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Il Trentino è stato chiuso esattamente un anno fa, il 15 gennaio 2021, dopo la comunicazione dell'editore Michl Ebner, un giorno prima, che quello sarebbe stato l'ultimo giorno di lavoro. Solo un mese e mezzo prima, a fine novembre 2020, davanti alla Fnsi nazionale e al Cdr, chiamati per la fusione tra Sie e Seta, l'editore aveva sostenuto (e messo per iscritto) che l'unione delle due società non avrebbe comportato alcun sacrificio occupazionale.
La protesta
Oggi (15 gennaio) i lavoratori hanno manifestato davanti alla vecchia sede del giornale in via Sanseverino, a Trento, per richiamare l'attenzione su un editore che ha affossato i conti di un quotidiano con oltre 75 anni di storia, lasciando a casa i dipendenti ma continuando a percepire svariati milioni di euro di contributi pubblici.
I lavoratori sono tornati a raccontare come la chiusura sia stata gestita in modo brutale per tempi e modi. "Anche se l'editore – scrivono in una nota – aveva più volte ribadito che non ci sarebbero stati licenziamenti (in verità la cassa integrazione a zero ore è un licenziamento posticipato), solo tre giornalisti sono stati riassunti part-time al sito. Per gli altri solo chiacchiere e tanto fumo. Sono state prospettate sei soluzioni a dir poco umilianti: alla pubblicità (con il decadimento automatico dall'ordine dei giornalisti) o alla radio del gruppo, con compensi di un terzo dello stipendio. Soluzioni evaporate come tutte le promesse di Sie spa, senza nessuna valutazione su difficoltà personali oggettive o carichi familiari".
Dai conti in attivo alla chiusura
"Ricordiamo a chi ha la memoria corta – prosegue il documento del Cdr – che Seta spa negli ultimi anni prima dell'acquisto da parte di Athesia aveva i conti in attivo. L'ultimo anno di gestione del Gruppo Espresso era stato chiuso con un attivo superiore ai 300 mila euro. Da quando i conti sono stati gestiti dal Gruppo Athesia, guarda caso, la parola attivo è diventata sconosciuta. Tutto a causa di una serie di operazioni che definire avventate è un eufemismo".
La malagestione del gruppo Athesia
"Quando ha acquistato il Trentino – spiegano i cronisti della storica testata – Michl Ebner ha trovato in cassa oltre due milioni di euro: era il ricavato della vendita del Corriere delle Alpi al gruppo Espresso-Finegil. Uno dei primi atti dell'editore è stato quello di spartire tra i soci quella cifra. Sul Trentino sono stati caricati poi i costi della fallimentare acquisizione di Bazar e della casa editrice Curcu e Genovese, caldamente sconsigliata dal Cdr di Seta e dai giornalisti. L'inserto Monitor ha avuto anch'esso scarsa o nulla fortuna, visto che era stato ideato come contenitore di pubblicità ma di pubblicità non ne aveva e serviva a ingrassare solo le casse di Athesia che lo stampa.
Ovviamente il conto lo pagavano sempre le casse di Seta. "La voragine si è creata – prosegue la nota – solo nell'ultimo anno, quando la perdita del solo Trentino è triplicata, a dire di Athesia, nell'arco di pochi mesi. Un vero e proprio capolavoro di gestione. Un capolavoro completato con la chiusura del giornale lasciando sulla strada i giornalisti. I pochi recuperati dalla Sie e dall'editore si sono dovuti accontentare di un contratto part-time, mentre il solo direttore è stato tenuto con un contratto equivalente al precedente, con il riconoscimento implicito dei meriti alla guida del Trentino".
La condotta antisindacale dell'editore
È cronaca di questi mesi la condanna di Ebner da parte del Tribunale di Trento per condotta antisindacale per le modalità e la tempistica dei licenziamenti. Nonostante questo, l'editore persevera nel negare ai quattro giornalisti che fino ad oggi si sono licenziati (perché hanno trovato un'altra occupazione) la dovuta indennità di mancato preavviso (9 mesi di stipendio che dovranno essere pagati anche a tutti gli altri allo scadere della cassa integrazione). Dopo la disponibilità iniziale, al tavolo di conciliazione aperto in Provincia l'editore si è anche rifiutato di finanziare i corsi di formazione per i giornalisti.
Utili privatizzati, perdite socializzate
Il sindacato dei giornalisti ha più volte sottolineato il fatto che in questa vicenda sono stati privatizzati gli utili e socializzate le perdite. Basti pensare che lo stesso editore che ha lasciato senza lavoro 40 tra dipendenti e collaboratori riceve ogni anno dallo Stato italiano sei milioni di euro per il quotidiano Dolomiten. "Chi percepisce contributi pubblici – ha dichiarato il sindacato – ha un dovere in più verso la comunità". "Anche in questa occasione – conclude il comunicato – tocca constatare che, oltre al danno per la perdita del posto di lavoro, ai giornalisti dell'ex Trentino si aggiunge l'amara beffa di avere a che fare con un editore drammaticamente inadeguato e senza vergogna".