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Tempi duri anche per le Encicliche papali. Gli sconvolgimenti economico-finanziari non si fermano dinanzi alle mura della capitale apostolica, tutt’altro. Le superano bellamente provocando reazioni nel pensiero e nella pratica correnti. Duplice l’effetto: sul piano tecnico con un surplus di prudenza e di realismo nelle strategie dello Ior, la potente ma discreta banca ufficiale della Città del Vaticano; sul piano della elaborazione ideale, imponendo una brusca frenata a certe analisi sociali riversate su dimensione globale, cui gli eventi in corso consigliano di dedicare ulteriori attenzioni. Mentre gli esperti dello Ior aggiornano previsioni, nei piani alti della Curia si decide di fermare, “per qualche mese, forse fino alla seconda metà del 2009”, la pubblicazione della più volte annunciata Enciclica “sociale” del Papa tedesco, un campo delicatissimo dove peraltro la Chiesa aveva speso (negli anni e nei secoli passati) parole di progresso, dalla Rerum Novarum di Leone XIII alla Laborem Exercens di Karol Wojtyla. Non c’è e non ci sarà nessun annuncio ufficiale in proposito. Si lascerà scivolare via la situazione. Il cardinale Renato Raffaele Martino aveva indicato una data nel prossimo dicembre. Stando a indiscrezioni attendibili si arriverebbe invece all’autunno del prossimo anno. Si pensa che, a quel punto, la crisi mondiale possa aver raggiunto un primo assestamento, tale da permettere decisioni più utili e più responsabili. L’Enciclica, per il Romano Pontefice, è sempre un momento di grande ispirazione e di grande responsabilità. L’averne fermata una già pronta per le stampe, sta a significare che i rivolgimenti in atto cui si sta assistendo assumono, per la Chiesa, le dimensioni e il peso di un profondo mutamento strutturale. Diciamo pure una nuova tappa nell’evoluzione del capitalismo con, appunto, nuovi problemi sociali e nuove esigenze morali. Probabilmente l’Enciclica già scritta abbisognerà di aggiornamenti non solo formali.
Che cosa pensa Joseph Ratzinger? Per saperlo non è che bisogna soffermarsi alla più stretta attualità. Già il 6 luglio, riferendosi al G8 in corso in Giappone, aveva chiesto ai partecipanti di “porre al centro delle loro deliberazioni i bisogni delle popolazioni più deboli e più povere, la cui vulnerabilità è oggi accresciuta a causa delle speculazioni finanziarie e dei loro effetti perversi sui prezzi degli alimenti e dell’energia”. Aggiungendo che la chiave per uscirne sta in un “equo processo di sviluppo integrale”. Speculazioni finanziarie, effetti perversi (leggi i famigerati “derivati”), ritorno all’economia visibile: su questi tre versanti la critica del Papa si è fatta via via più pressante. Ma in quel 6 luglio accadde anche dell’altro, un episodio se si vuole di normale rilevanza formale, la visita di Giulio Tremonti a Benedetto XVI per l’Angelus a Lorenzago e il successivo, cordiale e non breve colloquio nel seminario di Bressanone. Di normale ci fu assai poco perché proprio in quella circostanza scoppiò il colpo di fulmine intellettuale tra i due. Un processo fin qui tenuto sotto traccia ma che, ora, il più autorevole giornale italiano ripropone e spiega, trasformandolo in una sorta di Incontro di Bressanone destinato a trasformare il Tremonti Giulio, ministro della Repubblica e attore politico abituato a galleggiare tra Berlusconi e Bossi, in un consigliere prediletto da Ratzinger e per ciò stesso destinato a ben più alti destini, quando l’attuale congiuntura politica si risolvesse in assetti imprevisti e con nuovi protagonisti. Uno scoop, una sapida anticipazione.
