Attenzione a Ferrara (Giuliano). E’ grande, grosso e quando si arrabbia è portato a sfracelli mediatici. A farne le spese, questa volta, è il più impensabile degli obiettivi: il serafico ma non sprovveduto Angelo Bagnasco, cardinale di Santa Romana Chiesa alla guida del consesso dei vescovi italiani. Sostiene, Ferrara, che “Eminenza, qui la cosa non funziona”, buon discorso il suo ma “la parte relativa al testamento biologico dà l’impressione di rinuncia”. Di più, “le parole di accettazione del testamento biologico” costituiscono “una risposta intimidita e confusa a una cultura postmoderna che si mangiucchia pezzo per pezzo non tanto la dottrina della Chiesa quanto ciò che resta del relativismo soggettivista”. Insomma, bell’esemplare di coerenza quel Bagnasco, vatti a fidare! La replica è doverosamente affidata al quotidiano della Cei, l’Avvenire, e ha quasi l’aria di sfotterlo: “Amico Ferrara che ti succede? Dov’è andata a finire la tua rinomata lucidità?” Non c’è nessun “smottamento verso l’eutanasia” nel dichiararsi “aperti” a una legge sul fine vita, soprattutto dopo il caso Eluana e la sentenza della magistratura che autorizza a staccare la spina: è solo un’assunzione di responsabilità di fronte alle situazioni che cambiano. E poi:”Ipotizzare che i vescovi abbiano negoziato lontano da occhi indiscreti una sorta di resa culturale, è un grave errore concettuale e politico, un autentico abbaglio”. Alla fine la futura legge “esattamente a questo deve servire…a restringere le possibilità offerte dalla Cassazione , i famosi paletti evocati dalla signora Coscioni”. Come dire che una nuova normativa si farà ma dovrà passare sotto le forche caudine della morale inflessibile della Chiesa. Capito? No, non capito. Da Manhattan, dove soggiorna per affari suoi, l’Elefantino manda a dire che l’inciucio eventuale non passerà inosservato: “Non abbiamo bisogno di chi ci alleggerisca il peso di morire, ma di chi ci aiuti a vivere, di chi faccia leggi a favore della vita”. E svela l’arcano, il possibile coautore di una intesa parlamentare “negativa” indicato in monsignor Fisichella, il quale “non può fare insieme il cappellano di Montecitorio e il cappellano della vita”. Quanto a Bagnasco, “con il suo discorso ha abbattuto il vero grande tabù (per l’ateo) e mistero (per il credente): cioè la sacralità della esistenza creaturale dell’uomo”. Con il predecessore, sì, che le cose sarebbero andate altrimenti: “Cosa sarebbe successo se Ruini avesse ceduto sulla fecondazione assistita?”
Ecco il punto. Si potrebbe ribattere che Ruini non ha risolto niente, che la vittoria del referendum non ha portato alcun vantaggio, anzi rischia di aggravare i problemi allora elusi. Ma non di questo si tratta. C’è chi guarda a questo botta e risposta tra l’Avvenire e il Foglio di Ferrara come a una sorta di recita artificiosa, lite tra amici di unga ventura, troppo puntuale, troppo registica ed anche presuntuosa, troppo in sintonia con la parte “ferma” della Chiesa e con il leader che per vent’anni l’ha rappresentata. Forse è proprio l’assetto di governo attuale, il gioco di sponda in atto tra la Cei e la Segreteria di Stato, a irritare gli ultimi epigoni di una politica che ha caricato di intransigenza intelligentemente modulata gli equilibri del confronto Stato-Chiesa. Equilibri non privi di sussulti a causa di non occasionali sonfinamenti sul terreno della politica enunciata e realizzata. “Ma questa parte di Chiesa nostalgica può davvero puntare su qualche arruffapopoli di èlite?”, osserva un addetto ai lavori. “Ci vuole ben altro che un intellettuale pur raffinato per calarsi fino in fondo nei meandri della Chiesa e viverne i complessi meccanismi. A chi serve indicare il cardinale Bagnasco come un re travicello immerso in accadimenti più grandi di lui?”
A rileggerlo bene, i toni del discorso del presidente della Cei risultano assai più fermi rispetto alle interpretazioni correnti. Fatto incontestabile è che Bagnasco mai aveva introdotto il tema del testamento biologico in termini così espliciti e concreti. Partito dai risvolti drammatici del caso Eluana Englaro, ha “sollecitato il Parlamento a varare, si spera col concorso più ampio, una legge sul fine vita che riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita, dia nello stesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell’ammalato e sul rapporto fiduciario tra lo stesso e il medico, cui è riconosciuto il compito di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza”. Formulazione e principi sui quali si potrebbe già costruire una bozza di articolato, ma non prima di avere ben soppesato il contenitore morale dell’intero disegno. Essenziale è che “mentre si evitano inutili forme di accanimento terapeutico non vengano in alcun modo legittimate o favorite forme mascherate di eutanasia, in particolare di abbandono terapeutico, e sia ancora una volta esaltato quel ‘favor vitae’ che, a partire dalla Costituzione, contraddistingue l’ordinamento italiano”. Due notazioni preliminari. Il cardinale non fa mai ricorso alla dizione “testamento biologico”. Quanto alle “dichiarazioni inequivocabili” esse non dovranno “specificare alcunché sul piano dell’alimentazione e dell’idratazione” perché qui si parla non di terapie ms di “trattamenti di sostegno vitale”. Sta tutta qui l’ampiezza dell’apertura e la durezza delle condizioni imposte. Sarà questo il terreno di un confronto probabilmente assai aspro.
Le reazioni sono tutte lungo questa linea. Dal mondo politico, scontato il “si” della maggioranza di governo, consensi ampi, anche se diversamente modulati, provengono dall’opposizione e soprattutto dalle file del PD. Ma nessuno può illudersi. Il teologo monsignor Sgreccia mette le avanti: da parte di Bagnasco nessuna svolta, , non ha fatto altro che “ribadire e rafforzare la posizione del Santi Padre”. E, scendendo ad un particolare dirimente: “Se c’è una dichiarazione preventiva di rinuncia all’alimentazione, il medico deve disubbidire”. Il professor Marino, chirurgo e deputato del PD, sta esattamente all’opposto: “Credo che porre dei limiti o dei criteri tecnici vincolanti e specifici in una legge di questo genere sia impossibile. Infatti non esistono in nessuno dei Paesi dove c’è il testamento biologico, dagli USA al Canada all’Australia”. Dalla Consulta di Bioetica una fredda constatazione di difficoltà. Il presidente Maurizio Mori: “Di nuovo, nelle parole di Bagnasco, c’è l’idea che si deve fare una legge. Dopodiché la novità cessa, perché il cardinale già stabilisce come dovrà essere quella legge e priva il paziente di ogni diritto di decidere”.
E’ un’apertura di partita. Una partita complicata, giocata, ancora una volta e per molti aspetti, sul rapporto tra Chiesa e Stato in Italia. Sarà lunga e nessuno può anticiparne il risultato.