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Uber Eats ITALY condannata per condotta anti sindacale dal tribunale di Milano per aver omesso di attuare le procedure di consultazione con le organizzazioni sindacali per la cessazione delle attività di food delivery in Italia.
Il tribunale ha ordinato all’azienda di revocare ‘tutti i recessi’ comunicati ai rider e di avviare con le organizzazioni sindacali promotrici del ricorso, NIdiL Cgil, Filcams Cgil e Filt Cgil di Milano, le procedure di confronto in materia di delocalizzazione e licenziamento collettivo ex lege 234/2021 ed ex lege 223/91, di comunicare a tutti i circa 4mila rider il provvedimento e di pubblicarlo sul proprio sito aziendale, sulle pagine Facebook e Instagram e sui principali quotidiani nazionali.
Le tre sigle sindacali si dichiarano totalmente soddisfatte per lo straordinario risultato, in quanto "sono state totalmente accolte le rivendicazioni" da loro avanzate con fermezza durante il confronto con la multinazionale. Dalla Cgil nazionale, Nicola Marongiu, coordinatore dell’Area Contrattazione, spiega i motivi della straordinaria importanza di questa sentenza che sono principalmente due.
“Il primo - afferma Marongiu - consiste nel fatto che nessuna azienda può sottrarsi in Italia alla norma del 2021 sulle delocalizzazioni, quindi, quando le imprese cessano integralmente le attività sul territorio nazionale, sono obbligate a darne informativa preventiva alle organizzazioni sindacali nei 180 giorni precedenti. Il punto è fondamentale perché, nell’ottica di prevenire le crisi occupazionali che si determinano con i processi di delocalizzazione, nessuna impresa può sottrarsi a questa previsione”.
Il secondo punto riguarda l’affermazione secondo la quale “a prescindere dalla qualificazione del rapporto di lavoro (la sentenza riconosce il carattere subordinato ma vale anche per gli eterorganizzati) vanno attivate le procedure sui licenziamenti collettivi, mentre Uber lo ha fatto solamente per i 49 dipendenti diretti e non per gli oltre 8000 rider che con l’azienda hanno lavorato”.
Marongiu aggiunge che “la sentenza afferma questi due aspetti fondamentali e mette in mora la società con la necessità di riattivare le procedure e darne comunicazione ai lavoratori interessati”. Il giudice impone quindi a Uber, oltre all’obbligo di pubblicità della sentenza e di avviso sugli organi di informazione, di “dare comunicazione diretta ai rider che il licenziamento è di natura illegittima attraverso la piattaforma e il sito e di riattivare la procedura indicando anche i sindacati che devono convocare al tavolo” vale a dire NIdiL Cgil, Filcams Cgil e Filt Cgil di Milano.
“Valuteremo anche noi, come Cgil nazionale, quale atteggiamento adottare – conclude Marongiu- L’obiettivo è quello di garantire la tutela dei lavoratori che hanno avuto la cessione del loro rapporto di lavoro dalla sera alla mattina, senza alcun avviso e senza accesso a strumenti di protezione sociale”.