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I sequestri di 13 punti vendita e supermercati dislocati sul territorio della provincia di Palermo con l'arresto del loro gestore accusato di contiguità con la mafia rappresentano un fatto eclatante e molto grave, ma anche l'occasione di una riflessione profonda per mettere in moto una reazione sociale capace di riconquistare un terreno robusto di legalità.
Quanto emerge dalle indagini rende evidente come il sistema mafioso cerchi prima di tutto di esercitare il proprio potere, attraverso un controllo invasivo delle attività economiche e del lavoro di un determinato territorio. I modi possono essere talvolta modi violenti o legati a scambi di favori o modi legati ad estorsioni, usura e ricatti, ma la sostanza non cambia. Così la mafia diventa un vero e proprio cappio al collo che strangola qualsiasi prospettiva di sviluppo legale e uccide ogni libertà democratica.
La Cgil lo ha compreso da tempo. Non è un caso che la Filcams, insieme alla Camera del Lavoro di Palermo, già molti anni fa organizzò una mobilitazione contro il tentativo dello stesso Lucchesi di appropriarsi all'epoca del superamento Olimpo. Un supermercato allora sequestrato, con l'unico obiettivo di impedire che i lavoratori dessero vita a quella che poi è diventata una esperienza straordinaria di autogestione di un'azienda sottratta alla mafia.
Proprio quell'esperienza ci deve spingere adesso a far sì che da quei 13 sequestri rinasca una nuova esperienza di legalità, salvaguardando il lavoro dei 400 occupati e riconsegnando alla comunità palermitana un bene che la mafia aveva loro sottratto.
Occorre adesso fare in fretta. Occorre aprire con il Tribunale delle misure di prevenzione un confronto capace di ricostruire una rete importante con tutto il tessuto economico e sociale palermitano. Il nuovo Codice Antimafia, dopo la riforma del 2018 per la quale la Cgil si è battuta con la legge di iniziativa popolare che ha spinto il Parlamento a legiferare, rende possibile percorrere con più facilità questa strada.
Non sarà comunque una strada in discesa. La mafia farà di tutto per impedire che il bene sottratto venga immesso in un circuito di legalità. Il riutilizzo dei beni e delle aziende sequestrate e confiscate rappresenta uno straordinario strumento di contrasto al potere mafioso. Rappresenta anche una sorta di riscatto del lavoro. A quei lavoratori, loro malgrado coinvolti, venivano negati i propri diritti contrattuali, spesso sottopagati, talvolta vessati. Perché la mafia non vuole "uomini liberi " e non vuole l'agire libero del sindacato. Se e quando si svolgerà il processo la Cgil per queste ragioni si costituirà parte civile.
Adesso c'è bisogno di alleanze, di fare squadra, di coinvolgere le istituzioni. Questa è una battaglia di tutti coloro che vogliono costruire una prospettiva democratica di legalità.
Luciano Silvestri è responsabile Legalità Cgil nazionale