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C'è una grande contraddizione di fondo nella vertenza Treofan: la multinazionale Jindal, che ha acquisito l'azienda chimica e i suoi stabilimenti di Battipaglia e Terni, "con una mano raccoglie ingenti aiuti economici per fare produzioni e accrescere l'occupazione e con l'altra decide di chiudere stabilimenti licenziando i lavoratori, acquistando società nella sua stessa filiera produttiva per restringere gli spazi della concorrenza, questo a scapito delle produzioni e dei lavoratori italiani". Il virgolettato è da attribuire ai sindacati di categoria, Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, che sono usciti ancora una volta delusi dall'incontro al Mise con il governo, le Regioni e la proprietà di Treofan.
Delusione dovuta in primo luogo all'assenza, ancora una volta, dei rappresentanti di Jindal e alla partecipazione solo in video dei vertici di Treofan. Ma delusione dovuta ancor più ai contenuti dell'incontro: "La presentazione del piano industriale richiesto nella precedente riunione non ha migliorato la situazione - spiegano i sindacati - in quanto assolutamente lacunoso e privo di dati certi e circostanziati sulle politica industriale del gruppo, con dichiarazioni vaghe sul percorso di riduzione graduale del mercato delle commodities, ritenuto fortemente svantaggioso a causa della concorrenza del mondo orientale, per crescere e puntare invece sulle specialties, ritenute a più alto valore aggiunto".
Unica informazione data con certezza, la volontà del gruppo Jindal di chiudere lo stabilimento di Battipaglia, il più piccolo della galassia Jindal europea, sacrificio ritenuto necessario vista la carenza di volumi sul mercato, rispetto alla capacità produttiva dell'insieme degli stabilimenti.
"Pur mantenendo ferma la posizione sulla contrarietà alla chiusura dello stabilimento di Battipaglia messa in atto dal gruppo Jindal - spiegano Filctem, Femca e Uiltec - abbiamo accolto in modo positivo la proposta del Mise rivolta al gruppo Jindal–Treofan affinché individui un advisor per andare a ricercare proposte industriali per una continuità produttiva con il conseguente mantenimento dell'occupazione nel sito campano".
Per quanto riguarda lo stabilimento di Terni, invece, non sussiste un rischio chiusura nell'immediato, ma le preoccupazioni dei sindacati sono comunque elevate: "Senza congrui investimenti per i prossimi tre anni, con il mantenimento degli attuali occupati e uno sbilanciamento del mix produttivo previsto verso le commodities - spiegano i chimici di Cgil, Cisl e Uil - la visione aziendale apre uno scenario inquietante e preoccupante per il futuro, ancora di più se a questo affianchiamo quanto già messo in campo in questi mesi da Jindal, con lo spostamento di ordini e di clienti verso la Germania e gli altri stabilimenti Jindal".
La prossima riunione al Mise sarà preceduta da riunioni a livello locale a Battipaglia e Terni per approfondire e mettere ancora una volta in discussione il piano industriale. "Come organizzazioni sindacali ribadiamo la sinergia che deve essere mantenuta tra istituzioni locali, e nazionali affinchè si arrivi a trovare la migliore soluzione possibile per la continuità produttiva, per i lavoratori e per le loro famiglie", concludono Filctem, Femca e Uiltec.