Questa promessa elettorale, purtroppo, è stata mantenuta. L’avevano annunciato in campagna elettorale, e il reddito di cittadinanza è stato abolito. Dal 1 luglio a oggi, via sms, è stato comunicato a 188 mila cittadini e cittadine che l’assegno non sarebbe più arrivato, buttandoli nella disperazione.

Perché tanto clamore, si saranno domandati dalle parti di Palazzo Chigi, visto che era scritto nero su bianco in legge di Bilancio e ribadito nel decreto del 1 maggio? Forse, sarebbe da rispondere, chi percepisce quell’assegno i giornali non li legge e forse non ascolta nemmeno i Tg. E ancora, sempre dalle fila della maggioranza, ci si domanda come mai tanto clamore visto che come annunciato dal 1 settembre prenderà il via la piattaforma per registrare la propria disponibilità a partecipare a un corso di formazione e così aver diritto a 350 euro al mese?

Occupabili?

Se si è poveri, senza o con lavoro, perché è bene ricordare che una parte consistente dei percettori di reddito di cittadinanza un lavoro l’aveva ma con salario talmente basso da dar diritto all’assegno, e si ha un’età compresa tra i 18 e i 59 anni, senza figli minori e senza disabili in famiglia, si è occupabili per decreto. Ma davvero per loro un lavoro ci sarà?

Simona Caleo

A sentire Nicola Ricci, segretario generale della Cgil di Napoli e Campania, non sarà così: “Non occorre essere catastrofisti su quello che si abbatterà nei prossimi mesi nel Paese spazzando via il reddito di cittadinanza. Le manifestazioni di piazza di questi giorni rafforzano l'idea che il governo Meloni non ha la percezione vera delle realtà del Mezzogiorno e di una città come Napoli, dove le diseguaglianze, la povertà, la mancanza di lavoro e la precarietà non si affrontano con misure insufficienti come l'assegno di inclusione e per i numeri che si prospettano (tra i 120 mila e i 135 mila nel nostro territorio) non credibili per una loro immediata occupazione”.

Oggi nel limbo

La legge dispone che, abolito il reddito di cittadinanza – ed è bene ricordare che chi lo avuto assegnato nel 2023 riceverà solo 7 mensilità, per questo dal 1 luglio ogni mese alcuni lo perdono –, gli occupabili dal 1 settembre potranno iscriversi alla piattaforma gestita dall’Inps per richiedere il supporto per la formazione e il lavoro (Sfl) che, se rispettati alcuni requisiti, darà diritto a 350 euro per al massimo 12 mensilità con l’obbligo di sottoscrivere una sorta di patto per cui ci si impegna a frequentare corsi di formazione e accettare le offerte di lavoro che si riceveranno. Ci sono tre modi per presentare la domanda per accedere al Sfl: attraverso lo spid direttamente sul sito dell’Inps, attraverso i patronati e, dal 1 gennaio 2024, anche attraverso i Caf.

I non occupabili, invece, verranno presi in carico dai servizi sociali dei comuni e avranno diritto all’assegno di inclusione (Adi), ovviamente previa richiesta.

La domanda che sorge spontanea, però, è: dal momento in cui non arriva più l’assegno del Rdc a quando cominceranno i corsi di formazione e quindi si riceverà l’assegno di 350 euro, come vivranno gli ex percettori del reddito di cittadinanza?

