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Che ci sia nel nostro Paese un problema demografico è un fatto oramai conclamato, ma racchiuderlo - come spesso si fa - sotto il termine d'invecchiamento rischia di fornire un’immagine distorta della realtà. Il termine, infatti, farebbe istintivamente pensare che vi siano nel nostro Paese troppi anziani, con la conseguenza che i costi necessari per il loro sostegno rischiano di divenire eccessivi. In effetti, i costi dell’invecchiamento - sia sotto forma di spesa pensionistica che di spesa socio-sanitaria - sono alti e, soprattutto, in aumento nei prossimi decenni: in particolare, il peso della spesa sanitaria sul Pil è destinato ad aumentare. Tuttavia, essendo l’invecchiamento un’importante ed evidente conquista, occorre capire dove intervenire per renderlo sostenibile, evitando che si generi un ingiustificato conflitto tra generazioni: giovani vs anziani o lavoratori vs pensionati.
Le soluzioni possibili
I fronti su cui intervenire per impedire che questo avvenga sono diversi. Innanzitutto, vi è un problema di bassa natalità che caratterizza in modo preoccupante il nostro Paese: in termini demografici si direbbe che l’alto indice di vecchiaia (over 65 su under 15) non dipende solo da un numeratore troppo alto, ma anche da un denominatore troppo basso. L’Italia è l’ultimo Paese tra i 27 dell’Ue per incidenza degli under 15 e, secondo le attuali previsioni, manterrà ancora a lungo questo primato. Inoltre, vi è un problema economico dovuto al fatto che la quota di persone in età lavorativa (15-64 anni) che effettivamente lavora è in Italia ancora troppo piccola e lo è soprattutto nelle componenti femminile e giovanile. Detto in altri termini, l’aumento dell’incidenza della spesa sanitaria sul Pil dipende anche dal fatto che la capacità di produrre Pil nel nostro Paese è frenata da un tasso di occupazione troppo basso, cui si accompagna una produttività del lavoro rimasta a lungo ferma.
Intrecci di discipline
Il problema è quindi molto ampio e coinvolge demografia ed economia; richiede perciò di essere aggredito su tutti i fronti: favorire la ripresa della natalità, portare il tasso di occupazione delle donne e dei giovani sui livelli degli altri Paesi europei, accrescere la produttività del lavoro. Ma occorre anche intervenire sul modo con cui si affrontano i bisogni degli anziani e in particolare quelli socio-sanitari. La spesa sanitaria è in larga misura destinata agli anziani e lo sarà in modo crescente nei prossimi anni. Infatti, per quanto con l’allungamento della vita migliorino anche le condizioni di salute, col passare degli anni affiorano le malattie, spesso croniche e talvolta multicroniche con possibili limitazioni all’autonomia degli anziani. Ciò genera situazioni di disagio per loro e le famiglie di appartenenza e genera anche costi, in buona parte a carico dello Stato.
A oggi, però, ciò che caratterizza tale spesa non è tanto il suo ammontare, quanto le voci che la compongono e che mostrano il ruolo assolutamente marginale della prevenzione: la spesa è in larga misura indirizzata a curare le malattie una volta che si sono manifestate, spesso in uno stadio già avanzato, per cui non solo maggiore è la sofferenza, ma maggiori sono anche i costi.
Il contributo della tecnologia
La domanda che ci siamo posti col progetto SocioTechLab è se la tecnologia possa fornire risposte interessanti, finalizzate non solo a migliorare la vita degli anziani, ma anche a ridurre la spesa sanitaria, intervenendo in particolare proprio sulla prevenzione. Il riferimento è a tutte quelle tecnologie in grado d'implementare nuove e più avanzate forme di monitoraggio, assistenza e riabilitazione a distanza dei pazienti e anche garantire socialità e comunicazione.
Gli aspetti fondanti di questo cambio di paradigma basato su innovazione tecnologica sono: personalizzazione, con trattamenti basati sulle caratteristiche mediche e ambientali e sui profili genetici e genomici di ciascun individuo; prevenzione, con azioni di screening e monitoraggio volte a seguire l’evoluzione di certe malattie al fine di evitarne le conseguenze più gravi; predizione, attraverso l’identificazione dei potenziali rischi che una persona, date le sue caratteristiche, ha di sviluppare in futuro alcune malattie; partecipazione, con il coinvolgimento attivo dei pazienti e delle loro famiglie nel processo di cura.
In particolare, le nuove tecnologie consentono di monitorare le persone anziane nei luoghi della loro vita quotidiana attraverso la creazione di ambienti intelligenti. Se poi proviamo a guardare più in là nel tempo, il metaverso - e in particolare i Digital Twins - potrebbe consentire la realizzazione di sistemi di modellazione e simulazione. Il Digital Twin è un Gemello Digitale ovvero la copia virtuale di un'entità tangibile (come i motori dei veicoli o le persone) che può essere analizzato indipendentemente dalla sua controparte reale per prendere decisioni informate. Il Gemello Digitale può quindi essere utilizzato per prevedere evoluzioni future o per simulare le conseguenze di decisioni prese senza con questo mettere a rischio la salute del paziente.
