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Il reddito, il livello di istruzione, l’attività lavorativa svolta, la famiglia di appartenenza, il luogo di residenza condizionano i bisogni degli anziani, come quelli delle altre fasi della vita. Sarebbe però un errore considerare la cosiddetta “terza età” come una categoria unica, gli over 65 sono persone molto diverse tra di loro e di conseguenza hanno bisogni molto diversi. Si parla, infatti, sia di persone ancora molto attive, alcune delle quali continuano a svolgere un’attività lavorativa e di ultranovantenni per i quali il rischio di cadere in una situazione di non autosufficienza è molto elevato. Vero è che con il crescere dell’età aumentano le esigenze legate alla cura e all’assistenza.
Il record italiano
L’Italia è uno dei paesi più longevi al mondo (con 83,1 anni, nel 2017 si confermava al secondo posto per speranza di vita alla nascita nell’UE-28) ma è altrettanto vero che vi è una soglia oltre la quale lo stato di salute -e più in generale il livello di benessere- dei nostri anziani peggiora anche rispetto a quelli degli altri paesi europei. Soglia che si colloca attorno ai 75 anni come emerge chiaramente nell’ultima indagine Istat “Anziani: le condizioni di salute in Italia e nell’Unione Europea”. Nella fascia di età 65-74 anni, gli italiani godono di una salute generalmente migliore rispetto al resto d’Europa, in particolare per quanto riguarda le patologie croniche. Senza contare che a 65 anni hanno un’aspettativa di vita più alta di un anno rispetto alla media europea (18,9 anni per gli uomini e 22,2 per le donne nel 2015).
Dai 75 anni in poi vivono, però, in condizioni di salute decisamente peggiori, sono più sofferenti a causa di qualche malattia cronica e con dolori fisici che ne limitano la qualità della vita. Un anziano su due soffre di una malattia cronica o è multicronico, più di un terzo degli anziani (il 37,7%), riferisce di aver provato dolore fisico (da moderato a molto forte) nelle quattro settimane precedenti l’intervista. Le donne soffrono più degli uomini e riferiscono di aver provato dolore fisico da moderato a molto forte per il 45,4% (contro il 27,6% degli uomini e risultano avere meno malattie croniche gravi ma più multicronicità e limitazioni motorie o sensoriali. Il 23,1% degli anziani ha gravi limitazioni motorie (la riduzione di autonomia personale riguarda oltre un anziano su dieci) in linea con la media dei paesi Ue per i 65-74enni ma superiore tra gli over75 e in particolare per le donne.
Le condizioni di vita
La dinamica brevemente descritta, da considerarsi solo in parte fisiologica, incide sulle condizioni di vita non solo dell’anziano ma anche su quelle della famiglia di appartenenza, aumenta inoltre l’onere a carico della spesa pubblica ponendo anche problemi di sostenibilità del bilancio pubblico. Una parziale spiegazione di questo peggioramento lo si può ritrovare nei modi in cui viene vissuta nel nostro paese la terza età emerge, infatti, rispetto agli altri paesi europei una tendenza dei nostri anziani a rinchiudersi nell’ambito domestico, dedicandosi soprattutto alla cura della casa e della famiglia. Gli anziani (soprattutto dopo i 75 anni) hanno bassi rapporti interpersonali, specie con persone diverse dalla propria famiglia, si riduce drasticamente anche la frequentazione degli amici. Gli over65 (e in particolare gli over75) italiani partecipano scarsamente alla vita politica (5.2% e 2.3% nelle due classi di età contro rispettivamente il 12% e il 6,5% nell’UE-28) e sociale rispetto ai coetanei degli altri Paesi europei (Living conditions in Europe 2018 edition, Eurostat). Si accentuano, quindi, le situazioni di solitudine con conseguenze importanti sulla stessa salute degli anziani, amplificando le molte patologie croniche specifiche dell’invecchiamento tra cui la stessa demenza senile e l’Alzheimer.
Spesa pubblica e spese private
Oltre che sulla spesa pubblica tutto questo ha riflessi sulla stessa spesa privata degli anziani; le famiglie con capofamiglia un pensionato infatti, (a) sostengono maggiori spese per il funzionamento della casa oltre a quelle per l’alimentazione; (b) spendono di più per la salute e l’assistenza. Inoltre, incidono maggiormente sulla spesa pubblica, in particolare su quella sanitaria. Spesso, però, sono gli anziani stessi a sopperire ai bisogni degli ultra 75 cinquenni offrendo servizi di care giver, infatti, quasi i due terzi di tali care giver anziani hanno un’età compresa tra i 65 e i 74 anni.
I bisogni degli anziani sono determinati anche dal luogo di residenza, a parità di tutte le altre variabili, il territorio, infatti, può avere un ruolo rilevante nel condizionare il benessere di chi vive in alcune aree. Infatti, se è vero che col passare degli anni aumentano le esigenze di assistenza e sanità, è evidente che la prossimità alle persone e alle strutture in grado di fornire una risposta a tali domande è determinante. Il riferimento non è solo allo storico, e ancora presente, dualismo Nord- Sud, perché forme di preoccupante isolamento coinvolgono anche chi risiede nelle cosiddette “aree interne” o anche chi vive in alcune periferie delle grandi aree urbane.
La sfida della digitalizzazione
Questo ci riporta al tema della tecnologia ed in particolare della auspicata tendenza verso la crescente digitalizzazione; perché la spinta verso la digitalizzazione può avere una doppia conseguenza sulla qualità della vita degli anziani. Da un lato è certamente un’opportunità perché quella distanza fisica che rende oggi particolarmente oneroso l’accesso ad alcuni servizi (anche fondamentali) può essere drasticamente ridotta; può esserlo nel caso della sanità (le potenzialità della telemedicina sono oramai ben note), ma anche nell’accesso ad alcuni servizi pubblici più tradizionali (dall’anagrafe alla dichiarazione dei redditi) e persino privati (esempio, acquisti on line). Chi vive nelle “aree interne”, ad esempio, potrebbe essere molto meno isolato di quanto non lo sia oggi.
Dall’altro lato occorre però considerare le maggiori difficoltà degli anziani nell’adattarsi ai cambiamenti in particolare quando questi richiedono specifiche competenze (anche digitali). Non si può infatti dimenticare che l’Italia è agli ultimi posti in Europa per lo stato di avanzamento nell’economia digitale e in particolare per l’arretratezza del proprio capitale umano, considerazione che vale in misura maggiore per le persone anziane. Un ulteriore punto di attenzione è far sì che l’utilizzo della tecnologia non aumenti l’isolamento dell’anziano ma diventi, piuttosto, un’opportunità per incrementare relazioni interpersonali e partecipazione attiva nei vari contesti sociali poiché, come abbiamo visto (in particolare in Italia) dopo i 75 anni tendono a ridursi drasticamente. Per evitare che la transizione digitale ci trovi impreparati è, quindi, necessario che sia affiancata da adeguati processi di formazione, da una maggiore attenzione a creare strumenti che siano facilmente accessibili alle fasce di popolazione digitalmente più in ritardo.
Cristina Brasili è docente presso il dipartimento di Scienze statistiche dell'Università di Bologna