In Toscana si teme l’irregolarità

In Toscana i numeri sono diversi rispetto alle regioni del Sud. Solo l’1,7% della popolazione, contro il 4,2% nel Paese, è stato percettore del reddito di cittadinanza. Corrisponde a 32 mila nuclei familiari, circa 63 mila persone, per un importo medio mensile di 527 euro, senza più assegno dal 1 luglio in attesa che da settembre si debba partecipare a corsi di formazione di cui al momento non si ha notizia. E nel frattempo? Nulla. E questo – ovviamente – vale non solo in Toscana ma in tutto il Paese.

paola galgani

Dice Paola Galgani della Cgil Toscana: “In realtà, anche da noi il rischio è che queste persone, non ricevendo più il Rdc, non entrino in un percorso di lavoro regolare ma di lavoro nero. Peraltro il governo fa un sacco di promesse ma al momento non si è attivato nessun meccanismo per far incontrare domanda e offerta di lavoro. Da noi, penso ad esempio a Firenze dove le famiglie che percepivano l’assegno sono circa 2.000, queste persone sono conosciute e sono realmente in condizione di disagio. E la polemica fatta dai nostri imprenditori e commercianti, che denunciavano di non riuscire a trovare lavoratori perché i giovani preferivano il Rdc, è fuori luogo. Innanzitutto perché da noi i percettori dello strumento non erano i giovani, e poi perché, visto che l’assegno medio era di poco più di 500 euro al mese, bisognerebbe si domandassero qual è il salario e che tipo di diritti danno ai lavoratori. In realtà il reddito di cittadinanza è stato anche uno strumento che ha consentito di ribellarsi a uno sfruttamento inaccettabile”.

Torino in cerca di soluzioni

Nel capoluogo piemontese i percettori del reddito di cittadinanza nel 2023 sono 15.666 famiglie che corrispondono a 26.802 persone. Dal primo luglio in poi, allo scadere del settimo mese di percezione dell’assegno in 6.115 sono rimasti senza contributo e classificati come non occupabili. Saranno via via presi in carico dai servizi sociali e avranno un assegno dal Comune fino al 31 dicembre, invece 6.436 sono occupabili e quindi destinati ai servizi per l’impiego.

È preoccupata Gabriella Semeraro, segretaria della Camera del Lavoro, tanto da aver chiesto al patronato e ai Caf di inviare una mail ai 5 mila che avevano fatto domanda di Rdc attraversa il sistema servizi della Cgil, spiegando loro cosa sarebbe successo e quali le possibili alternative. Riflette la segretaria: “Dobbiamo domandarci quali politiche attive del lavoro mettere in campo. Insomma anche i cosiddetti occupabili sono in realtà persone fragili. Se è vero che tutto è demandato ai centri per l’impiego, come si muoveranno per trovare lavoro da offrire? Innanzitutto occorre capire che offerta di lavoro esiste realmente per queste persone, appunto fragili. Forse occorre pensare a creare lavoro anche attraverso il terzo settore e la cooperazione, insomma le strutture regionali insieme agli assessorati regionali al lavoro e al governo devono pensare a creare lavoro specifico per questi cosiddetti occupabili che in ogni caso sono portatori di un disagio. L’offerta di lavoro deve essere calibrata e costruita attraverso politiche regionali. Sono convinta che mettendo insieme politiche attive, incentivi, costruzione di percorsi queste persone – almeno in parte - si possono recuperare. Ovviamente, la situazione al Sud è molto diversa e occorre tenerne conto”.

Al Sud la situazione è assai difficile

Chiosa infatti ancora Ricci: “Per i numeri elevati di chi sta perdendo il reddito di cittadinanza, entro dicembre intorno alle 130 mila persone, siamo preoccupati perché, a fronte delle dichiarazioni del ministro del Lavoro, sappiamo per certo che la Regione Campania non è nelle condizioni di iniziare i vari corsi di formazione, i centri per l'impiego non hanno la capacità organizzativa e di personale per affrontare questi flussi, i servizi sociali dei comuni hanno identiche difficoltà con l'aggiunta di dover accogliere le persone per lunghe procedure, ma su tutto è evidente che il nostro mercato del lavoro non ha migliaia di possibilità di offerte di lavoro se non di tipo precario e per giunta in un unico settore, quello del turismo e della ristorazione, oggi già di per sé con carenze contrattuali e normative”.

Leggi anche