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La sanità lombarda è sempre più sbilanciata verso il privato che compete con il pubblico invece di sussidiarlo, lasciando sempre più soli cittadine e cittadini con i loro bisogni di salute. Questa una delle ragioni che hanno spinto la Cgil, lo Spi, la Fp regionali e Arci Acli e Medicina democratica a promuovere tre quesiti referendari per modificare la Legge regionale sul servizio sanitario.
“Le scelte politiche sbagliate della Regione Lombardia negli ultimi trent’anni – affermano - hanno prodotto: liste d’attesa infinite, diseguaglianze per reddito nell’accesso alle cure, lo smantellamento della medicina territoriale, sbilanciamento verso un privato sempre più finalizzato solo ad una logica di profitto, incapacità di garantire le prioritarie azioni di prevenzione (es. sicurezza sul lavoro), il peggioramento delle condizioni di lavoro degli operatori sanitari, spese impazzite con i ‘medici gettonisti’, nessun governo delle rette a carico dei cittadini nelle RSA e nei servizi perla disabilità”.
Lo stato di salute della sanità lombarda
Malata grave, questa la realtà. Malata grave in tutto il Paese certo, ma anche in regione checché se ne dica. Racconta infatti Monica Vangi, segretaria regionale della Cgil “Le strutture per anziani e di riabilitazione per i disabili sono al 99%private, una rete ospedaliera pubblica privata sicuramente con molte eccellenze, ma che si sta sbilanciando sempre di più verso il privato, centri di diagnostica privata che spuntano come funghi, sanità territoriale inesistente, case e ospedali di comunità che quando esistono sono vuoti. E anche da noi la questione delle liste di attesa è diventato insostenibile, e l’idea di Bertolaso di istituire una agenda unica delle prestazioni erogate dal pubblico e dal privato accreditato non funzione: i privati non ci stanno”.
Un po’ di numeri
Secondo i dati della Corte dei Conti elaborati dell’Area Stato sociale e diritti della Cgil nazionale, la spesa pro capite per la sanità in Lombardia è sotto la media italiana (già assai più bassa rispetto agli altri paesi europei), è di 2241 euro all’anno. Se la presenza di posti letto (sia pubblici che privati) ogni 1000 abitanti è sufficiente pari a 4,6, il numero delle prestazioni specialistiche rispetto al 2019 è diminuito di quasi il 5%. E si osserva la capacità di rispondere alla richiesta di prestazioni specialistiche con richiesta classificata urgente, si scopre che meno dell’85% trova risposte adeguate, e ben il 6,8% della popolazione rinuncia alle prestazioni e alle cure perché dal pubblico non ha risposte e non è in grado di pagare di tasca propria.
I medici di medicina generale
Secondo la rilevazione annuale fatta dal Direzione generale del Welfare della Regione, in Lombardia mancano 1.326 tra medici di medicina generale e pediatri: il dato è in crescita rispetto ai 1.166 del 2022 e ai 964 del 2021. Non solo, il fenomeno è destinato ad ampliarsi visto che per ogni tre sanitari che va in pensione ne entra solo 1. Se la carenza è diffusa su tutto il territorio, a soffrire di più è l’area metropolitana di Milano, ne mancano 424.
A scarseggiare non sono solo mmg e pediatri
Sempre secondo i dati ufficiali diffusi, è talmente acuta la mancanza di dottori e dottoresse che la Regione spende ben 27 milioni e 887 mila euro l’anno per i “gettonisti”, servono a coprire – tra gli altri – 2600 turni nei reparti di emergenza e urgenza, che vengono retribuiti così anche 1200-1300 euro lordi a turno. E poi gli infermieri, per colmare le piante organiche ne servirebbero a migliaia.
