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“La vicenda Whirlpool è solo l'ultima delle crisi che hanno segnato la storia della deindustrializzazione di Napoli e della sua provincia, ma anche dell'intero Mezzogiorno, in una discesa che negli ultimi trent'anni non si è mai arrestata”. C’è rabbia e delusione nella parole che i segretari generali Cgil, Cisl e Uil di Napoli (Walter Schiavella, Gianpiero Tipaldi e Giovanni Sgambati) hanno steso oggi (martedì 11 giugno) in una nota consegnata al presidente e ai capigruppo del Consiglio comunale, che si è riunito in sessione straordinaria per discutere la vicenda Whirlpool.
“Non una sola ragione è stata addotta dall'azienda per spiegare perché proprio Napoli sia un sito da cedere, quali sono le motivazioni che lo rendono un sito non più idoneo, quale siano le problematicità che rendono le condizioni di costo e di mercato più gravose che altrove”, scrivono i sindacati partenopei: “Quando sentiamo parlare da parte dell'azienda di ‘riconversione’, pensiamo alle tante promesse di riconversione e di reindustrializzazione di cui è lastricata la via che ci ha condotto a questo deserto industriale. Per questo ogni ipotesi di soluzione della vertenza deve prevedere che la Whirlpool resti a Napoli”.
Schiavella, Tipaldi e Sgambati evidenziano che “in un'area come quella di Napoli Est, che un tempo non lontano era una delle aree industriali più grandi del Paese e che faceva della città una capitale industriale in Europa con una storia centenaria alle spalle, ormai non restano che pochissimi presìdi industriali”. E sottolineano come “l'idea che terziario e servizi potessero da soli sostituire l'occupazione e lo sviluppo dell'industria, che in molte aree è stato anche sviluppo democratico e civile fronteggiando l'avanzata della camorra sul territorio, si è rivelata in questi anni una tragica illusione, come pure dimostrano fallimenti e chiusure dei tanti centri commerciali che sono sorti spesso proprio nei capannoni dove un tempo sorgevano le fabbriche”.
Per questi motivi la vertenza Whirlpool oggi è una vertenza campale dell'intera città di Napoli. “In ballo ci sono i 430 lavoratori con le loro famiglie, le tante donne che vi lavorano in un territorio in cui l'occupazione femminile è un dramma, le centinaia di lavoratori che anche nell'indotto hanno sviluppato professionalità e qualità in tutta la regione”, illustrano i segretari di Cgil, Cisl e Uil: “Ma in ballo c'è la dignità e il futuro di quello che resta dell'industria e dell'occupazione a Napoli e al Sud. Per questo tutte le istituzioni devono fare la propria parte per mantenere a Napoli quest’importante presenza industriale”.
I sindacati rimarcano come ci sia “un’idea di sviluppo che non è mai decollata”, come i pochi ma necessari “strumenti di politica industriale, come le Zone economiche speciali (Zes) e le Aree di crisi complessa, compresa proprio Napoli Est, tardano a essere messi a regime”. La vertenza dei lavoratori Whirlpool e del suo indotto “ci mette di fronte nella sua crudezza – riprendono i sindacati nella nota – all'intera vicenda di quella che un tempo chiamavamo questione meridionale, che oggi, seppur chiamata in modi differenti, è esattamente la stessa di cento anni fa: una parte del Paese esclusa dallo sviluppo, dove le condizioni di vita di più della metà della popolazione sono al limite della povertà, con un’emigrazione in ripresa, con i giovani che cercano lavoro al Nord e all'estero, con la criminalità padrona di intere aree”.
Walter Schiavella, Gianpiero Tipaldi e Giovanni Sgambati, in conclusione, ribadiscono che “non possiamo permetterci un passo indietro, anzi, è ormai improcrastinabile che il governo metta Napoli e il Sud al centro di un vero progetto di politica industriale e di sviluppo, necessaria anche per la tenuta democratica dell'intero Paese, piuttosto che inseguire dannose autonomie differenziate”. E assicurano che Cgil, Cisl e Uil “combatteranno questa battaglia con le lavoratrici e i lavoratori di Whirlpool, ma lo faranno consapevoli che deve diventare la battaglia di tutte le istituzioni e i cittadini di Napoli”.