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Il testo che segue è la sintesi dell’articolo pubblicato nella sezione “Tema” del n. 4/2018 della Rivista delle Politiche Sociali. Questo è invece il link alla rubrica che Rassegna dedica alla pubblicazione
La ristrutturazione delle politiche abitative sociali in Europa, negli anni della stagione neoliberale, ha dato origine a una riduzione dell’edilizia sociale. Nel tempo si è verificata, da un lato, una progressiva copertura dei livelli medio-bassi della domanda, mentre dall’altro è aumentato un settore di offerta “molto sociale”. Le forme convenzionali sono state sostituite da nuove forme di offerta abitativa sociale rivolte a situazioni di estrema povertà: tra queste, i centri di pronta accoglienza, le sistemazioni temporanee per il singolo nucleo o in coabitazione, gli alloggi di emergenza sociale.
Tali soluzioni pongono alcune questioni, che influiscono in modo significativo sui progetti di abitazione temporanea. Nella costruzione delle politiche, il carattere temporaneo viene giustificato come offerta di emergenza o come offerta di transizione, in attesa di una sistemazione autonoma; sono frequenti, invece, le situazioni che non sfociano nell’autonomia abitativa e permangono in uno stato di precarietà. Diventa prioritario, pertanto, facilitare tale passaggio, offrendo aiuti finanziari e normativi e, per le situazioni più difficili, varie forme di accompagnamento. I meccanismi selettivi nelle modalità di accesso, inoltre, sono presenti anche nelle misure ad hoc e spesso incontrano dei limiti di funzionamento che le rendono inapplicabili per una parte dei potenziali destinatari.
Da un’indagine realizzata nel comune di Ancona, volta ad analizzare le esperienze di abitare inclusivo attuate nel territorio, si evidenzia che l’assegnazione di un alloggio è parte di un progetto complessivo con la persona e/o con famiglia, che si attua con la collaborazione di differenti professionalità e con il raccordo dei servizi del territorio. Le soluzioni abitative temporanee sono rivolte principalmente a persone e a famiglie con gravi problemi socio-economici e abitativi, seguite dai servizi sociali del Comune e/o dai servizi sanitari.
Dall’indagine emergono anche le difficoltà, alcune relative alle relazioni nelle coabitazioni, in particolare negli appartamenti più piccoli, dove maggiori sono gli spazi comuni; altre si rilevano in seguito al protrarsi del periodo di permanenza, che può esasperare le relazioni. In tali situazioni è necessario un monitoraggio costante per individuare, in modo tempestivo, le tensioni e i segnali di disagio. Complessi, inoltre, sono i processi inclusivi nel territorio; un aspetto che influisce nella relazione con gli altri abitanti è la temporaneità del periodo abitativo, che rende più difficile l’integrazione e la continuità dei rapporti, in particolare nelle situazioni di forte disagio personale e famigliare.
Un cenno a parte va fatto per le esperienze di coabitazione realizzate nell’ambito della disabilità. In tale ambito l’autonomia abitativa assume delle caratteristiche che si differenziano dalle situazioni di emergenza abitativa in cui possono trovarsi le persone che vivono un grave disagio socio-economico. In particolare l’esperienza di coabitazione si differenzia sia per le modalità di accesso, sia per la durata del periodo di permanenza; i progetti di coabitazione che coinvolgono le persone con disabilità sono parte di un progetto di vita pensato in una prospettiva di continuità nel tempo, pur permanendo una flessibilità che deve, necessariamente, tener conto dei cambiamenti che possono intervenire negli anni, correlati alla situazione di disabilità.
La sperimentazione delle diverse soluzioni abitative ad Ancona ha evidenziato la necessità di una maggiore integrazione tra i diversi settori delle politiche, oltre che di risorse adeguate per le situazioni di forte disagio o urgenza. Per un welfare abitativo accettabile è importante introdurre elementi di welfare generale, misure di contrasto della povertà, che potrebbero svolgere un ruolo essenziale nell’housing; a cominciare da una misura universale di sostegno al reddito che dovrebbe interagire con quelle destinate al miglioramento della protezione abitativa per le situazioni più fragili.
Carla Moretti è docente di Progettazione e valutazione dei sistemi sociali all’Università Politecnica delle Marche