“La vita buona nella società attiva”, il Libro Verde del ministro Sacconi presentato il 25 luglio scorso, rappresenta la tappa conclusiva di un iter condotto a tappe forzate dal governo su lavoro e welfare che, nelle intenzioni dell’esecutivo, punta a concludersi entro l’anno. Nel documento vengono portati a compimento alcuni elementi tra loro interconnessi: detassazione degli straordinari; finanziaria 2009 con le nuove norme sui lavori usuranti e la riforma del processo del lavoro; nuovi provvedimenti su formazione e istruzione e sanità. “Tutte decisioni che restringono spazi e risorse pubbliche destinate al sistema di welfare”, scrivono su Rassegna Sindacale Claudio Treves e Sandro Del Fattore, coordinatori per la Cgil dei dipartimenti Politiche attive del lavoro e Politiche del welfare e nuovi diritti. Il testo di Sacconi è legato, per le materie trattate, anche all’impostazione che il governo vuole dare al federalismo. Proprio su tale questione, per Treves e Del Fattore, “il dibattito in corso risulta per molti aspetti incomprensibile e preoccupante. Più che l’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, l’attenzione prevalente sembra infatti concentrarsi esclusivamente sull’attribuzione delle imposte. Inoltre, sembra prevalere il principio inaccettabile e leghista che le tasse appartengono al territorio dove vengono raccolte”.


Scheda: il libro verde punto per punto
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I contenuti
A parere di Treves e Del Fattore, il Libro Verde prospetta un ritirarsi della tutela pubblica universale a vantaggio di soluzioni diversificate nel territorio: "Ogni elemento di difficoltà - denunciano - nei diversi comparti del nostro welfare (lavoro, sanità, assistenza, previdenza, salute e sicurezza nel lavoro) viene difatti enfatizzato per spingere verso quel risultato, come stanno a dimostrare le misure del ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta. Quanto all’economia sommersa e alle acute differenze tra Nord e Sud, nel Libro Verde vengono fatte risalire a un eccesso di regolazione, cui rispondere (come già fatto nella legge 133/08) deregolando il rapporto di lavoro (libro unico), rivitalizzando forme contrattuali cancellate dal protocollo del 23 luglio 2007 (lavoro a chiamata), indebolendo gli avanzamenti dello stesso protocollo (contratti a termine, apprendistato), cancellando la legge sulle dimissioni volontarie". Per Treves e Del Fattore “si continua cioè a ritenere l’impresa un soggetto cui togliere vincoli, e alla quale non avanzare alcuna richiesta in merito alla coesione sociale. Ne consegue che l’intero peso dell’accresciuta precarietà del lavoro si scarichi sul sindacato”.

Attacco al sistema pubblico
Il Libro Verde, secondo il sindacato, punta anche a dimostrare l’insostenibilità della spesa pubblica e nella previdenza nella sanità, contraddicendo tra l’altro uno studio della Ragioneria generale dello Stato. “Questa drammatizzazione – sottolineano i due dirigenti sindacali – ha un solo scopo: ridurre il finanziamento pubblico per la sanità e dare maggiore impulso ai fondi integrativi e alle assicurazioni private. D’altra parte, c’è scritto esplicitamente che due dei pilastri del nostro welfare pubblico, sanità e pensioni appunto, andranno ridotti”. Rispetto all’età pensionabile, poi, nel testo di Sacconi è scritto che si dovrà valutare “la necessità di promuovere un ulteriore innalzamento una volta completata la fase di graduale elevazione dell’età minima a 62 anni”. Di qui, in conclusione, la richiesta che le parti sociali diano vita a un sistema di relazioni fondato sulla “complicità tra capitale e lavoro, superando l’antagonismo originario e scoprendo invece i benefici effetti della partecipazione azionaria dei lavoratori alla propria impresa”.

Il giudizio della Cgil
Scrivono Treves e Del Fattore su Rassegna: “Quello del governo è un disegno per noi inaccettabile. L’impianto prefigura un sistema di welfare che da universalistico diverrebbe negoziale o compassionevole. Ne sono un esempio l’esplicito richiamo alla progressiva privatizzazione dei servizi; la possibilità di costruirsi tutele e garanzie affidate alla responsabilità del singolo attraverso il ricorso al mercato o alle disponibilità della famiglia (cioè delle donne); l’ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro”. In pratica manomettendo il protocollo del 23 luglio 2007 sostenuto da cinque milioni di lavoratori. Secondariamente, “il disegno proposto si regge su un generale ridimensionamento dello pubblico cui rispondere con soluzioni privatistiche bilaterali. Il risultato prevedibile, per la Cgil, “è un ulteriore acuirsi delle distanze tra Nord e Sud, tra settori forti e deboli, e un arretramento della coesione sociale, messa già a dura prova dagli atti del governo in tema di sicurezza”. Infine, scrivono i dirigenti sindacali, “l’uso del concetto di personalizzazione della tutela non fa i conti con le nuove criticità sociali (immigrati, donne, invecchiamento della popolazione, non autosufficienza, precarietà dell’impiego, nuove povertà) e viene invece indirizzato verso una risposta privatistica di tutela a discapito dell’universalità del diritto”.

Non autosufficienza dimenticata
Esemplificativo è quanto previsto sulla non autosufficienza: scompare infatti qualsiasi riferimento alla legge delega che, nella precedente legislatura, aveva iniziato il suo iter istituzionale. Così come sparisce qualsiasi riferimento alla costituzione del fondo nazionale per la non-autosufficienza. Ancora. Non c’è più alcun riferimento alla legge di riforma dell’assistenza (la legge n. 328 del 2000) e a qualsiasi impegno sulla grande questione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali. Da segnalare anche la scarsa attenzione al dramma della povertà: il Libro Verde giudica fallimentare, e non si capisce in base a quale valutazione, l’esperienza del Reddito minimo di inserimento, e mette in campo la sola e assai discutibile carta acquisti. Concludono Treves e Del Fattore: “Per queste ragioni riteniamo necessario proporre a Cisl e Uil, e attrezzare comunque le nostre strutture, una richiesta di confronto politico con il ministero sulle singole problematiche. In particolare, tra i temi da approfondire va proposto in primis a Cisl e Uil quello della bilateralità”.