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L’ennesimo, terribile, femminicidio – quello di Giulia Cecchettin – non poteva non sconvolgere la scaletta della seconda giornata di sciopero generale proclamato da Cgil e Uil per cambiare la legge di bilancio. E così il leader della Cgil, Maurizio Landini, ha dedicato una lunga ed emotivamente molto sentita parte iniziale del suo intervento conclusivo – dopo aver brevemente detto che le piazze sono piene in tutte le città in cui sta scioperano e le adesioni molto alte – dalla piazza Castello di Torino, a una vicenda che in questi giorni ha profondamente scosso il paese.
Gli uomini devono cambiare
Un ragionamento duro, il suo, che ha chiamato in causa direttamente gli uomini perché, ha detto con forza, “sono gli uomini che uccidono le donne”. E allora “il cambiamento, la trasformazione anche culturale di cui c’è bisogno è un tema che riguarda noi uomini”.
Landini si è detto colpito dal fatto che Giulia si stava per laureare “e una delle richieste di chi diceva di volergli bene era di aspettare a laurearsi perché lui non era ancora nella condizione di poterlo fare”. Insomma: “Una donna che dimostrava di essere più brava e più capace di un uomo, e la reazione è stata quella che sappiamo”. Arrivando fino al punto che “non solo non rispetti più quella persona, ma pensi anche di poterla uccidere, di avere il possesso della sua vita”.
Il segretario della Cgil ha poi fornito un numero agghiacciante: “Ogni tre giorni una donna viene uccisa, ma ci sono stati 3.365 uomini chiamati in Questura perché sono stati denunciati e solo la metà di questi ha accettato di farsi aiutare”.
La parte del sindacato
Quale può essere il compito specifico del sindacato nel fronteggiare questa situazione? “Penso – ha detto – che non dovremmo limitarci a quello che stiamo facendo: la manifestazione di oggi e anche essere presenti domani in tutte le piazze”. C’è bisogno anche di agire concretamente: “Non possiamo sempre semplicemente denunciare il fatto che nei luoghi di lavoro manca la parità di trattamento e ci sono molestie e poi però non essere in grado di mettere in campo un'azione sindacale e contrattuale per affrontare questa situazione intollerabile”. E tutto questo non va lasciato semplicemente alle donne: “Deve diventare un elemento centrale di rivendicazione e di azione da parte di noi uomini in prima persona in ogni luogo in cui siamo”.
Precarietà e cultura del possesso
Per il segretario generale della Cgil l’aumento generale dei fenomeni di violenza – e in particolare dei femminicidi e il coinvolgimento delle giovani generazioni – “non può non essere collegato a quello che è avvenuto nella nostra società in questi ultimi anni. Tra le persone si è determinato un livello di precarietà nel lavoro e nella vita tale che non ha precedenti”. Fatto che non è caduto dall’alto, ma è il “frutto di scelte politiche, sociali ed economiche che hanno tolto valore al lavoro e alle persone, portandole a essere una merce che può essere comprata e venduta a qualsiasi prezzo e senza alcun rispetto”.
Un meccanismo, quello della cultura del possesso, che non è così distante da quello che accade nei femminicidi: “Ci si ritiene proprietari della vita di qualcun altro fino a pensare di poter disporre della sua vita”.
Rimettere al centro la persona
Insomma, ha sottolineato Landini, “dentro al cambiamento culturale che gli uomini devono fare prima ancora delle donne ci vedo la necessità di rimettere al centro la persona, il lavoro, la solidarietà e la giustizia sociale”. E per fare questo “serve un nuovo modello economico e sociale: basta pensare che il mercato da solo risolve tutti i problemi e che il compito della politica è solo dare soldi a piogge e favorire le imprese attraverso la precarietà e la libertà di licenziare”.
Precettare o convocare?
Arrivando ai temi più strettamente sindacali il numero uno della Cgil, ha ricordato che “questi giorni sta scendendo in piazza non solo il mondo del lavoro e i pensionati, ma la vera maggioranza di questo Paese che oggi non è ascoltata. Noi non vogliamo semplicemente criticare o protestare, ma abbiamo proposte per dare un futuro al paese”. Per questo “non vogliamo essere semplicemente convocati, ma ascoltati”.
