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Con i bambini abbiamo contratto un debito. Costretti a casa senza possibilità di contatti diretti con il mondo esterno, privati delle routine quotidiane, allontanati da didattica, insegnanti, compagni, nei mesi di quarantena hanno perso quello che per noi adulti equivarrebbe a una manciata di anni. A loro dobbiamo restituire il tempo perduto in termini di sviluppo delle capacità, educazione, socialità. “Invece, dall’inizio dell’emergenza i grandi assenti dal dibattito pubblico e politico sono stati proprio i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, che hanno pagato per primi il prezzo di questa pandemia, con la chiusura delle scuole", dice Giuseppe Massafra, segretario confederale Cgil, che insieme ai sindacati di categoria Flc e Fp ha elaborato una piattaforma per il rilancio del sistema scuola a seguito dell’emergenza Covid-19.
"La ripartenza di cui tanto si parla - prosegue l'esponente sindacale - non può essere solo di carattere economico, deve necessariamente prevedere investimenti per le generazioni future, come fattore di crescita fondamentale del Paese. Non ci può essere vera ripartenza se non si mette al centro il sistema scuola, compresi i nidi e i servizi educativi”. Infatti il tema della riapertura delle scuole non è stato ancora neppure sfiorato: a settembre? e con quali regole? quali soluzioni per il distanziamento, gli orari, gli spazi, l’organizzazione? Il dibattito è solo agli inizi, e a fare le spese di questo stallo sono i dieci milioni di piccoli cittadini. Quello che manca, quindi, è un piano per i bambini che affronti e risolva le questioni più stringenti, in tempi rapidi e senza lasciar passare inutilmente questi mesi.
Secondo l’Alleanza per l’infanzia, un centro studi composto da una rete di associazioni e organizzazioni (tra cui anche la Cgil), è inaccettabile che non sia programmata alcuna attività di aiuto, prima della ripresa a settembre, a favore di quei bambini che hanno avuto poco o nessun accesso all’offerta di didattica a distanza (che sono circa il 20 per cento del totale degli alunni). Inoltre, occorre organizzare al meglio le attività dei centri estivi, puntando alla riduzione delle disuguaglianze sociali a livello territoriale. E poi bisogna prestare particolare attenzione a bambini e ragazzi con disabilità, sia nelle attività estive sia nel rientro a scuola, e sperimentare aperture per piccoli gruppi di bambini della fascia 1-3 anni in modo da contrastare l’isolamento in famiglia.
“La quarantena ha determinato il rafforzamento delle relazioni familiari, ma ha anche messo in evidenza le criticità del sistema scolastico che sono riconducibili a diversi fattori", sostiene Manuela Calza, di Flc Cgil, che con il Coordinamento nazionale per le politiche dell’infanzia e della sua scuola (di cui il sindacato di categoria fa parte), ha elaborato una serie di proposte per "Ripartire dallo 0-6". L'inadeguatezza delle "strutture e delle dotazioni, la carenza di personale docente e non docente, il dialogo non sempre proficuo con le realtà amministrative, sono tutti elementi che non si possono tralasciare in fase di progettazione della riapertura. Dobbiamo ripensare il modo di tornare a fare scuola con il proprio corpo, valorizzando altre relazioni, metodi e risorse”.
Per molti bambini la scuola non è solo un posto dove si apprendono nozioni e ci si relaziona con i coetanei e con adulti diversi dai genitori. È molto di più. La scuola è il primo presidio di legalità, è il luogo in cui a tanti è garantito un pasto caldo, dove si cresce e s'imparano le regole della nostra società. Devono dunque essere adottate misure che, sia durante l’estate sia durante tutto il prossimo anno scolastico, possano contrastare la povertà educativa e la dispersione scolastica, ripensando sin da subito la scuola che vogliamo, tutelando naturalmente la salute degli operatori e dei bambini.
“Le povertà educative, le disuguaglianze territoriali, le differenze della capacità di acquisire le conoscenze sono aspetti legati all’infanzia che esistono e che mettiamo in evidenza da molto tempo", prosegue Massafra, che giovedì 4 giugno (alle ore 17) partecipa a un incontro su questi temi organizzato nell’ambito del Festival Sabir. "L’emergenza ha solo disvelato in modo più chiaro queste criticità e le ha acuite. Come segnalato anche da esperti e operatori, una frequenza come avviene oggi, garantita solo da attività di didattica a distanza, non garantisce il diritto allo studio se è prolungata nel tempo", aggiunge il segretario confederale Cgil: "Ci sono tanti territori che non sono dotati di infrastrutture tecnologiche adeguate (la cosiddetta banda larga), molte famiglie non riescono a sostenere i figli nelle attività di accompagnamento e supporto che la didattica a distanza richiede, in alcune situazioni più fragili i bambini non riescono a mantenere i contatti con i loro insegnanti. Insomma, le modalità con cui si sta cercando di fare scuola stanno facendo aumentare disuguaglianze sociali, divari territoriali e povertà educativa”.
Senza contare che queste modalità sono di difficile applicazione con i bambini più piccoli, dei nidi, delle scuole dell’infanzia e della primaria. In definitiva, puntare all’educazione e all’istruzione, non come servizio funzionale ai lavoratori e alle lavoratrici che riprendono le loro attività e che non sanno a chi affidare i propri figli, significa prendersi cura dei nostri bambini. Investire, come chiede il sindacato, nelle attività educative durante il periodo estivo, e nel programma più ampio di riapertura previsto a settembre in coordinamento con lo Stato, le regioni e gli enti locali, significa prendersi cura dei nostri ragazzi. Siglare un protocollo di sicurezza specifico per la scuola, pianificare i tempi e gli spazi, programmare interventi urgenti e straordinari per garantire in sicurezza servizi essenziali, dai trasporti alla mensa, significa prendersi cura del nostro futuro.