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Un mese di mobilitazione, con blocco degli straordinari, delle reperibilità e dei lavori programmati notturni, già partito l'8 aprile, e una giornata di sciopero nazionale per oggi, 11 aprile, in tutte le 40 sedi, con presidi e cortei nelle varie città. È partita la protesta dei lavoratori di Wind Tre, primo gruppo italiano di telefonia mobile, contro trasferimenti ed esternalizzazioni annunciate dall'azienda che, secondo i calcoli della Slc Cgil, potrebbero mettere a rischio complessivamente 350 posti di lavoro.
Lo sciopero, fa sapere la Slc Cgil, è pienamente riuscito con astensioni dal lavoro fino al 100 per cento. "L’altissima adesione di tutti i lavoratori e lavoratrici di Wind Tre e l’alta partecipazione alle varie manifestazioni o sit-in organizzati nelle varie realtà locali testimoniano il disagio e la contrarietà alle iniziative di carattere organizzativo espresse dalla dirigenza di Wind Tre, nelle scorse settimane, relative ai trasferimenti del mondo Finance verso Milano e la esternalizzazione dei Data Center interni", così una nota unitaria delle segreterie nazionali Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil.
"I sindacati, forti di questi risultati, respingono al mittente l’intero progetto riorganizzativo, da subito considerato incoerente, le cui soluzioni propinateci dall’azienda sconvolgono la vita di intere famiglie. L’intero settore, l’intera filiera delle Tlc è attraversata da tempo da periodi molto difficili, con contrazione di fatturati e politiche commerciali a dir poco discutibili, che hanno avuto effetti negativi a tutto campo anche con riflessi devastanti sull’occupazione", proseguono i sindacati che sono convinti che "recuperare un dialogo costruttivo con Wind Tre, ma al tempo stesso serio e coerente con vere iniziative di sviluppo possa in primis evitare soluzioni traumatiche per i lavoratori e rilanciare la stessa azienda proiettandola verso l’innovazione e la digitalizzazione."
I sindacati, anche nell’incontro del prossimo 18 Aprile convocato dal ministero dello Sviluppo economico, sono pronti a ribadire la propria disponibilità a percorsi che non vedano prospettarsi progetti le cui ricadute negative si riflettano sulle lavoratrici e sui lavoratori di Wind Tre - conclude la nota –. Le aegreterie nazionali, in mancanza di risposte concrete e coerenti, insieme a tutti i lavoratori si vedranno costrette a mettere in campo ulteriori iniziative per cambiare il piano aziendale".
A spiegare la situazione, in un'analisi dettagliata dello stato di Wind Tre, è Nicola Romanato, segretario della Slc Cgil di Venezia, dove in occasione dello sciopero è previsto un corteo a Mestre: “A febbraio e marzo 2019 – ricorda Romanato - si sono tenuti due incontri tra organizzazioni sindacali e azienda dove non è emerso un piano industriale per il futuro, o meglio è emerso che nel 2018 l’azienda ha investito 1 miliardo nella riconversione tecnologica e lo stesso farà nel 2019, nessuna certezza però per i lavoratori, ma solo ed esclusivamente un obiettivo caro agli investitori: qualsiasi azione che abbassi i costi dell’azienda per poter onorare il debito accumulato, che ammonta 10 miliardi”.
In questi due incontri con i sindacati l’azienda ha presentato infatti due progetti finanziari: la vendita di altre 7000 torri ad un’azienda ancora da definire (con Wind-Tre che terrebbe una quota di maggioranza del 51%) e la vendita dei quattro data center nazionali (2 ex Wind e 2 ex H3g) ad un’azienda terza. Assieme a questi due progetti, l’azienda vorrebbe trasferire a Milano tutta la sezione “Finance” che attualmente sta su Roma. Le persone impattate nei tre progetti sarebbero appunto circa 350 a livello nazionale.
Le preoccupazioni dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali – spiega ancora Romanato - sono le stesse che al tempo attanagliarono Telecom dopo la privatizzazione e cioè una lenta e progressiva vendita di parti d’azienda per poter fare cassa, con il rischio, proprio come accaduto per Telecom, di trovarsi a distanza di anni con un debito importante, ma con un’azienda completamente spoglia. “Nel caso specifico di Wind-Tre la preoccupazione è ancora maggiore – sottolinea il segretario della Slc di Venezia - perché i progetti non prevedono come fu in Telecom la vendita degli immobili, ma di intere parti tecnologiche, che porterebbero inevitabilmente l'azienda a divenire un operatore simil virtuale, con un effetto domino sul perimetro occupazionale, già in sofferenza, che potrebbe anche dimezzare l’attuale”.
Delle scelte aziendali di Wind-Telecom Rassegna.it aveva parlato nei giorni scorsi con il segretario della Slc Cgil nazionale Riccardo Saccone: “L’azienda sta sbagliando completamente approccio. Noi siamo disponibili e aperti a ogni confronto, ma il percorso deve essere condiviso e non traumatico, e deve mettere sul tavolo un piano di sviluppo anche con la ri-professionalizzazione. Qui invece siamo di fronte a scelte unilaterali che rappresentano quasi un atto di violenza dal punto di vista professionale”.
In particolare, Saccone sottolinea la situazione delle 150 persone che saranno costrette a spostarsi da Roma a Milano se vorranno proseguire a lavorare in azienda. “Ma la cosa ancora più grave – osserva il sindacalista – è che si tratta per la quasi totalità di donne che, come sappiamo, devono sobbarcarsi tanto lavoro di cura in famiglia. Mi pare evidente che se si pone loro la scelta di spostarsi a Milano o di accettare uno ‘scivolo’, saranno costrette a questa seconda ipotesi”.
“L’altra cosa che fa rabbia – insiste il sindacalista – è dover affrontare una vertenza del genere nel 2019, quando da anni ormai ci si riempie la bocca con la dematerializzazione e lo smart working in particolare nelle aziende di telecomunicazione. È davvero necessario, allora, spostare così tante persone da una città all’altra solo perché il responsabile di quel settore si trova a Milano? Noi crediamo di no e su questo proseguiremo nella nostra battaglia. Tra l’altro in questo modo l’azienda rischia di andare incontro a contenziosi giuridici”.
La partita è dunque ancora aperta è molto dipenderà dal successo della mobilitazione appena iniziata: “Le relazioni sindacali in passato sono state ottime, ma da qualche tempo a questa parte – conclude Saccone – le cose sono cambiate. Anche la possibile cessione del ramo d’azienda che si occupa dei data center è in netta controtendenza con le ambizioni di una grande azienda come questa. Ora vedremo come andranno gli scioperi. Come sindacato, ripeto, siamo disponibili a sederci a un tavolo per cercare una soluzione, me lo auguro. Ma per adesso la posizione aziendale per noi non è condivisibile”.