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Una forte critica al governo che non ha ancora attivato il confronto sulla previdenza per discutere e dare risposte alle richieste della piattaforma unitaria di Cgil, Cisl, Uil che sono pronte a mobilitarsi e contemporaneamente soddisfazione per il lavoro prodotto della Commissione sui lavori gravosi a cui anche la Cgil ha dato il suo contributo. Le 203 professioni che vengono elencate nel documento tecnico approvato come le più gravose, rispetto alle 65 che erano prima riconosciute tali, sono una buona base di partenza per affrontare in maniera seria il tema di un migliore trattamento previdenziale per chi ha svolto attività più pesanti o gravose. Lo dice Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil con delega alle politiche previdenziali al quale abbiamo chiesto di fare il punto sulla questione pensione.
Segretario, il giudizio sul lavoro svolto dalla Commissione tecnica incaricata dal governo è dunque positivo?
Ci auguriamo che tutte queste professioni, ricomprese nelle elencazioni redatte dalla Commissione sulla base dei dati Inail, Inps e Istat vengano ora considerate per accedere alle prestazioni previdenziali più favorevoli, modificando quindi l’Ape sociale, che attualmente non è strutturale e scade a fine anno, e la norma sui precoci. Fermo restando che la materia va ulteriormente approfondita, perché vi sono alcune incongruenze da correggere o aspetti da affinare, ed quindi è importante che la commissione prosegua la sua attività almeno fino a fine anno. Auspichiamo inoltre la riduzione dei requisiti contributivi per accedere ai benefici per le attività gravose, oggi 36 anni, una riduzione dei contributi necessari per accedere alle prestazioni per le donne, una estensione della platea dei disoccupati che possono accedere ad una pensione anticipata, come i disoccupati di lunga durata o chi si trova in cassa integrazione senza alcuna prospettiva di rientro al lavoro, l’estensione dei benefici ai lavoratori fragili, situazione messa in evidenza dall’emergenza Covid. Tema dirimente sarà pertanto le risorse da destinare a questi interventi che dovranno essere adeguate per dare una risposta a tutta questa platea di persone. L’elenco verrà consegnato al governo e ci auguriamo anche al confronto sindacale. Nei primissimi posti vi sono molte categorie operaie, e poi conduttori di mezzi, operatori sanitari e assistenti alle persone. I criteri oggettivi utilizzati stanno facendo emergere un quadro abbastanza obiettivo, anche se poi alcuni approfondimenti andranno comunque fatti perché delle incongruenze ci sono.
Una diversa classificazione dei lavori in base ai rischi per la salute e alla gravosità dovrebbe far cambiare anche i criteri per stabilire l’aspettativa di vita?
Certo. Sono molto importanti i risultati raggiunti dalla Commissione tecnica di esperti perché è la ricerca stessa a dimostrare una differenza nella speranza di vita a scapito delle categorie sociali più deboli e siccome nel sistema contributivo la pensione viene calcolata sulla base della speranza di vita media, si genera un effetto regressivo a danno di chi fa i lavori più duri, manuali o comunque logoranti. Su questo occorre intervenire modificando le norme, in particolare quelle relative al calcolo della pensione.
Ci sono anche riflessi diretti sull’Ape sociale e sulla platea di lavoratori che possono accedere al pensionamento anticipato?
Sì, viene suggerito un abbassamento da 36 a 30 anni di contributi per alcune categorie, ad iniziare dagli edili. Noi crediamo che questo sia importante e i 30 anni dovranno essere previsti per tutte categorie. Si parla anche di migliorare i requisiti d’accesso per i disoccupati, fra cui i disoccupati di lunga durata. Suggerimento sacrosanto, noi siamo per ricomprendere anche chi è da anni in cassa integrazione senza alcuna possibilità di rientro al lavoro. Diciamo quindi che quella del Rapporto della Commissione è un elemento positivo anche se è ancora tutta da verificare sul piano delle ricadute concrete. Rimane invece il silenzio più totale del governo sugli altri aspetti della piattaforma sindacale, come la flessibilità in uscita con 62 anni o con 41 anni di contributi, il lavoro di cura e delle donne, la previdenza per i giovani, la rivalutazione delle pensioni in essere. E più passa il tempo e più cresce la convinzione che il governo pensi solo ad una piccola estensione dei lavori gravosi, la proroga dell’Ape e di Opzione donna. Il ministero del lavoro si era impegnato ad avviare il confronto con il sindacato i primi giorni di settembre e ancora nulla. Comunque se non verremo convocati e non ci verranno date risposte concrete certamente non staremo fermi.