E qui non era possibile non citare l’ultima “trovata” del governo Meloni: la convocazione dei sindacati nel giorno dello sciopero generale: “Saputa la notizia, mi è venuta spontanea una battuta: dalla precettazione alla convocazione è già un piccolo miglioramento”.
Ironia a parte, Landini ha ricordato che “noi siamo sempre disponibili al confronto (che è stato spostato a martedì 28, ndr) perché vogliamo contrattare e discutere”, ma “finora la possibilità di confrontarci e di discutere non c'è stata”. I tavoli a cui i sindacati sono stati convocati, come è noto, sono sempre stati pieni di una pletora di organizzazioni sindacali “di cui spesso neanche conoscevo l’esistenza”, e così “ti ritrovi magari con 20 associazioni e solo 3 minuti per parlare”. E questo, ha attaccato, “significa non avere rispetto dei milioni di lavoratori e di lavoratrici, di pensionati e pensionate che hanno dato mandato alle organizzazioni sindacali di rappresentarli”.
Una riforma fiscale tutta sbagliata
I sindacati ribadiranno all’incontro di martedì che “c'è da cambiare questa legge di Bilancio, ma c'è da cambiare anche la riforma fiscale. Questo è il tema centrale”, ha detto Landini ricordando che “il governo ha deciso di far votare in Parlamento una delega fiscale senza discuterla con le organizzazioni sindacali. Io troverei normale che, in un Paese dove il 95% dell'Irpef la pagano i lavoratori dipendenti e i pensionati, tu la riforma fiscale la discuti con quelli che le tasse le pagano. Invece la discutono con quelli che le tasse le evadono o non le pagano”. La verità è che “una riforma fiscale degna di questo nome non si sta facendo. Anzi si sta andando sulla strada di ridurre le aliquote e di non colpire l'evasione fiscale. Il concordato preventivo proposto dal governo è una legalizzazione dell'evasione fiscale”.
Un’Europa diversa
L’Italia, ricorda Landini, è “un Paese con un debito pubblico alto e la discussione che si sta facendo in Europa è preoccupante. Anche per questo noi il 12 di dicembre saremo a Bruxelles” per partecipare alla manifestazione promossa dalla Ces. “La Cgil e la Uil si sono battute in questi mesi e si è arrivati a una manifestazione di tutti i sindacati in Europa per cambiare l'austerità e le politiche europee”. Perché quella è anche la dimensione dove fare sentire la propria voce, perché “i diritti del mondo del lavoro devono essere al centro di una lotta per costruire non solo un'Italia diversa, ma un'Europa diversa”.
Le politiche industriali scomparse
Incalza Landini, parlando davanti a una piazza, quella torinese, ovviamente sensibile a queste parole: “Il governo non sta affrontando il tema delle politiche industriali. Anzi lo sta peggiorando. Come nel caso Tim e Telecom. Anziché rafforzare l'unità di quel Gruppo, tenere assieme la capacità non solo di estendere la rete ma di garantire anche i servizi, il nostro governo ha pensato bene di fare lo spezzatino, di dividere. E di affidare la rete addirittura a un Gruppo straniero americano, lo stesso che ha già comprato la Magneti Marelli e ne sta chiudendo le attività nel nostro Paese”.
Per il numero uno della Cgil, quello che sta succedendo in settori strategici industriali manifatturieri “è preoccupante. Come fa un Paese a essere un Paese industriale se non ha una sua industria siderurgica di qualità? Come possiamo continuare ad essere un Paese industriale se il settore non solo dell'auto ma della mobilità intera lo stiamo regalando e svendendo?”.
Stellantis deve produrre in Italia
Per Landini “il governo non può continuare a dare soldi a pioggia alle imprese senza porre il problema di tenere qui le produzioni, di fare quelle filiere che non ci sono. E questa questione riguarda direttamente tutto il settore dell'automobile. Riguarda anche Stellantis”. “A Torino come in tutta Italia - spiega Landini - non abbiamo bisogno semplicemente di aprire attività per il riuso e riciclo delle auto, che sicuramente sono una cosa da fare, ma abbiamo bisogno di avere nuovi prodotti da fare qui, nuove auto, nuovi modelli. A Torino come nel resto degli stabilimenti in Italia.