Un nuovo divo s’avanza
Per rispetto della cronaca, bisogna dire che il vero scoop, a compierlo, non fu il Corriere della Sera ma Libero di Vittorio Feltri. Fu allora Oscar Giannino - giornalista-dandy, bastone con pomelli di pregio, baffi a manubrio e vestimenta adeguate, Marianini redivivo (memoria di una Tv arcaica) ma niente affatto sprovveduto - a riferire di una vicenda che si andava lì lì creando. Il Papa in vacanza, Francesco Cossiga che per caso si trova da quelle parti e conduce il buon Tremonti nell’alloggio papale, l’incontro, il colloquio tra i due, la notizia che il libro del ministro “La speranza e la paura” (una specie di Bibbia del post- liberismo) Benedetto lo ha letto integralmente e “gli è piaciuto molto”, e “non pensa affatto che l’analisi geopolitica e finanziaria di Tremonti sia volta a ispirare demagogicamente il timore degli elettori per poi rassicurarli paternalisticamente”, una volta passata la festa elettorale. Altro che Scalfari e i “liberisti di sinistra”. Di suo, già che c’è, Cossiga si leva qualche sassolino dalla scarpa nei confronti dell’”amico” Mario Draghi e del suo “inconcludente” Financial Stability Forum. Qualche giorno dopo, forte dell’apprezzamento di Benedetto, Tremonti afferma: “Preferisco l’autorevole consenso del Papa a quello dei banchieri”. Con Draghi, si sa, non si amano. Non c’è match tra i due corni del dilemma. La scelta di Giulio è di quelle che non si possono rifiutare.
Ma adesso, che senso ha ripercorrere l’episodio di luglio se non quello di riscoprirlo e arricchirlo di nuove, più ambiziose prospettive? L’operazione del Corriere assomiglia ad una sorta di moviola arricchita, fermi immagine, zone d’ombra schiarite, zoommate, inserti a spiegare. Elenco già ricco ma destinato a infittirsi: 1- Tremonti “ha ottimi rapporti dal cardinal Bertone in su”, lo rivela Cossiga. 2- Dopo Bressanone è stato tutto un “susseguirsi” di colloqui e di scambio di opinioni. C’è il deferente suggerimento di Giulio nel rinvio dell’Enciclica? 3- Tremonti terrà la prolusione all’inaugurazione dell’anno accademico all’Università del Sacro Cuore. E’ una prima assoluta. 4-Tremonti non è un debuttante in Vaticano, scrisse lui la circolare ministeriale sull’8 per mille. Ai tempi di Craxi e Casaroli fu tra i redattori della parte finanziaria del nuovo Concordato. 5-In un dialogo-dibattito con D’Alema ebbe ad abbracciare, pubblicamente e con solennità, il motto “Dio, patria e famiglia”, spiegando che “quella è la mia ideologia”. E Massimo? 6-Si colloca sulla stessa linea di Sarkozy e del discorso del presidente francese nella basilica di San Giovanni: non c’è politica senza religione. Notizie, dati di fatto. E, dall’esterno, l’applauso di Bonanni-Cisl: “E’ un nuovo socialista di Dio. Su alcuni temi sembra rifarsi alla dottrina sociale della Chiesa. La centralità dell’uomo e del lavoro rispetto al capitale. Mai aveva detto certe cose”. Solo che qualcuno comincia a preoccuparsi nelle prime file della truppa berlusconiana. Scajola e Brunetta tradiscono moti di insofferenza e di nervosismo. Se non c’è Giulio niente si può decidere. Quelli di An non fanno che marcare la propria irrilevanza. Neppure Letta sta troppo bene, ha perso l’esclusiva con il Vaticano. Il Papa teologo ha idee altre, vuole svecchiare, vuole cambiare. Degli ex democristiani non ne può più. Berlusconi? Forse non ha più tempo. C’è chi ha fatto un sogno: il red carpet steso in via della Conciliazione, un nuovo Divo s’avanza, nome Giulio cognome Tremonti. Quando sarà.