PHOTO
L’intuizione fu di Bruno Trentin: oltre alle condizioni di lavoro compito del sindacato è anche quello di contrattare accordi per migliorare la vita di cittadine e cittadini, l’esigibilità dei diritti. Lo strumento non può che essere quello appunto della contrattazione e della sigla di intese. Se per quelli sul lavoro gli accordi e i contratti si siglano tra sindacati e organizzazioni datoriali, quelli per migliorare la qualità della vita si contraggono tra sindacati e le diverse istituzioni, Comuni e Regioni ad esempio. A Roma, nella sede della Cgil è stato presentato il XIV Rapporto Cgil, Spi e Fondazione Di Vittorio sulla Contrattazione sociale e territoriale per il 2022.
Perché contrattare
Lo ha spiegato la segretaria confederale Daniela Barbaresi: “Contrattazione significa gestire un percorso democratico, che deve partire da un’analisi dei bisogni concreti delle persone e del territorio per trasformarli in rivendicazioni, piattaforme e intese, con un monitoraggio e una verifica dei risultati, coinvolgendo in ogni fase coloro che rappresentiamo”. Migliorare le condizioni della convivenza sociale è ancora più necessario in uno scenario in cui le diseguaglianze di acuiscono. Sottolinea Barbaresi: “Siamo di fronte a uno scenario complesso e pieno di incertezze, con grandi ripercussioni economiche e sociali, in cui sono cresciute le diseguaglianze tra persone e territori, si inaspriscono fragilità e disagio, in un quadro di precarietà del lavoro, salari e pensioni erosi dall’inflazione, povertà crescente, dinamiche demografiche preoccupanti e sotto-finanziamento del sistema di welfare pubblico, indebolito da anni di tagli a risorse e personale. Un contesto in cui è ancora più importante il nostro impegno nella contrattazione”.
Il Rapporto
Beppe De Sario è il ricercatore della Fondazione Di Vittorio che ha curato il documento. Un lavoro significativo che certifica: “I documenti nell’annualità sono calati del 20% circa, attestandosi a quota 782 (510 accordi, 35 piattaforme, 237 verbali), in linea con l’andamento fluttuante degli ultimi anni. L’ordine di priorità dei destinatari delle misure di contrattazione sociale conferma quello degli anni più recenti: con una percentuale compresa tra il 50% e il 60% gli accordi contengono riferimenti ad anziani, povertà, lavoratori/trici, minori e infanzia, disabili e non autosufficienti. Le imprese si ritrovano nel 40% circa degli accordi; giovani e donne in circa un terzo; disoccupati, terzo settore, immigrati in circa il 20%”.
Il contesto
È bene ricordare che l’anno in questione è quello della graduale uscita dalla fase pandemica che dietro di se ha lasciato, non solo le vittime dirette del coronavirus, ma anche quelle che a causa dei lockdown si sono impoverite. Il 2022 è stato un anno di passaggio “segnato dall’uscita dalla pandemia, dalla crisi multilivello che è seguita, dalle sollecitazioni al cambiamento dei sistemi locali di welfare sulla scorta del Piano nazionale di ripresa e resilienza, insieme ai mutamenti della cornice normativa, che includono, il Codice del Terzo settore, il nuovo Codice degli appalti, il ridimensionamento delle misure di contrasto della povertà dopo l’eliminazione del Reddito di cittadinanza. In questo contesto difficile la contrattazione sociale territoriale ha svolto una funzione fondamentalmente integrativa delle misure nazionali, dimostrando una grande capacità di adattamento, ed è stata sollecitata da processi strutturali, i cui effetti si realizzeranno a pieno nei prossimi anni, a partire da Next Generation Eu e dal conseguente Pnrr”.
Bilancio positivo
Il Rapporto racconta di un’evoluzione positiva della contrattazione sociale e territoriale. Tanto è vero che “vi è una crescita consistente della contrattazione sovracomunale (il 16,6% degli accordi siglati), mentre il secondo attiene all’aumento, in termini relativi, della partecipazione delle strutture confederali, che nel 2022 hanno siglato quasi l’80% degli accordi”.
Al centro degli accordi
Le politiche del lavoro e sviluppo sono al centro della maggioranza degli accordi siglati, pari al 60% del totale, attestandosi al terzo posto dopo i due pilastri della contrattazione sociale rappresentati da welfare locale (sociale, sanitario, sociosanitario, etc., con il 77,6% degli accordi) e dalle politiche fiscali e delle entrate (71,2%). Peso analogo (attorno al 60%) hanno i temi legati alla pubblica amministrazione.
L’impegno per il futuro
Gli anni che abbiamo davanti sono eccezionalmente importanti: possono essere utilizzati per ridurre le diseguaglianze, sociali, territoriali, di genere e tra le generazioni. Sarebbe probabilmente più giusto dire che devono essere utilizzati per ridurre le diseguaglianze, perché sono gli anni della realizzazione del Pnrr che ha quasi 200 miliardi di risorse proprio perché l’obiettivo di Next Generation Eu era ed è quello di ridurre i divari e l’Italia ne ha molti. Ma il rischio che le risorse europee vadano su strade diverse è reale. Per questo il ruolo della contrattazione sociale e territoriale potrebbe essere, dovrà essere strategico.
L’impegno della Cgil
È ancora Daniela Barbaresi a tracciare il programma di lavoro della Confederazione di Corso di Italia: “Se il territorio è il luogo in cui si coniugano e concretizzano i diritti del lavoro con quelli di cittadinanza – sostiene – è necessario rilanciare una nuova stagione di iniziativa sindacale per rispondere ai bisogni, vecchi e nuovi, attraverso un nuovo protagonismo del sindacato, una rinnovata azione contrattuale nel territorio come strumento di partecipazione e trasformazione. Da questo punto di vista – conclude – la Cgil è e deve essere un presidio fondamentale, come soggetto di cambiamento della società e garanzia della democrazia, nella pratica di ogni giorno di ciascuno di noi”.
Landini: troppi tagli alla spesa
A concludere l'iniziativa il segretario generale della Cgil Maurizio Landini. "Da una parte aumenta la domanda di servizi e crescono i bisogni sociali cui dover dare risposta e dall'altra il governo aumenta i tagli alla spesa. E questa scelta ricadrà sui comuni e sulle regioni che per non tagliare i servizi aumenteranno la tassazione”. Per il leader di Corso Italia “se ragioniamo di tasse sappiamo perfettamente che non solo c'è chi paga l'Irpef e chi non la paga proprio ma anche che ci sono interi settori che non partecipano a questa tassazione; nulla viene fatto sulle rendite immobiliari nè su quelle finanziarie. Le banche, tutte assieme, hanno portato a casa 28 miliardi di utili pagati dagli stessi che necessitano di servizi sociali, e una parte consistente è andata suddivisa tra i soci tra cui tanti fondi internazionali che li investono fuori dal Paese. Credo per questo che la contrattazione territoriale forse si dovrebbe porre anche un problema, se non direttamente con le banche, di agire nei confronti delle fondazioni bancarie”.