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L’Alleanza contro la povertà ha presentato in Senato otto proposte per rispondere all’aumento delle diseguaglianze e correggere la legge che abroga il reddito di cittadinanza sostituendolo con due strumenti che fanno arretrare il nostro Paese al confronto con gli altri paesi europei.
La responsabilità più grande di governo e maggioranza è, non solo aver lasciato senza sostegno economico migliaia di famiglie, ma aver frammentato la platea di quanti si trovano in una condizione di fragilità, distinguendo in maniera artificiosa tra occupabili e non occupabili. Un solo esempio. Perché avere bambini e bambine nel nucleo familiare automaticamente rende non occupabile chi magari ha 40 anni e un tasso di scolarità medio, mentre aver compiuto 55 anni e aver conseguito solo la terza media rende occupabili?
Si tratta di una distinzione artificiosa che sembra avere come unico scopo quello di ridurre la platea di chi ha diritto al sostegno e, soprattutto, aver trasformato il diritto a non essere abbandonato attraverso una misura universalistica in una “gentile concessione” discrezionale.
Si deve cambiare
Per questo come prima cosa l’Alleanza contro la povertà chiede che venga corretta la legge 85/2023 che abolisce il Reddito di cittadinanza e istituisce l’Assegno di inclusione e il Supporto alla formazione e al lavoro, dividendo, appunto, tra occupabili e non occupabile i poveri. Dice Antonio Russo, portavoce dell’Alleanza contro la povertà: “Riteniamo che l’obiettivo principale che ci si dovrebbe porre sia quello di un ritorno a una misura universale, che sia cioè rivolta a tutti quei nuclei familiari che si trovano in una difficile condizione economica, indipendentemente dall’età dei loro componenti”.
Ma Russo fa un passo in più. Secondo l’Istat i poveri in Italia sono 5 milioni e 600 mila e questo Governo, con l’abolizione del Rdc e con la fine di una risposta universalistica al fenomeno della povertà – l’unico paese in Europa – ha reintrodotto un'idea antica e superata dalla storia, quella cioè secondo cui i poveri sarebbero tali per colpa loro. Secondo il portavoce “non possiamo pensare che quasi sei milioni di persone sono povere per colpa loro, quella povertà è il prodotto di un'economia e di una finanza che di per sé produce diseguaglianze”.
La maggioranza svela sé stessa
Dell’Alleanza contro la povertà, insieme ad altre organizzazioni che ogni giorno si misurano con le fragilità e le diseguaglianze, è fondatrice la Cgil Daniela Barbaresi, segretaria confederale, era alla presentazione del documento con le otto proposte e ascoltando la viceministra al lavoro Maria Teresa Bellucci, ha commentato: “Il Governo ha scientemente deciso di dare seguito a una precisa impostazione ideologica e culturale che colpevolizza la povertà. Ignora – per non dire alimenta – il lavoro povero, marginalizza chi non ha figli e riduce il perimetro pubblico, depotenziando i servizi pubblici a favore di quelli privati”.
“Il decreto lavoro – ha aggiunto la dirigente sindacale - ha introdotto misure che ben poco hanno a che vedere con la lotta alla povertà e alle disuguaglianze, e molto hanno a che vedere, invece, con una visione della società e di un sistema di welfare che divide le persone vulnerabili tra chi è ritenuto meritevole di essere sostenuto per uscire da una condizione di bisogno e chi deve essere disposto a tutto per sopravvivere”.
La politica si svegli
Bisogna fare in fretta, visto che proprio in queste settimane la maggioranza sta lavorando alla legge di bilancio. E non è un caso che le 35 organizzazioni che compongono l’Alleanza abbiano scelto una sede istituzionale come il Senato e abbiano chiesto al Governo di ascoltare. “Vogliamo riportare il dibattito sulla povertà nelle sedi della politica – ha sottolineato Russo –. Questo tema deve diventare centrale rispetto al dibattito politico. Anche per affrontare una questione di cui quasi non si discute: oltre ai quasi 6 milioni di cittadini e cittadine in povertà assoluta ci sono milioni di persone in povertà relativa. Quali strategie vanno attuate per evitare che precipitino verso il basso?”.
Le richieste dell’Alleanza
Per l'Alleanza bisogna innanzitutto tornare all’universalismo, perché i diritti devono avere risposte universali. E poi: reintrodurre la soglia reddituale di accesso differenziata per coloro che sono in locazione a 9.360 euro; allentare il vincolo di residenza per gli stranieri abbassandolo da 5 a 2 anni; rivedere la scala di equivalenza; indicizzare soglia reddituale e sostegno all’affitto per evitare che venga tagliato da inflazione e aumento dei prezzi; ridefinire l’offerta congrua di lavoro anche in base all’età e ad altri fattori di fragilità, altrimenti il concetto di occupabilità diventa ancor più incongruo di quanto già non lo sia.
E poi, proprio perché ci si dimentica che una parte consistente di chi percepiva il Rdc in realtà un lavoro lo aveva, occorre migliorare la cumulabilità reddito-lavoro. Necessario – anche - consentire la partecipazione volontaria ai progetti di utilità collettiva (Puc) anche a chi avrà diritto all’Assegno di inclusione e non solo agli occupabili. Infine, bisogna prevedere più risorse umane e finanziare per i Comuni che oggi non sono in grado di dare risposte in tempi congrui a quanti si rivolgono ai propri uffici.
Non è buonismo
Lo ha sottolineato Russo: “È previsto dalla Costituzione che sia lo Stato a farsi carico delle fragilità e a ridurre le diseguaglianze” e lo ha ribadito Barbaresi affermando: “Il 7 ottobre saremo in piazza, per ricordare al Governo che – come è scritto nell’art. 3 della Costituzione – è compito della Repubblica, delle istituzioni pubbliche, rimuovere ogni ostacolo che, limitando la libertà e l’uguaglianza delle persone, ne impedisce il pieno sviluppo e la partecipazione alla vita politica, economica e sociale del Paese”.