Molte di queste innovazioni sono in via sperimentale, ma altre hanno già superato i test clinici e sono assolutamente efficaci per migliorare le condizioni di vita e di salute del paziente.
Le potenzialità sono molte
In linea di massima potremmo dire che le nuove tecnologie consentono un monitoraggio a distanza di alcuni parametri biometrici, agevolando in generale l’accessibilità ai servizi, in particolare proprio a quelli legati alla salute. Quindi, oltre a operare sul fronte della prevenzione, attenuano i rischi dell’isolamento con rilevanti benefici per le persone più sole - e spesso gli anziani lo sono - e isolate in quanto residenti in aree più distanti dai luoghi di erogazione dei servizi. Da qui la particolare attenzione che il progetto ha dedicato agli anziani delle aree interne.
Perché però queste potenzialità si tramutino in fatti è necessario curare alcuni aspetti. Da un lato, la formazione da intendere in senso esteso: verso gli operatori, molti dei quali non più giovanissimi e quindi in maggiore difficoltà verso le nuove tecnologie; verso gli utenti perché il successo di queste tecnologie dipende anche dalla capacità degli individui di utilizzarle. Ma occorre anche evitare di pensare che avendo le nuove tecnologie il pregio di annullare la distanza non vi sia più alcun ruolo per le strutture di prossimità la cui importanza, al contrario, aumenta proprio per garantire ai soggetti la possibilità di utilizzare la tecnologia anche quando poco avvezzi a essa, nonché attivare interventi rapidi laddove ve ne fosse il bisogno.
Il Pnrr nelle missioni 5 e 6 coglie perfettamente queste esigenze: la casa come primo luogo di cura e le Case della Comunità come strutture di prossimità. Occorre, tuttavia, ricordare che il Pnrr finanzia soprattutto investimenti, per cui occorre pensare anche alla gestione successiva: quale formazione realizzare; quale dotazione di personale nelle case della comunità; dove localizzarle e nel caso in cui la distanza con l’utenza resti elevata come garantire un più agevole raccordo con le persone.
Il progetto
Per esplorare se e quale familiarità hanno le persone anziane con la tecnologia e il suo possibile utilizzo in ambito sanitario, lo Spi ha condotto assieme alla Scuola Superiore S. Anna di Pisa una indagine statistica, prima nel suo campo, la cui analisi preliminare viene pubblicata in queste pagine. I risultati ci mostrano una popolazione anziana curiosa e spesso già avvezza all’uso della tecnologia, spesso limitata nelle aree interne dal mancato raggiungimento della rete. Il digital device sembrerebbe in realtà meno grave delle attese, perlomeno se il riferimento è agli anziani più giovani (65-74 anni), che però saranno anche i prossimi soggetti su cui applicare le nuove tecnologie.
La disponibilità e l’uso di strumenti come il pc, lo smartphone e il tablet, risulta infatti decisamente superiore a quanto appariva da indagini Istat precedenti, probabilmente a conferma del fatto che la pandemia ha dato una significativa spinta alla diffusione della digitalizzazione. L’utilizzo in ambito sanitario è già frequente anche se, al momento, si limita all’accesso ai servizi più di tipo amministrativo che non a quelli che intervengono più direttamente sulla cura. Tutto questo però deriva, da un lato, da una abitudine consolidata negli anni ad avere un rapporto più diretto col proprio medico, ma dall’altro anche da una scarsa conoscenza delle potenzialità offerte dalla tecnologia. Si apre, perciò, un interessante spazio da coprire, finalizzato proprio a sviluppare tale conoscenza e ad accrescere la familiarità verso strumentazioni al momento ancora largamente sconosciute: formazione accompagnata da sperimentazione sono le vie da seguire.
La sfida
Con la conclusione delle attività dei quattro gruppi di lavoro e la pubblicazione dei risultati dell’indagine statistica si conclude la prima fase del lavoro del laboratorio Sociotechlab dello Spi. Il Comitato tecnico scientifico sarà impegnato quindi nelle prossime settimane nella individuazione di una tecnologia da sperimentare sui territori coinvolti, per mettere in pratica quanto analizzato. Lo Spi raccoglie la sfida posta da questa transizione tecnologica e demografica promuovendo l’autonomia, l’empowerment e la centralità della persona a partire dagli anziani e dai fragili.
Stefano Casini Benvenuti, Coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico Spi
Susanna Felicetti, Coordinatrice Politica del progetto per lo Spi