Seicentomila famiglie, circa un milione e 100 mila persone, lasciate sole, senza sostegni e senza aiuti. Percepivano fino all’anno scorso il reddito di cittadinanza, che il governo Meloni ha cancellato, e sono rimaste escluse dal nuovo strumento di contrasto alla povertà, l’assegno di inclusione, entrato in vigore a gennaio 2024. Ma il loro stato di disagio e di bisogno non è scomparso: quello resta e nessuno se ne fa carico.

Regioni in ordine sparso

Per fare fronte alla situazione e venire incontro alle necessità della platea che è rimasta fuori, alcune Regioni stanno rispolverando vecchie misure o ne pensano di nuove. In Puglia si rilancia il Red, reddito di dignità, 45 milioni di euro di fondi europei fino al 2027, che eroga fino a 500 euro al mese con un patto di inclusione lavorativa.

In Sardegna si accelera sull’operatività del Reis, reddito di inclusione sociale, fino a 1.100 euro al mese per le famiglie numerose, 30 milioni di euro sempre di provenienza Ue. In Campania e in Sicilia sono sul tavolo proposte simili, per un reddito di cittadinanza regionale, 400 euro al mese a persona più 200 per ciascun componente del nucleo oltre il secondo, e intese con le aziende per una ricognizione dei fabbisogni occupazionali, oltre alla possibilità di coprire con l’assegno pubblico parte dello stipendio, se vengono assunti i percettori. Il target è lo stesso: occupabili dai 18 ai 59 anni, senza figli minori o disabili.

Risposte a bisogni reali

“Sono segnali, tentativi di rispondere a bisogni reali – afferma Daniela Barbaresi, segretaria confederale Cgil –: quando è stato cancellato il reddito di cittadinanza non è stata cancellata anche la povertà e il passaggio all’assegno di inclusione ha determinato un numero importante di persone escluse”.

Strumenti differenziati 

Il problema delle misure adottate dalle Regioni è che si tratta di strumenti differenziati, ogni territorio fa la sua scelta sui criteri, su quante risorse mettere a disposizione. “E poi c’è la stragrande maggioranza delle Regioni che non fa nulla – prosegue Barbaresi –. Quello che serve è uno strumento universale di contrasto della povertà con risorse stabili che rispondano alle necessità. E anche se sappiamo che il disagio colpisce soprattutto il Sud, gli ultimi dati Istat ci hanno mostrato che si registra una crescita anche nelle realtà del Nord”.

Dagli unici dati messi a disposizione dall’Inps sul nuovo strumento, l’assegno di inclusione, emerge che le domande accolte nei primi sei mesi del 2024 sono 697 mila. Mentre i percettori di reddito di cittadinanza nei primi sei mesi dello scorso anno erano 1 milione 300 mila. Mancano quindi all’appello 600 mila nuclei familiari che sono rimasti, appunto, scoperti.

5 milioni di poveri

“In Campania, per esempio ci sono 100 mila nuclei familiari in meno senza l’assegno e una risposta a quelle persone la devi dare – conclude l’esponente sindacale –. Senza contare che il reddito non abbracciava tutte le situazioni di povertà, considerato che le persone povere in Italia sono più di 5 milioni. La scelta del governo Meloni è stata ideologica e l’abbiamo sempre criticata. Quello che bisognava fare era affinare il reddito di cittadinanza, non cancellarlo”.