PHOTO
La fase 2 è online. Almeno per alcuni. Non ditelo agli oltranzisti del lockdown, ma in Sardegna qualche albergatore promette già da maggio vacanze da favola, economiche e covid-free. Come se nulla fosse accaduto? No, il mantra degli ostinati imprenditori del turismo è cogliere le opportunità sprigionate dalla crisi. Non tutti, c’è chi è deciso a chiudere il sipario sulla stagione 2020, bruciando posti di lavoro e negando l’ospitalità. Il presidente della Regione Christian Solinas ha chiuso le spiagge fomentando malumori bipartisan: esponenti della maggioranza di centro-destra chiedono di correggere il tiro per dar modo agli stabilimenti balneari di fare almeno la manutenzione.
Indotto compreso, il turismo sardo vale circa il 14 per cento del Pil. L’Aspal, agenzia regionale per il lavoro, dice che il 72,6 per cento degli imprenditori delle vacanze limiterà le assunzioni stagionali, il 55 per cento in maniera drastica. Secondo uno studio commissionato da Federalberghi a Giacomo Del Chiappa, docente del dipartimento di Scienze economico aziendali dell'Università di Sassari, nel mese di luglio il 41 per cento dei 300 albergatori intervistati non ha subìto cancellazioni, in agosto la percentuale raggiunge quasi la metà, sale fino al 64 per cento a settembre e 73 per cento a ottobre. Non tutti vogliono, o pensano, di dover rinunciare alle vacanze. Il settore però, aspetta con una certa impazienza indicazioni precise su protocolli e regole per gestire quel che resta della stagione.
“La primavera – dice la segretaria regionale Filcams Cgil Nella Millazzo – è iniziata malissimo per gli oltre 40 mila stagionali rimasti a casa ad aspettare bonus e assegni di cassa integrazione”. Elena Tardea, nata in Romania 37 anni fa e barista all’aeroporto di Olbia da dieci anni, ha firmato a novembre scorso il suo primo contratto a tempo indeterminato, da aprile a ottobre: “Sono in cassa integrazione, più del virus, temo lo stop ai voli ma non sono pessimista, quando l’aeroporto ripartirà saremo attrezzati”. Guanti e mascherina li ha già indossati fino al blocco del 12 marzo: “Mi avevano chiamata per alcuni extra, il resto del mese l’ho passato a casa, con uno stipendio di 180 euro e l’attesa di rientrare al lavoro”. Anche con un contratto di soli sette mesi all’anno, “che poi – dice – è una fregatura perché non mi spetta neppure la Naspi”. Ma questa è un’altra storia, che però spiega quanto il turismo sia vitale in un’isola dove oltre il 60 per cento della forza lavoro del settore ricettivo e della ristorazione trova occupazione solo nella stagione estiva.
Se salta tutto, i riflessi saranno devastanti e prolungati, non si tratta di arginare l’emergenza con qualche bonus, ma di pianificare la ripartenza. Delle 134 mila 730 domande di bonus arrivate all’Inps già a metà aprile, 48 mila provengono dal Nord Sardegna, la maggior parte riguarda la filiera del turismo. “Il 68 per cento delle richieste di Fis, strumento di integrazione salariale, arriva proprio dalle principali società che operano nel settore”, fa notare la segretaria Cgil Gallurese Luisa Di Lorenzo. Il territorio soffre la débâcle dell’Air Italy – quel che restava dell’ex compagnia di bandiera fondata nel 1963 dal principe ismaelita Aga Khan, prima Alisarda poi Meridiana – messa in liquidazione a due anni dall’inizio del rilancio targato Qatar Airways . Ora però è tutto il comparto aereo a rischio: all’aeroporto di Olbia l’anno scorso sono transitati 2 milioni e mezzo di passeggeri, concentrati nei mesi estivi e provenienti per la metà da voli internazionali. Nello scalo di Cagliari-Elmas i numeri raddoppiano. La Regione pensa a un passaporto sanitario da rilasciare all’arrivo in porti e aeroporti dopo il test rapido sul covid19. Ma nessuno sa ancora come, chi e a quali costi viaggerà. E quindi: quale turismo avremo se dovrà contenersi dentro i confini nazionali o, peggio ancora, regionali?
“Ci vorrebbe un miracolo”, sintetizza Luigi Portarulo, 61 anni, maitre stagionale negli hotel della Costa Smeralda dal 1978, il Cervo, il Cala di Volpe, il Romazzino, e insegnante di sostegno precario all’alberghiero di Arzachena. “Io e i miei colleghi stagionali non sappiamo se, quando e come il turismo ripartirà – spiega – ma confidiamo che nei nostri hotel venga messa a punto una strategia per garantire standard di lusso e sicurezza a prova di Covid, le soluzioni si possono trovare e sappiamo che sono in fase di studio”. La preoccupazione viaggia sul gruppo Whatsapp della Brigata di sala, dove l’ansia da contagio è mitigata da una consapevolezza: “Ci metteranno nelle condizioni di lavorare in sicurezza, certo, temiamo anche che non ci chiamino”. Nel frattempo Portarulo guida insieme agli altri insegnanti via Skype la quarta e la quinta classe dell’alberghiero verso fine corso: “Anche i ragazzi sono preoccupati, il diploma è un via libera per le stagioni invernali in Svizzera, Germania, Gran Bretagna, nessuno può dire cosa accadrà”.
Anche il Sud Sardegna macina idee e progetti innovativi per far fronte al dopo emergenza: i Comuni di Cagliari e Villasimius sono i primi partner, insieme a consorzi turistici e associazioni di categoria, del Progetto etico di rinascita (Per) che mira a rilanciare l’offerta turistica con gli strumenti della tecnologia. Si basa su una piattaforma digitale che fornirà strumenti come la welcome card, scaricabile grazie a una app per tracciare le presenze turistiche e sondare i luoghi di maggior interesse, i voucher per le prenotazioni di soggiorni, servizi, escursioni e tutto ciò che ruota intorno all’offerta turistica. Può certamente passare per il digitale la via per la ripartenza, soprattutto dopo l’iniezione di virtualità a cui l’emergenza ha costretto milioni di persone. A casa ma perennemente connessi. Le vacanze però vien difficile immaginarle attraverso lo schermo di pc e telefonini. Ci adatteremo a tutte le soluzioni possibili. Sotto il sole, il sapore di sale fra le labbra e i piedi affondati sulla sabbia sanificata, lo sguardo attraverserà i pannelli in plexiglass anti-virus. Tanto, là dietro, il mare cristallino della Sardegna ci sarà lo stesso.