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Membro del Comitato direttivo nazionale della Cgil dal 1977, nel 1979 Antonio Pizzinato viene eletto segretario generale della Camera confederale del lavoro di Milano, quindi - a partire dal maggio del 1980 - è membro della Segreteria regionale della Cgil Lombardia. Nel 1981 lascia la Camera del lavoro per dedicarsi a pieno tempo alla direzione della Cgil regionale. Tre anni più tardi, nel luglio del 1984, è eletto nella segreteria nazionale della Cgil. Nello stesso anno, diventa giornalista pubblicista.
Ricorda lui stesso:
Dal 17 al 19 di aprile a Chianciano si tiene la conferenza nazionale della Cgil sulle politiche contrattuali e rivendicative dopo l’accordo separato e la manifestazione nazionale mentre è ancora in corso il dibattito parlamentare. Un confronto serrato, l’approvazione di una serie di documenti elaborati nelle commissioni, un tentativo di compiere un passo in avanti nel rilanciare le politiche della Confederazione. Il 6 maggio sera mi reco a Roma perché il mattino dopo ho un colloquio con Luciano Lama. È il seguito di altri colloqui avuti con lui e non solo con lui. Avevamo già discusso più volte sulla proposta di trasferirmi a Roma e operare in segreteria nazionale. Me ne aveva parlato Trentin, Reichlin assieme a Lama e anche Berlinguer. Mentre Galli insisteva perché andassi alla Fiom nazionale, anche nella prospettiva che terminato il mandato congressuale lui lasciasse la categoria. Al mattino mi alzo e mentre esco dal solito albergo in via del Viminale, dove un tempo c’era la sede della Fiom nazionale, Bellocchio mi informa che la sera prima Enrico Berlinguer, mentre teneva un comizio a Padova, è stato male, è all’ospedale in coma. Sono costernato, mi sembra impossibile che sia potuto accadere, anche in relazione all’ultima volta che gli avevo parlato, mentre partecipavo ad un incontro pubblico.
In Cgil, si svolge l’incontro con Lama e Gianfranco Rastrelli, all’epoca responsabile dell’organizzazione. Quest’ultimo entra nel merito dei motivi che hanno reso non più prorogabile il colloquio, “dopo che abbiamo ragionato sullo stato di Berlinguer alla luce anche delle informazioni che Luciano Lama aveva avuto direttamente dalla Direzione del Partito e da Padova. La proposta è di eleggermi in segreteria Cgil al primo Consiglio generale della Cgil e di trasferirmi immediatamente a Roma, poi Lama secco aggiunge ‘e adesso Antonio, non penserai mica, a fronte di quanto è accaduto a Berlinguer ed al suo stato di fare marcia indietro. Venire in Cgil è anche un obbligo morale che hai verso di lui’. Esaminiamo vari aspetti politici ed alcuni organizzativi, concordando di esaminare gli altri aspetti con Rastrelli. Angosciato per le condizioni di Berlinguer, ritorno a Milano”.
L’11 giugno, senza riprendersi, Enrico Berlinguer muore. “I funerali - ricorda ancora Pizzinato - si svolgeranno a Roma, un’imponente manifestazione di affetto, di cordoglio. Il 17 giugno, alle seconde elezioni del Parlamento europeo, il Pci, per la prima volta, supera la Democrazia Cristiana, con un numero di voti che non ha precedenti. Il 26 giugno il Comitato centrale elegge Alessandro Natta segretario del Pci. Nei giorni successivi, il 20 luglio, si riunisce il Consiglio generale della Cgil. Vengo eletto in Segreteria nazionale e sono invitato a trasferirmi rapidamente a Roma perché durante il mese di agosto devo già fare il turno di 15 giorni di presidio della Segreteria. Vado ad abitare in un micro appartamento in corso d’Italia 102, proprio all’altezza e di fronte al monumento che ricorda la Breccia di Porta Pia. Il 26 luglio si svolge la riunione del Consiglio regionale della Lombardia con Lama, lascio la responsabilità regionale. Paolo Lucchesi viene eletto segretario aggiunto, in mia sostituzione”.
Due anni più tardi, quando al Congresso del febbraio-marzo 1986 Luciano Lama lascia la Cgil, Antonio Pizzinato viene eletto segretario generale della Confederazione.
“Ringraziai i compagni - racconterà - ma chiesi comprensione. Non ero preparato a quell’incarico e lo dissi: mi serviva un po’ di tempo per formarmi meglio. I compagni rifiutarono. Mi dissero che avrei dovuto accettare senza se senza ma. E così feci”. Così fece, con lo spirito di organizzazione, la fedeltà e l’amore per la sua Cgil, la militanza che da sempre hanno contraddistinto il suo agire ed il suo operato.
Lasciata la guida della Confederazione nel 1988 nelle sapienti mani di Bruno Trentin, nel 1992 Antonio è eletto deputato, nel 1994 consigliere comunale a Sesto San Giovanni e nel 1996 senatore, ricoprendo l’incarico di sottosegretario al Lavoro nel primo governo Prodi. Nel 2007 diventa presidente regionale dell’Anpi Lombardia, di cui è tuttora presidente onorario. “È sempre bello aprire la sezione - diceva poco tempo fa - Ogni mattina, fino a dicembre scorso, andavo all’Anpi della mia città, Sesto San Giovanni. Avevo le chiavi, alzavo la serranda. Mi mettevo lì dopo essere passato dall’edicola”.
“La militanza - diceva - è uno spirito che ti resta in corpo e non ti lascia più. È una febbre e non c’è antibiotico che scacci l’intruso come non c’è delusione che appanni la passione. Gli incarichi, anche quelli più umili come sicuramente lo è infilare le chiavi nella serratura ogni mattina, non li giudichi per la loro consistenza ma per il senso che hanno. È il valore politico di un gesto: aprire la casa dei partigiani, che sia inverno o estate. Che si abbia venti o novant’anni”. Anche per questo grazie, Antonio.