La Val d’Agri sta attraversando una fase delicata, segnata dal declino della produzione petrolifera e dall’assenza di una strategia chiara per il futuro. Questa la denuncia emersa dall’incontro promosso oggi a Potenza dalla Cgil, durante il quale sono stati presentati i dati Ires che certificano il rischio di un collasso economico e sociale della Basilicata. Secondo l'istituto di ricerca economica e sociale della Cgil, senza un intervento immediato, il territorio rischia di perdere migliaia di posti di lavoro e di veder peggiorare la tendenza allo spopolamento.

I dati Ires: un quadro allarmante

La ricerca mette in evidenza numeri preoccupanti: nell'ultimo decennio, la regione Basilicata ha perso tra i tremila e i quattromila residenti ogni anno, con una forte incidenza della fuga dei giovani. Il calo della produzione petrolifera si accompagna a una riduzione dell’occupazione nell’industria estrattiva e nei settori collegati.

Se il Centro Olio della Val d’Agri (Cova) dovesse chiudere a causa dello smantellamento delle attività dell’Eni, le conseguenze sull’occupazione sarebbero gravi. Si perderebbero circa 450 posti di lavoro diretti nel settore estrattivo e altri 1.300 indiretti, ovvero lavoratori di aziende fornitrici e servizi collegati.

Secondo l’Ires, questo scenario impone una riflessione urgente sulla necessità di un piano di riconversione industriale. Se la chiusura diventasse realtà o se le riserve petrolifere si esaurissero, l’intera regione ne risentirebbe. Complessivamente, la Basilicata perderebbe circa 1.800 posti di lavoro, pari a un calo dell’occupazione regionale dell’1,4%.

Oltre alla perdita occupazionale, la regione subirebbe un forte impatto economico. Se le royalties petrolifere venissero azzerate, il Pil della Val d’Agri crollerebbe del 10%, con una perdita economica stimata in oltre 600 milioni di euro. Questo calo avrebbe effetti a catena su tutta la Regione Basilicata, con una riduzione delle esportazioni tra il 4% e il 5%.

L’Ires evidenzia inoltre l’importanza del settore petrolifero per l’economia locale, sottolineando la necessità di diversificare le attività produttive. In Val d’Agri sono presenti imprese agricole, manifatturiere e metalmeccaniche, ma senza interventi concreti rischiano di non essere sufficienti a compensare le perdite occupazionali.

Falcinelli, Filctem: "Serve un piano di riconversione industriale"

Durante l’incontro, Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil, ha espresso preoccupazioni sulla transizione energetica, sottolineando che sebbene il mondo stia mirando alla decarbonizzazione, il petrolio rimarrà una risorsa fondamentale ancora per decenni.

"Eni – ha proseguito il dirigente sindacale – incrementa le attività estrattive ovunque nel mondo, tranne che in Italia. Qui in Basilicata estrae un terzo del potenziale, non credo a causa dell’esaurimento dei pozzi, ma per scelta politica: forse c’è la convinzione che in Italia non si possa più fare industria". Sull'operato della partecipata statale Falcinelli ha aggiunto: "Eni in Italia sta dismettendo la chimica, con la complicità del governo. Diventerà un problema enorme per tutte le filiere produttive. Stiamo andando in direzione opposta alle necessità europee di autonomia produttiva, e persino agli accordi firmati nei giorni scorsi a livello internazionale dallo stesso governo Meloni. Dov’è Confindustria in questo frangente in cui i progetti di Eni fanno male a tutto il Paese?".

Secondo Falcinelli “Le transizioni non si fanno senza coinvolgere le persone: non possiamo dire ai lavoratori che per attuarla devono perdere il lavoro. Non possiamo permetterci di aspettare che i pozzi si esauriscano – ha sottolineato il leader della FIlctem – senza avere alternative concrete". "Il governo e le aziende devono assumersi la responsabilità di costruire un futuro sostenibile per la Basilicata. Servono investimenti pubblici e privati in nuovi settori, dalle energie rinnovabili alla chimica verde, passando per il rilancio del turismo e dell’agroalimentare. Solo così possiamo evitare che la Val d’Agri diventi una terra abbandonata”, ha sottolineato.

