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Un calo dell'occupazione “senza precedenti”: lo registra l’Istat nelle stime sull’andamento del mercato del lavoro nel 2020. Sono 456mila i posti di lavoro andati persi (-2,0%). Questo riguarda la media dell’anno passato. Mentre nel IV trimestre del 2020, rispetto al 2019, il numero di occupati è stato inferiore dell’1,8% (-414 mila occupati in un anno), ed è leggermente cresciuto rispetto al trimestre precedente (54mila unità, +0,2%).
“La pandemia conferma e aggrava l'emergenza occupazionale vissuta da donne, giovani e Mezzogiorno”. Questo il commento della segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti. A preoccupare la dirigente sindacale c’è soprattutto il calo dell'occupazione femminile (-249mila unità) che, sottolinea, incide “sul calo complessivo della disoccupazione e sul conseguente aumento dell’inattività di 567mila unità (+4,3% in un anno), di cui il 44,8% sono donne”.
Altro punto dolente, i giovani. “L’occupazione giovanile, 15-34 anni, - osserva Scacchetti - registra la più forte diminuzione del numero degli occupati (-5,1%) e di conseguenza il più alto aumento del tasso di inattività (+2,7%). Inoltre, preoccupa il calo dei giovani laureati (-1%) e dei diplomati (-1,4%), categorie che in linea teorica dovrebbero soffrire di meno”.
Per la segretaria confederale “la disoccupazione registra un calo più pesante nelle regioni del Mezzogiorno (-1,7%) mentre al Nord e al Centro diminuisce dello 0,3% e dello 0,6%. Dati che rendono evidente il conseguente aumento del tasso di inattività nel Sud pari a +1,8% rispetto a una media nazionale del +1,6%. Inoltre, il dato sull’occupazione registra un divario tra Nord e Sud del 20%, non più sostenibile”.
“Per contrastare queste drammaticità - afferma Scacchetti - occorrono impegni precisi e interventi mirati del governo. Deve essere rivista la politica degli incentivi che, nonostante si sia concentrata maggiormente su queste fragilità, non ha risolto i problemi della mancata crescita occupazionale”.
Per la Cgil “la stesura definitiva del Pnrr dovrà assolutamente tenere conto di queste emergenze e trovare soluzioni. Ogni progetto dovrà indicare gli incrementi occupazionali che può generare. Il Paese - conclude Scacchetti - non può più tollerare queste continue e oramai esasperanti differenze, deve tornare a crescere insieme”.
L’Istat rileva che il tasso di occupazione, che nel 2018 e 2019 ha raggiunto il massimo storico, scende al 58,1% (-1,0% rispetto al 2019) e torna ai livelli del 2017; in calo anche il tasso di disoccupazione che si porta al 9,2% (-0,8 punti in un anno), mentre quello di inattività sale al 35,9% (+1,6%).
Il calo dell'occupazione, nella media dell'anno, coinvolge soprattutto i dipendenti a termine (-391 mila, -12,8%) e, in minor misura, gli indipendenti (-154 mila, -2,9%); il lavoro dipendente a tempo indeterminato mostra invece una crescita (+89 mila, +0,6%). La diminuzione investe il lavoro a tempo pieno (-251 mila, -1,3%) e, soprattutto, il part time (-205 mila, -4,6%); la quota di part time involontario, inoltre, sale al 64,6% (+0,4 punti) dell'occupazione a tempo parziale. Inoltre, la diminuzione delle posizioni dipendenti e del monte ore lavorate, così come l’aumento del ricorso alla Cig, sono più marcati nel comparto dei servizi rispetto a quello dell’industria.