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“Quello che sta accadendo al Fondaco dei Tedeschi è l’esempio plastico dell’economia e dell’indotto generato da un modello di turismo estrattivo, che danneggia la città e punta unicamente a drenare risorse. Si accampa la scusa della crisi del lusso, ma è evidente che si tratta di un’operazione di immagine, un utilizzo del marchio Venezia per poi buttare via la città e i lavoratori quando non più indispensabili”. Così Daniele Giordano, segretario generale Cgil Venezia, Monica Zambon, segretaria Cgil Venezia, Caterina Boato, segretaria generale Filcams Cgil Venezia, e Andrea Brignoli, segretario Filcams Cgil Venezia commentano la notizia che da ore tiene la laguna con il fiato sospeso. Perché la chiusura annunciata del Fondaco dei Tedeschi costa 226 licenziamenti.
Il centro commerciale del lusso ha un rosso di 100 milioni di euro, secondo le informazioni veicolate in queste ore dagli articoli dei giornali, e sorge in un palazzo storico di quattro piani a due passi dal Ponte di Rialto, uno dei più belli di Venezia. Tutto questo però non ha impedito che la proprietà della Dfs (del gruppo Lvmh) abbia deciso di chiudere i battenti e spedito le 226 lettere di licenziamento agendo senza alcun preavviso.
“Non possiamo tollerare che l’intera area si trasformi nella capitale del lavoro povero e precario – hanno scritto i sindacalisti della Cgil –, dove anche solidi gruppi internazionali non sono in grado di garantire una progettualità di lungo termine come investimento sul territorio. Oltre al danno che riguarda drammaticamente le lavoratrici e i lavoratori coinvolti, dipendenti diretti e degli appalti che complessivamente sono circa 300, significa non essere in grado di valorizzare le competenze e le conoscenze che i dipendenti acquisiscono, favorendo un economia in cui il lavoro è poco qualificato, perché della qualificazione delle lavoratrici e lavoratori non interessa a nessuno”.
Cosa servirebbe in questa situazione, anche per scongiurare che si ripeta? “Serve che Benetton, in quanto proprietà dell’edificio, dica chiaramente quali intenzioni e quali progetti ha per il futuro dello spazio, non è tollerabile un ‘no comment’ su di un edificio di tale interesse pubblico per la città. Crediamo serva un coinvolgimento delle parti sociali anche sul futuro Fondaco, anche per evitare che si ripetano gli stessi errori commessi con Dfs”.
Cosa avete fatto come sindacato? “Come Cgil Venezia – spiegano Giordano, Zambon, Boato e Brignoli –abbiamo scritto una lettera a tutti i parlamentari veneziani, chiedendo attenzione a una vertenza che ha un valore cruciale per la città. Serve l’interessamento di tutti per evitare che si trasformi nell’ennesima situazione in cui tutti intervengono per lavarsi la coscienza consapevoli di andare verso un nulla di fatto”.
“Per questo riteniamo indispensabile – concludono – che il Comune porti la questione al Governo, consapevoli che il rapporto con una multinazionale di questo livello non può essere trattato come una questione locale. Il Governo apra un tavolo con le parti, nell’interesse di tutta la città, e di fronte a quasi trecento lavoratrici e lavoratori sia il Comune di Venezia a pretenderlo”.