Sistema in sofferenza
La vera emergenza, che certo ha conseguenze non di poco conto sull’esigibilità del diritto alla salute, riguarda il personale tutto. “Il sistema sanitario regionale è in profonda sofferenza”. Lo afferma Cateno Tramparulo, segretario regionale della Fp Cgil Lombardia che spiega: “mancano medici, infermieri, operatori socio sanitari e siamo al punto che vanno deserti i concorsi banditi dalle strutture pubbliche, non si riesce nemmeno a sostituire chi va in pensione”. Il risultato è inevitabile e sta portando le strutture sull’orlo del collasso: “si accumulano una quantità di ore di recupero che non riescono a smaltire, non si riesce a garantire le programmazioni dei turni mensili, per non parlare poi delle ferie”. A tutto questo si aggiunge un altro fenomeno davvero preoccupante, è sempre il segretario della Fp a dire che ormai le strutture private fanno concorrenza a quelle pubbliche: “medici e infermieri scappano dal pubblico non solo per una questione di reddito, ma soprattutto per le condizioni di lavoro e di conciliazione con la vita divenute insopportabili”.
I consultori, questi sconosciuti
Secondo i dati del Ministero della Salute, la Lombardia è l’ultima regione per consultori famigliari. Davvero un triste primato visto che la Legge prevede ce ne sia uno ogni 20mila abitanti: la copertura lombarda è pari allo 0,3%. Era la primavera del 2022 quando la Cgil regionale fece un esposto al Tar per denunciare la mancata osservanza delle norme, proprio in queste ore è arrivata la convocazione del Tribunale. “La situazione è davvero grave, dice la segretaria regionale, perché in virtù dell’equiparazione pubblico privato che vige da noi sono diffusi i consultori privati che però non ottemperano a nulla di quanto previsto dalla 194”.
Perché i referendum
“L'obiettivo dei quesiti referendari – aggiunge Vangi - era è ed è quello di mettere in discussione le scelte politiche di Regione Lombardia, a partire dal rapporto distorto e sbagliato che c'è tra pubblico e privato, basato sul sistema di competizione e non di sussidiarietà”. Alla Giunta lombarda non è affatto piaciuto che diversi soggetti abbiano deciso di utilizzare questo strumento ed allora invece che esaminarli e spiegare dal punto di vista tecnico giuridico se ammetterli o meno, ha presentato in Consiglio regionale un ordine del giorno sostenendo che non si dovessero celebrare a prescindere, e come era prevedile, l’ordine del giorno è passato. Il comitato promotore, come era altrettanto prevedibile, ha presentato ricorso al Tar, e in attesa che il Tribunale amministrativo regionale si pronunci, ha deciso di sostenere le proprie ragioni attraverso 10 giorni di mobilitazione.
La sanità lombarda deve cambiare
“Non ci fermiamo, anzi rilanciamo con forza la nostra battaglia per garantire il diritto alla salute per tutte le cittadine e cittadini con un piattaforma condivisa di proposte in dieci punti, alla cui base c'è la richiesta di attuare immediatamente un centro di prenotazione davvero unico e pubblico per tutte le strutture pubbliche e private accreditate, accessibile a tutti, con agende per la prenotazione sempre aperte, dati sulle liste di attesa e bilanci resi pubblici da tutti gli enti accreditati”, dichiarano i rappresentanti del Comitato promotore Referendum, Marco Caldiroli Medicina Democratica, Federica Trapletti Cgil, Vittorio Agnoletto Osservatorio Salute, Massimo Cortesi Arci, Andrea Villa Acli. Come pure un'altra richiesta immediata è attuare le norme esistenti che garantiscono ai cittadini prestazioni nei tempi prescritti dai medici di medicina generale, riducendo gradualmente le prestazioni in libera professione. L’appuntamento conclusivo di questi 10 giorni di mobilitazione è sabato 21 ottobre dalle 11 davanti al Palazzo della Regione con Don Luigi Ciotti. “E deve esser chiaro, sottolinea la segretaria regionale della Cgil – che l’appuntamento del 21 sarà la fine solo di questa prima tappa della mobilitazione, noi non ci fermeremo”.