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In tutto il mondo il fenomeno del burnout riguarda circa il 20% dei dipendenti inseriti nelle aziende, soprattutto i giovani e quelli che non ricoprono posizioni manageriali. È quanto emerge dalla stima dell'Organizzazione mondiale della sanità, diffusa oggi.
Nello specifico, l’Oms definisce il burnout come “una condizione medica associata a stress cronico sul lavoro non adeguatamente gestito, inserendolo nella classificazione internazionale delle malattie”. La diffusione rivela uno scenario preoccupante: l'80% dei lavoratori appartenenti alla Generazione Z e millennials sarebbe pronto a lasciare il lavoro per colpa di una cultura aziendale tossica.
A rafforzare l’allarme arriva anche un recente sondaggio condotto dal McKinsey Health Institute, realizzato interpellando 30.000 dipendenti in 30 Paesi. Anche qui emergono risultati simili: il 22% dei lavoratori sperimenta sintomi di burnout, sebbene esistano differenze sostanziali tra le nazioni.
In particolare, i tassi più alti si evidenziano in India (59%), mentre i più bassi in Camerun (9%). L’Italia riporta il 16% dei sintomi del burnout, ma la percentuale di esaurimento delle forze e conseguente stanchezza fisica e mentale è molto più alta (43%).
Come detto, a livello demografico a soffrire sono i più giovani e coloro che non hanno posizioni gestionali. Per un sondaggio di People Management circa il 50% dei ragazzi e ragazze si dichiara stressato sul luogo di lavoro. Otto su dieci starebbero perfino pensando di dimettersi. Numeri, dunque, che disegnano una profonda diffusione di burnout, ansia e stress nei luoghi di lavoro praticamente di tutto il mondo.