Sarà anche triste Venezia, soltanto un anno dopo. Ma non si ferma qui. Nel silenzio che attraversa le calli senza turisti gli indigeni si scrutano tra loro e si guardano intorno come stessero scoprendo un’altra città, una città che così non s’era vista ma, e che per ovvi motivi speriamo non si veda ancora, malgrado il fascino e la magia che solo Venezia possiede vengano irradiate ancor più da questo vuoto che stordisce, portando con sé ferite da rimarginare nel tempo.
Lo sa bene Enrico, nel ramo ristorazione dei Musei Civici, ormai chiusi da tanti mesi. Il suo racconto ripercorre questi ultimi due anni senza retorica né autocommiserazione, ma con una lucidità che gli consente di individuare un nuovo percorso futuro, fatto però di ulteriori diritti e vere tutele, altrimenti si torna indietro.
Lo sa bene anche Alessandro, albergatore per scelta, e che nonostante le tante offerte nel corso della sua professione alla fine ha sempre scelto di rimanere qui, perché “Venezia è sempre Venezia”. E allora il desiderio è quello di tornare a lavorare, di farlo per se stessi e per gli altri, tornare a vivere i luoghi e le tradizioni che della Città di Venezia fanno la storia, una storia che proprio in questo 2021 compie 1.600 anni.
Arriverà un altro Carnevale, pronti per un nuovo ballo. Per una volta, forse sarà più bello senza maschera.