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È sempre più difficile la situazione per i 100.000 addetti della vigilanza privata e dei servizi fiduciari in attesa del rinnovo del contratto nazionale da oltre 6 anni. Il 28 luglio scorso le associazioni datoriali hanno indicato nel 5 settembre, la data in cui far riprendere la trattativa, ma visto il silenzio degli ultimi mesi anche dopo gli scioperi e le iniziative, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, per mantenere alta l’attenzione sulla vertenza del rinnovo e dare continuità al percorso di mobilitazione, hanno stabilito un ulteriore pacchetto di 16 ore di sciopero da effettuarsi a partire dalle prossime settimane secondo le modalità che saranno definite dalle strutture territoriali. Con le stesse modalità, potranno essere decise ulteriori iniziative, a partire dal blocco del lavoro straordinario e dall’organizzazione di presidi e volantinaggi presso le prefetture e le sedi di importanti committenti.
La lunghissima e infruttuosa trattativa si è conclusa con esito negativo nell’incontro del 18 marzo 2022, nel quale le associazioni datoriali, anziché presentare una proposta dignitosa sul piano salariale, hanno dichiarato di non aver ricevuto mandato dalle rispettive aziende.
La costituzione di una nuova associazione datoriale, comunicata a mezzo stampa a poche ore dalla ripresa del negoziato, rappresenta un elemento di preoccupazione per un settore in cui la rappresentatività datoriale evidenzia da tempo una frammentazione eccessiva e l’incapacità di realizzare una sintesi positiva per le relazioni sindacali.
“Le lavoratrici e i lavoratori della vigilanza privata e dei servizi fiduciari sono costretti, dalla irresponsabilità delle controparti datoriali e delle aziende loro associate, a salari non aggiornati da diversi anni che sono divenuti insostenibili a seguito degli alti tassi di inflazione registrati” scrivono in una nota Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs che ribadiscono il “colpevole “silenzio” delle Istituzioni, a partire dal ministero dell’Interno, delle prefetture e del ministero del Lavoro che, non esercitano la funzione di controllo e intervento loro assegnata dalle norme vigenti.
“Tale comportamento - concludono - è ancor più inaccettabile se riferito a lavoratori e lavoratrici che quotidianamente garantiscono la sicurezza privata e pubblica, come ampiamente dimostrato dal lodevole impegno espresso durante l’intera fase emergenziale sanitaria ancora non del tutto finita, spesso facendosi carico di compiti impropri in nome dell’interesse generale”.