La Cgil intensifica la mobilitazione contro la chiusura degli impianti di cracking di Priolo e Brindisi, organizzando un presidio a Roma il 26 febbraio sotto la sede di Eni. Il sindacato accusa il Governo di una totale subalternità alle decisioni di Eni, evidenziata nei tre confronti svolti al ministero delle Imprese e del Made in Italy alla presenza del ministro Adolfo Urso. La questione è stata spostata su un tavolo negoziale lontano dai luoghi della politica, sottraendo il tema al confronto pubblico.

Secondo la Cgil, la dismissione della chimica di base avrà conseguenze devastanti su oltre 20 mila lavoratori diretti e indiretti, oltre a danneggiare il sistema industriale nazionale aggravando la dipendenza energetica da paesi extra Ue. La mobilitazione, indetta con Filctem, Fiom, Filt, Fillea e Filcams, si terrà dalle 14 alle 17 in via Severino Delogu, all’Eur. Invitati a partecipare anche i rappresentanti delle forze politiche che si oppongono alla strategia di Eni.

Il segretario nazionale della Cgil, Pino Gesmundo, sottolinea come la posizione del sindacato sia di buonsenso e condivisa persino dai funzionari ministeriali, che hanno proposto di rimandare la chiusura oltre il 2035 per attendere l'esito del dibattito europeo sulle materie prime strategiche, tra cui etilene e propilene. Tuttavia, nonostante questa apertura, il Governo ha trasferito ad altro incarico il dirigente responsabile del tavolo ministeriale e ha chiesto a Eni di risolvere la questione internamente. Il 26 febbraio potrebbe essere la data di un accordo separato che sancirebbe la chiusura definitiva degli impianti di Brindisi e Priolo, ignorando le ricadute occupazionali sulle aziende in appalto e sull'indotto.

"Ancora una volta – denuncia Gesmundo – il Governo abdica al proprio ruolo strategico nei confronti delle aziende partecipate, come sta accadendo in altri settori strategici, lasciando campo libero a una multinazionale che persegue il massimo profitto senza considerare la competitività dell'industria italiana. Non possiamo permettere un piano così grave e scellerato. Difenderemo l'occupazione e il tessuto industriale del nostro Paese, perché questa battaglia riguarda il futuro dell'intero settore produttivo", conclude Gesmundo.