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L’incontro tra organizzazioni sindacali e ministra del Lavoro Calderone si è tenuto, ma anche questa volta è stata quasi una formalità. Seguita da una conferenza stampa fissata ben prima dell’inizio del confronto. La sostanza, però, non cambia e il giudizio della Cgil è netto: “Un incontro deludente, che è stato convocato, su richiesta delle tre confederazioni, dopo sette mesi dall’approvazione del Decreto Lavoro con il quale è stata superata una misura di contrasto alla povertà a carattere universale, quale il Reddito di cittadinanza”. Così le segretarie confederale della Cgil Daniela Barbaresi e Maria Grazia Gabrielli al termine del confronto.
Reddito perduto
Dal 1 gennaio del 2024 il Reddito di cittadinanza sarà abolito per tutte e tutti, lo ha deciso un anno fa Meloni con l’allora legge di bilancio. Il primo maggio il Decreto lavoro definiva gli strumenti che avrebbero dovuto sostituirlo dividendo la platea dei poveri in occupabili e non occupabili. Per i primi un supporto alla formazione e al lavoro, 350 euro al mese per quanti frequenteranno corsi di formazione perché – dice Meloni – possono e devono lavorare. Per quanti dichiarati non occupabili perché anziani avendo oltre 60 anni, disabili o in età da lavoro ma con figli minori, dall’Assegno di Inclusione.
Ma è Banca di Italia a dire che – se tutto va bene – a ricevere i nuovi strumenti saranno 1,2 milioni di famiglie, 900mila in meno delle 2,1 che ricevevano il Rdc. E tutti gli altri? Non solo, è bene ricordare che una parte di quanti ricevevano il reddito un lavoro lo avevano ma con un salario talmente basso da dar diritto all’integrazione. Loro rimarranno senza assegno e senza salario minimo visto che la premier proprio non lo vuole.
Dice Bankitalia
Lo scorso 14 dicembre Giulia Bovini, Emanuele Dicarlo e Antonella Tomasi, economisti della Banca d’Italia, hanno pubblicato uno studio che non lascia dubbi: meno famiglie beneficiarie perché i requisiti sono più stringenti, per di più assegno più leggero dell’11% per 18 mesi rinnovabile per altri 12 dopo un mese di pausa. Risultato 1,7 miliardi che il governo Meloni ha tagliato con un tratto di penna dalle risorse destinate ai poveri. Eppure recentemente, l’Istat ha affermato che la povertà in Italia è aumentata arrivata a sfiorare i 6 milioni di individui.
Occupabili ma senza lavoro
Quando si affibbiano etichette che determinano il destino delle persone bisognerebbe partire dalla realtà. Può essere solo l’età, tra i 18 e i 59, e l’assenza di disabilità a decidere dell’occupabilità di una persona? Secondo i ricercatori di Banca di Italia proprio no visto che affermano che ben 80% dei percettori del Reddito di cittadinanza possiede al massimo la terza media come titolo di studio, e scarse esperienze di lavoro visto che la metà è disoccupata da oltre cinque anni. Non solo, la “colpa” perché tale la ritiene Meloni, di non trovar lavoro non è la loro!
Sempre secondo lo Studio tra il 2021 e il 2022 solo in 1500 hanno trovato lavoro attraverso i centri per l’impiego legati al Rdc, sono gli imprenditori che nonostante gli incentivi non li hanno scelti. Altre 150mila i lavoretti se li sono trovati da soli. E allora alla retorica dell’occupabilità bisognerebbe sostituire la fatica della realtà.
I numeri della ministra Calderone
Cgil Cisl e Uil da mesi chiedevano un confronto vero con la ministra del Lavoro, fino a ora si è negata e oggi – come è costume di questo esecutivo – tanta forma e niente sostanza. Dicono ancora le segretarie della Cgil: “Non c’è stato nessun confronto reale e non abbiamo ricevuto alcuna risposta sull’efficacia ad oggi del supporto per la formazione e il lavoro, attivo dal primo settembre 2023”.
La ministra, sottolineano Barbaresi e Gabrielli, “si è limitata a darci il numero complessivo, già noto, delle domande presentate, ma non di quelle accolte e quindi di quanti beneficiari stiano già effettivamente ricevendo il sostegno economico. Nessuna indicazione, inoltre, sulla quantità e la qualità dei percorsi di formazione attivati, nonostante le differenze territoriali già riscontrate”. È bene ricordare che chi ha presentato le domande non riceve più l’assegno dal primo luglio.
E da gennaio?
Da gennaio, lo dicevamo, i non occupabili dovrebbero ricevere l’Adi, ma invece di ricevere in automatico il nuovo assegno, o meglio la ricarica della Carta sociale, visto che percependo il Reddito sono certamente conosciuti sia al ministero del Lavoro che all’Inps, dovranno presentare – a partire da ieri 18 dicembre – domanda telematica seguendo una procedura non proprio semplicissima.
Se la domanda non arriva entro il 31 dicembre, a gennaio niente soldi. Anche su questo le organizzazioni sindacali ritenevano fossero necessari chiarimenti. Ebbene, la ministra Calderoni, al termine dell’incontro in conferenza stampa ha annunciato che nella mattinata di ieri sono state inserite nel sistema circa 40mila domande. 1,2 milioni meno 40mila da come risultato 1.160.000 famiglie che non lo hanno fatto e certamente non tutte riusciranno entro fine mese.
Chi lavora per le persone in difficoltà?
Era luglio quanto i sindaci di moltissime città, anche quelli del centrodestra, lamentavano che sui propri uffici, già in sotto organico, si stava scaricando la presa in carico di molte persone abbandonate dal reddito. Da allora a oggi il nulla, ed infatti Barbaresi e Gabrielli si chiedono: “Come verrà concretamente garantita la presa in carico dei bisogni delle persone e dei nuclei familiari in condizioni di povertà, se non si prevedono investimenti nei servizi pubblici? Anche gli ultimi dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio rilevano una carenza preoccupante di assistenti sociali, soprattutto in alcune realtà territoriali del Paese in cui difficilmente vengono garantiti i Lep. Occorre rafforzare gli organici dei servizi sociali e dei centri per l’impiego, solo così si può affrontare il fenomeno complesso della povertà che richiede risposte molteplici”.
Lotta alla povertà o guerra ai poveri?
Tante le ragioni dell’aumento della povertà, una di queste è l’aumento della precarietà e del lavoro povero. Ma Meloni e la sua maggioranza hanno bocciato il salario minimo legale. Troppo alti gli affitti, ma Meloni e la sua maggioranza hanno cassato i fondi per il sostegno abitativo. Troppo lunghe le liste di attesa per visite mediche e accertamenti diagnostici ma Meloni e la sua maggioranza nulla hanno messo in legge di bilancio per assumere medici e infermieri. Potremmo continuare a lungo nell’elenco delle politiche che andrebbero attuate per ridurre le diseguaglianze e che il governo ignora.
La conclusione di Gabrielli e Barbaresi è netta: “Resta forte la nostra preoccupazione su come il governo sta gestendo il dramma della povertà. Un dramma che non può essere certamente risolto cancellando una misura di welfare universale, come il Rdc, e introducendo l’Adi, una misura categoriale con cui si decide di dividere chi sostenere nella difficoltà e chi no, non in base alla situazione economica, ma in base allo stato di famiglia e dalla quale restano escluse troppe persone e nuclei familiari”.
La serietà del problema "non ha bisogno di slogan, ma di risultati concreti, per questo – concludono le dirigenti sindacali – continueremo a monitorare e incalzare il governo su questi provvedimenti”.