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Quando si parla di appalti, da un lato si immagina la costruzione di strade e ponti, dall’altro si paventa l’intrusione della criminalità organizzata nell’economia sana. E lo sfruttamento del lavoro attraverso la catena dei subappalti e delle gare al massimo ribasso. E poi lentezza e burocrazia. Ma non è sempre esattamente così, anche se molto di vero in questa descrizione c'è.
Partiamo dall’inizio. Gli appalti non vengono banditi solo per opere pubbliche per la costruzione di infrastrutture materiali. Ormai una quota consistente delle gare riguarda servizi e terziario, dalle mense scolastiche ai servizi di pulizia, dalla guardianìa dei musei alla gestione dei supporti informatici nella pubblica amministrazione, fino all’acquisto di strumenti e dispositivi sanitari. Insomma non solo e non tanto di strade si tratta, verrebbe da dire. Oggi, con il Pnrr, ci sono circa 200 miliardi di euro di appalti per opere, servizi, forniture, concessioni in house.
Vero invece è che, spesso attraverso massimo ribasso e subappalti, il risparmio vero viene giocato sulla pelle dei lavoratori: si risparmia sul costo del lavoro, si risparmia su diritti e tutele. È vero è che per molto tempo questo era uno degli strumenti preferiti dalle organizzazioni criminali per accaparrarsi “lavoro” e soldi, e non solo. Proprio attraverso l’aggiudicazione di importanti lavori pubblici, in Sicilia, la mafia costruì una buona fetta del proprio consenso: “Con noi c’è lavoro”. Lavoro malato, certo, ma per chi lo cercava era comunque lavoro.
Nel 2016, anche grazie alla necessità di recepire la normativa europea, venne approvato il nuovo Codice degli appalti che aveva alcuni capisaldi assai importanti. Dal ruolo dell’Anac nel prevenire infiltrazioni illegali, allo stop alla legislazione derogatoria; dalla riduzione dell’affidamento diretto alla riduzione del subappalto; dall’applicazione del contratto collettivo di lavoro di riferimento alla responsabilità in solido del committente per i subappalti, fino all’applicazione delle clausole sociali per la continuità occupazionale. Quel Codice, però, non da tutti è stato amato e sono arrivati i decreti che ne hanno favorito la manomissione: lo Sblocca cantieri, il Semplificazione 1 e il Semplificazione bis.
Ma è proprio questo continuo intervenire sulle norme che è causa di rallentamenti. il sistema degli appalti ha bisogno di una legislazione normale, non derogatoria, non emergenziale, e che abbia un arco temporale di applicazione di almeno un decennio. Oggi, anche sulla spinta delle necessità di realizzare nei tempi dettati dell’Europa gli investimenti del Pnrr, il governo ha approvato una legge delega per la realizzazione di un nuovo codice. Quel testo è all’attenzione dell’VIII Commissione del Senato, che ha ricevuto in audizione anche le organizzazioni sindacali.
Secondo Sergio Genco, della Cgil nazionale, attraverso gli appalti si deve determinare "la qualità dello sviluppo, la qualità della spesa, la qualità del lavoro e dei contratti”. Se si parte da qui, allora ci si accorge che non sempre gli interventi che vengono proposti o realizzati servono davvero a velocizzare la realizzazione degli appalti, anzi. “Lo Sblocca cantieri non ha sbloccato nulla, e l’incertezza della norma che cambia di continuo è uno degli elementi che favorisce il blocco del sistema”. Poi le norme continuano ad intervenire solo sul codice, sarebbe invece assolutamente necessario intervenire sui tempi degli appalti, riducendo i tempi autorizzativi. E c'è una questione che sta assai a cuore al dirigente della Cgil: "Va riconsiderata la centralità dell'evidenza pubblica nell'appalto, perché senza questa caratteristica essenziale e con l'utilizzazione spropositata delle procedure semplificate senza bando di gara, insomma con gli affidamenti diretti, si alimentano procedure discrezionali, poco trasparenti che finiscono per penalizzare le imprese indebolendo la concorrenza".
Cgil, Cisl e Uil hanno consegnato ai senatori che stanno esaminando la norma varata dal governo una “memoria”. Lì sono indicati gli interventi necessari a rendere il nuovo Codice degli appalti davvero in grado di garantire qualità dello sviluppo, della spesa e del lavoro. Oltre alla stabilizzazione delle norme, secondo i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil Giuseppe Massafra, Andrea Cuccello e Tiziana Bocchi, che hanno illustrato la memoria in Parlamento, "non è più rinviabile un’autentica riforma delle stazioni appaltanti, che vanno drasticamente ridotte nel numero ma anche fortemente qualificate e rafforzate, a partire da una dotazione organica di personale tecnico e amministrativo congruo e adeguato”. In tale ottica – hanno proposto – una soluzione rapida potrebbe essere l’aggregazione territoriale delle stazioni appaltanti, individuando al contempo i livelli essenziali per poter essere considerate tali.
Qualità del lavoro, dicevamo. Ebbene, i sindacati hanno predisposto ben 8 punti indispensabili per garantire una effettiva tutela dei lavoratori: 1) estendere e rafforzare l'applicazione delle clausole sociali nei cambi d'appalto, per gli appalti sotto e sopra la soglia, in tutti i settori e rendendole obbligatorie, anche per i settori ad oggi sprovvisti. 2) Rafforzare l'applicazione del contratto nazionale e territoriale, come previsto dall’articolo 30 e dall’articolo 50 del D.lgs. 81/2021, riferito all’oggetto dell’appalto e alle attività (anche svolte in modo prevalente), contrastando il dumping contrattuale. 3) Prevedere, come è attualmente solo per i costi della sicurezza, l’esclusione anche del costo della manodopera come possibile oggetto di ribasso. 4) Ribadire, per come indicato dalle direttive europee, la centralità dell'offerta economicamente più vantaggiosa con il superamento del criterio del prezzo più basso. 5) Consolidare, estendere e rendere esigibile l'istituto della responsabilità in solido. 6) Rafforzare, nella costruzione dei bandi di gara, i meccanismi di premialità per assumere e incrementare la presenza di giovani e donne. 7) Rafforzare l'applicazione della normativa sulla prevenzione, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. 8) Prevedere bandi tipo e contratti tipo per standardizzare tutte le stipule tra contraenti (appaltante – appaltatore e appaltatore e subappaltatore), incentivando la contrattazione di anticipo.
Infine, nelle richieste e nelle proposte di Cgil Cisl e Uil non poteva mancare l’attenzione alla legalità, precondizione per un’economia sana e un lavoro dignitoso. Massafra, Cuccello e Bocchi sostengono: “Bisogna velocizzare e semplificare le procedure di appalto attraverso la piena attuazione presso l'Anac della banca dati nazionale dei contratti pubblici e il fascicolo virtuale dell'operatore economico. In questo ambito, occorre permettere l'interoperabilità tra la banca dati del Cnel relativa ai contratti collettivi nazionali, sottoscritti dalle associazioni dei datori e dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e quella dell'Anac, per permettere di monitorare e garantire il rispetto dei contratti collettivi anche in rapporto al subappalto”.
L’VIII Commissione del Senato è al lavoro. Aspettiamo fiduciosi i testi per scoprire se l’auspicio di Genco sarà realizzato: che gli appalti diventino strumenti per l’affermazione della qualità.