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È un duro inverno per la Val Vibrata. Nella provincia di Teramo sono più di 4 mila le lavoratrici e i lavoratori in cassa integrazione e se questi numeri nei prossimi mesi saranno riconfermati, ci troveremo al cospetto di un'ecatombe sociale, impulso per un ulteriore spopolamento delle aree interne. I sindacati lamentano da tempo l'immobilismo della politica, la mancanza di idee capaci di salvaguardare e rilanciare il territorio. Tante sono le vertenze aperte, oggi le principali riguardano Atr, Veco e Betafence, ma il rischio è che al termine del blocco dei licenziamenti a questo elenco se ne aggiungeranno molte altre .
Qui Colonnella. La Atr, storica azienda produttrice di manufatti in carbonio, da tempo aveva smesso di pagare dipendenti e fornitori. Lo scorso novembre si è verificato il suo secondo fallimento. A presentare l’istanza sono stati i dipendenti, insieme a una miriade di creditori insoddisfatti. Una situazione drammatica che ha investito 80 famiglie. La decisione delle maestranze di rivolgersi al tribunale, per permettere l'arrivo di nuovi imprenditori in uno stabilimento che potrebbe essere uno dei fiori all'occhiello dell'industria abruzzese. Tutto è nelle mani della capacità dei commissari di attrarre nuovi capitali in grado di rilanciare il sito.
Qui Tortoreto. La Betafence opera sul territorio fin dagli anni sessanta sotto il marchio “Metallurgica Adriatica” producendo recinzioni metalliche e sistemi di sicurezza esportati in tutto il mondo. Negli ultimi anni è entrata a far parte della multinazionale inglese Praesidiad, controllata dal fondo Carlyle. A fine luglio il gruppo londinese ha annunciato la chiusura dello stabilimento (ora divenuto un forte ridimensionamento) e 146 licenziamenti, con l'intento di delocalizzare in Polonia la maggior parte delle linee.
"In realtà – ci spiega Natascia Innamorati, segretaria generale della Fiom Cgil di Teramo – si tratterebbe di un'operazione finanziaria: dopo un momento di difficoltà in borsa, il fondo Carlyle ha utilizzato l'annuncio dei licenziamenti per ottenere migliori prestazioni sui mercati internazionali, aumentando il proprio rating e conquistando la fiducia di banche e investitori. Ma in realtà non sanno niente di questo stabilimento. Nei mesi scorsi ci siamo seduti al tavolo di trattativa con la proprietà inglese e non hanno idea di cosa si faccia a Tortoreto, quanti lavoratori siano necessari per mantenere una linea produttiva. Niente". Per i lavoratori della Betafence, il sindacato ha chiesto di attivare il contratto di solidarietà, affinché restino legati alla società. "La Regione – sottolinea Innamorati – sta cercando di agire da mediatore ma non ha ancora inchiodato l'azienda alle proprie responsabilità, soprattutto alla luce degli ultimi bilanci in attivo. Il gruppo non ha alcun motivo per andarsene o ridurre il personale di due terzi, da 150 ad appena 50 elementi.
Qui Martinsicuro. Sono 50 gli addetti della fonderia Veco, in cassa integrazione da dicembre, che chiedono di tornare agli altoforni. A un anno dal fallimento, giunto al termine di una cattiva gestione imprenditoriale, nessuna azienda si è fatta avanti per rilevare uno stabilimento che a regime può dar lavoro a oltre un centinaio di dipendenti. Qui la situazione è complicata dal fattore ambientale: la fonderia sorge a 200 metri dal mare e la politica non è stata in grado di prospettare soluzioni. Gli ammortizzatori sociali scadranno il 30 aprile, dopodiché partiranno le lettere di licenziamento. "Grave – spiega la leader della Fiom teramana – che in questi mesi non siano stati attivati i corsi di riqualificazione per chi è rimasto parcheggiato in cassa integrazione, senza nessuna prospettiva diversa dalla disoccupazione. Per questo, abbiamo sollecitato l'apertura di un tavolo di crisi permanente con istituzioni e parti datoriali per trovare insieme una strada che riporti in attività i lavoratori. Si tratta di uomini che hanno superato i 50 anni che chiedono solo di tornare a indossare la tuta blu. Se non avremo reazioni, siamo pronti a intraprendere tutte le azioni di lotta necessarie e andremo fin sotto al Consiglio Regionale a pretendere le risposte che ci spettano.
La soluzione richiede impegno. La Val Vibrata è stata riconosciuta area di crisi complessa – conclude Innamorati – . Uno strumento che, per la complessità del meccanismo o per lo scarso impegno delle istituzioni, non è stato utilizzato fino in fondo. È necessario rimodulare le risorse residue per renderle accessibili e prorogarne la durata per investire su territorio e occupazione. Temiamo che il mancato impegno dimostrato fino ad oggi dalla politica possa condizionare anche i futuri finanziamenti europei del Recovery Plan. Non possiamo permetterci di arrivare a questo appuntamento senza idee su come riattivare la nostra economia.