Gesmundo, Cgil: "Basta promesse, servono azioni concrete"

Anche Pino Gesmundo, segretario nazionale della Cgil, ha lanciato un monito sul futuro del territorio: "Siamo preoccupati per la totale mancanza di una visione strategica e di prospettiva. Se le partecipate pubbliche decidono di andare via, se si decide di non estrarre più petrolio, questo territorio pagherà un grosso prezzo in termini di desertificazione non solo industriale ma anche demografica, perché una parte delle persone, soprattutto i giovani, sarà costretta ad andare via".

Il dirigente sindacale ha ribadito che la Cgil chiede un tavolo di confronto permanente tra sindacati, governo e aziende: "Abbiamo bisogno di un patto per il lavoro e lo sviluppo che metta al centro il territorio e le sue potenzialità. La Basilicata ha risorse straordinarie, ma senza una strategia condivisa rischiamo di perdere un’intera generazione di lavoratori".

Esposito, Cgil Basilicata: "Le decisioni vanno prese ora"

Vincenzo Esposito, segretario generale Cgil Potenza, ha sottolineato l'urgenza di aggiornare il patto di sito del 2021, firmato da Cgil, Cisl, Uil, Confindustria, Regione Basilicata ed Eni, per avviare concretamente la transizione energetica e ambientale nell'area. L’obiettivo è trasformare gradualmente le attività estrattive in alternative energetiche, salvaguardando l'occupazione e l'economia locale, con particolare attenzione alla bonifica delle aree compromesse dallo sversamento di greggio. Esposito ha ribadito che le scelte devono essere fatte ora, senza aspettare il rinnovo delle concessioni estrattive nel 2029, e ha sollecitato la programmazione immediata della conversione produttiva.

Esposito ha criticato i progetti di sviluppo finora insufficienti e ha chiesto alla Regione Basilicata di farsi promotrice di queste istanze, per evitare di trovarsi impreparati quando le attività estrattive saranno esaurite. Ha anche espresso preoccupazione per la dismissione degli impianti petrolchimici di Eni, che sta avendo impatti negativi su territori come Brindisi, Priolo e Ragusa. L’iniziativa di oggi punta a pianificare una transizione giusta per l’area, proteggendo il lavoro, i diritti dei lavoratori e i territori contro la speculazione.

Le proposte della Cgil per il rilancio della Val d’Agri

La Cgil ha delineato un piano per rilanciare la Val d'Agri, proponendo misure concrete per affrontare la crisi economica e ambientale della regione. Prima di tutto, la Cgil sottolinea l’importanza di utilizzare in modo mirato le royalties derivanti dall’industria petrolifera per finanziare progetti di sviluppo industriale e infrastrutturale, creando così opportunità di crescita e lavoro.

Tra le altre proposte, c’è un forte impegno per il potenziamento delle energie rinnovabili, con investimenti in settori come l’eolico, il solare e l’idrogeno verde, puntando a una transizione energetica che riduca la dipendenza dal petrolio e favorisca un’economia più sostenibile.

La Confederazione ha anche proposto di rilanciare il turismo sostenibile, puntando sul patrimonio naturalistico e culturale della regione, e di sostenere l’agroalimentare e le produzioni locali, per creare filiere produttive competitive e sostenibili. Un altro punto cruciale è la formazione e la riqualificazione dei lavoratori, per prepararli alle nuove sfide del mercato del lavoro in un contesto in continua evoluzione.

Infine, la Cgil ha richiesto un incontro urgente con il governo per discutere l’attuazione di queste misure. Per Pino Gesmundo "il tempo per intervenire è adesso: non si può permettere che la Basilicata diventi una regione fantasma".