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Per il 16 settembre è stato indetto uno sciopero nazionale dei lavoratori Uneba in Lombardia, con un presidio unitario sotto la sede regionale dell’Associazione, dalle ore 10 alle ore 13: “La proposta fatta da Uneba al tavolo per il rinnovo del contratto nazionale è irricevibile”, si legge in un comunicato di Fp Cgil – Cisl Fp – Fiscascat Cisl – Uil Fpl e UilTucs della Lombardia.
"50 euro lordi di incremento – proseguono i sindacati -, cioè 35 euro medi mensili sul livello 4S (dalle operatrici e operatori sociosanitari e dai coordinatori dei servizi ausiliari fino a educatrici e educatori con 24 mesi di anzianità), sono un’offesa per gli oltre 135mila lavoratori e lavoratrici che operano quotidianamente nel settore socio sanitario assistenziale educativo privato, cioè a prendersi cura di persone e soprattutto fragili”.
Nel comunicato viene spiegato che “con il contratto scaduto da quasi 5 anni, lo sciopero nazionale del 16 settembre è stato proclamato per la reiterata volontà della parte datoriale di non arrivare a sottoscrivere il rinnovo. La piattaforma unitaria è stata presentata dalle parti sindacali nazionali nel gennaio 2022 ma la trattativa è iniziata solo nel marzo 2023 e si è trascinata fino allo scorso giugno quando la proposta dell’Associazione Uneba è stata rigettata, perché lontana dall’importo necessario a recuperare il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori, quando l’inflazione è a due cifre e le retribuzioni sono al di sotto di quelle degli altri contratti nazionali applicati nel settore. Il lavoro va rispettato!”
"L’incremento dei salari di solo il 3,58% in più – concludono -, peraltro vincolando gli importi agli stanziamenti pubblici, è una vergogna! Uneba mette tutto nel conto, anche condizioni di lavoro ormai insopportabili a causa delle carenze di organico che costringono anche a numerosi rientri per coprire i turni, e così il tempo personale viene pure sempre più compresso. Le attuali retribuzioni non sono in grado di soddisfare le esigenze di una vita sempre più cara, oltre a non riconoscere dignità al settore di cura in un Paese longevo come il nostro”.