Landini ricorda che “tra i soci di Stellantis c'è lo Stato francese. Il più grande gruppo che oggi c'è al mondo di auto, la Volkswagen, è in parte di proprietà pubblica. Anche in Italia c'è la necessità in alcuni casi di un intervento diretto dello Stato nei settori strategici. Mentre il governo nella legge di bilancio per far quadrare i conti si è inventato che deve ricavare 20 miliardi dalle privatizzazioni”.
Difendere il lavoro
L’Italia è il Paese con gli orari di lavoro più alti di tutti gli altri e con i livelli di sfruttamento più alti di tutti gli altri, ricorda Landini: “Nella grande maggioranza delle imprese si è affermata la logica di appalti e subappalti. E ha portato le imprese non ad investire e a competere sulla qualità dei prodotti, sull'innovazione, sulla formazione, ma sulla riduzione dei diritti, sulla logica del massimo ribasso. E questo elemento ha prodotto un arretramento dei diritti e un aumento dei profitti”. Ma è l’ora di “cambiare questa situazione. Fare leggi che cancellino la logica dell'appalto al massimo ribasso non costa nulla. È una scelta politica e sociale che deve essere fatta per rimettere al centro il lavoro e la dignità delle persone”.
I rinnovi dei contratti
Per il segretario generale è “importante che nel settore delle banche sia stato siglato proprio ieri il rinnovo del contratto. Ed è altrettanto importante che si rinnovi il contratto del commercio e dei servizi, che riguarda milioni di persone. Sono quattro anni che non hanno il contratto, e il 22 di dicembre è stato proclamato nei loro settori lo sciopero generale. Dobbiamo fare in modo che quella non sia solo la loro lotta ma diventi la lotta di tutti noi”. Ma “la lotta per i rinnovi deve diventare una battaglia generale nei prossimi mesi. Lo diciamo al governo per quello che riguarda il rinnovo dei contratti pubblici, ma lo diciamo anche alle imprese. Tirino fuori i soldi e rinnovino”.
Dietro la precettazione una logica autoritaria
Infine Landini torna sul tema della precettazione. Sintomo di un disegno generale allarmante. “Quanto fatto dal governo sulla precettazione è grave - spiega - perché viene messo in discussione un diritto fondamentale. Non era mai successo nella storia democratica e repubblicana del nostro Paese. È un atto che mette in discussione il diritto del singolo cittadino lavoratore di aderire. Lo sciopero non è obbligatorio, è una libertà della persona. Se tu mi precetti stai mettendo in discussione quella libertà. È una logica autoritaria e antidemocratica”.
L’attacco alla Costituzione democratica
Una logica, spiega sempre Landini, che “viene da un governo che contemporaneamente vuole mettere mano alla Costituzione, addirittura mettendo in discussione il ruolo del Presidente della Repubblica e del Parlamento. Un governo che vuole arrivare all'autonomia differenziata, a dividere ancora di più il nostro Paese. Che pensa di reintrodurre persino le gabbie salariali, facendo in modo che i diritti siano diversi da regione a regione. Questo non è altro che un attacco alla democrazia e alla Costituzione ottenute grazie alla sconfitta dei fascisti e dei nazisti”.
La maggioranza del Paese siamo noi
Ma “senza la forza di chi lavora non c'è democrazia, e senza la dignità di chi lavora e la possibilità di vivere dignitosamente attraverso il lavoro non c'è la democrazia. Noi stiamo cercando di dare un futuro a questo Paese”, scandisce il segretario. “Da noi non sentirete mai una parola contro altre organizzazioni sindacali. Il nostro obiettivo non è semplicemente l'unità delle sigle sindacali, il nostro obiettivo è l'unità del mondo del lavoro. E va bene se il governo si preoccupa e ci convoca. Perché il messaggio che gli arriva dalle piazze di questi giorni - conclude Landini - è che loro non sono la maggioranza di questo Paese. La maggioranza del Paese siamo noi e abbiamo intenzione di andare avanti fino a quando non otterremo risultati”.