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Un piano di riorganizzazione globale con 7.500 esuberi e 3.200 in Europa. Di questi, 143 saranno nella sede di Roma (113 addetti alla vendita, 20 lavoratori nell’area holding e dieci nella logistica, complessivamente un terzo del personale). Questo l’annuncio del 4 settembre scorso della multinazionale britannica Unilever, tra le più grandi aziende mondiali di prodotti di largo consumo, fondata nel 1929 a Londra e sbarcata in Italia nel 1966.
Le motivazioni della società
Nel mondo Unilever gestisce 280 stabilimenti, per complessivi 128 mila dipendenti. In Italia ha uffici e stabilimenti a Roma, Milano, Casalpusterlengo (Lodi), Caivano (Napoli), Mappano (Torino) e Pozzilli (Isernia), per complessivi 3.500 dipendenti. Nel nostro Paese possiede e commercializza brand molto noti come Algida, Calvè, Clear, Coccolino, Knorr, Mentadent, Pfanni e Svelto.
La multinazionale ha motivato gli esuberi con la “complessità dello scenario socio-economico a livello europeo e la crescente competizione sui mercati locali e internazionali”, la cui conseguenza è stato il mancato rispetto delle previsioni del piano di business 2023/2026.
Ma i risultati sembrano dire altro. Nella prima metà del 2024, si legge nel sito ufficiale, si indica “una crescita delle vendite del 4,1%, con un aumento dei volumi del 2,6%”. Unilever dichiara anche di aver “conseguito per il terzo trimestre consecutivo una crescita positiva e in aumento dei volumi: +2,9% nel secondo trimestre, rispetto al +2,2% del primo trimestre e all’+1,8% del quarto trimestre 2023”.
Il piano di ristrutturazione varato dal ceo Hein Schumacher prevede la concentrazione degli investimenti sui marchi di punta, che rappresentano circa il 75% del fatturato (e che “hanno registrato – si legge ancora nel sito – una forte performance, con una crescita delle vendite di base del 5,7%, trainata da una crescita dei volumi del 4,0%”); la possibile vendita della divisione ice-cream (che la multinazionale britannica ha già separato dalle altre divisioni) e la cessione delle attività in Russia.
La risposta dei sindacati
La comunicazione del licenziamento collettivo è arrivata mercoledì 4 settembre nel corso dell’incontro tra management e sindacati nazionali e territoriali presso la sede romana di Unindustria. Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil considerano “inaccettabile la decisione assunta dall’azienda, così come il numero di esuberi dichiarati” e ritengono “necessario che l’azienda torni sui propri passi”.
Immediata è stata la reazione di organizzazioni e lavoratori, con la proclamazione dello stato di agitazione e l’avvio di un percorso di assemblee nei vari impianti produttivi. “Abbiamo appreso dei piani dell’azienda – dice il segretario generale Flai Cgil Roma e Lazio Stefano Morea – dalla stampa internazionale già nel luglio scorso. Sapevamo che ci sarebbero state ripercussioni anche in Italia, ma non di questa portata. Questi numeri sono inaccettabili”.