso. E poi davvero troppa fatica. Per questo i giovani non scelgono questa specializzazione: fare questa vita per tutta la vita?”. E allora la prima cosa da fare è far tornare gratificante questa professione.
Come cambiare
Secondo il responsabile Mmg della Fp Cgil tre sono i cambiamenti necessari. Innanzitutto cambiare natura “contrattuale”, passando dalla convenzione alla assunzione nel servizio sanitario, certo con gradualità, ma la strada questa dovrebbe essere. “Basta esser pagati per quota capitaria, dovremmo esser pagati per ore lavorate e avere standard di qualità da rispettare. Altrimenti rimaniamo in una concezione mercantilistica della medicina”. Poi basta burocrazia: “Ho uno stipendio troppo alto per svolgere compiti amministrativi, devo, dobbiamo tornare a fare ciò per cui ci siamo formati e siamo pagati”. Infine conclude Barbieri “Ultima cosa, tra quelle prioritarie: il medico di medicina generale deve poter conseguire una specializzazione universitaria al pari di tutti gli altri colleghi. Gli altri si specializzano in università, a noi è riservato un corso di formazione regionale non universitario”.
Le case di comunità
La Corte dei conti ha accertato che solo l’1% di quanto destinato alla sanità dal Pnrr è stato speso. Ebbene, cardine della missione 6 del Piano è la riorganizzazione e ricostruzione della sanità di territorio attraverso – tra l’altro – delle case di comunità. Ecco, secondo il nostro interlocutore quella potrebbe e dovrebbe essere la strada per rilanciare e rendere efficiente e gratificante la professione di medico di medicina generale. Non più isolato, ma in rapporto con altri professionisti della salute e del sociale, coadiuvato da competenze specifiche per la parte burocratico-amministrativa.
Governo, se ci sei e se davvero pensi che la salute sia un diritto di cittadinanza, batti un colpo.