“Direttiva case green, Pnrr sono e saranno gli assi portanti di tutta la nostra filiera. Il governo deve convocare le parti sociali e aprire un confronto serio sul piano che deve predisporre entro il 2026. La smetta con il vittimismo dei bonus edili, una misura gestita male da tutte le forze politiche. Lo spirito dell’incentivo deve andare nella direzione di una politica industriale. Un piano di efficientamento del nostro patrimonio edilizio è urgente e prioritario. Serve un progetto di lungo periodo con regole certe, sostenuto dalle tante risorse pubbliche che la programmazione Europea mette a disposizione”. A dirlo è Antonio Di Franco, che l'11 ottobre ha preso il testimone da Alessandro Genovesi come segretario generale della Fillea Cgil.

La necessità della transizione ecologica e digitale investe pienamente il settore e pone sfide complesse. Quale sarà il ruolo del sindacato in questo processo?

IMAGOECONOMICA
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Antonio Di Franco

Per noi la direttiva case green rappresenta un pezzo strategico della politica industriale del nostro Paese, che non riguarda solo le costruzioni. Gli effetti impattano su una parte importante del manufatturiero italiano. Le tante risorse pubbliche fin qui spese vanno redistribuite a partire dal rinnovo del Ccnl dell’edilizia. I salari vanno sostenuti recuperando l’inflazione con aumenti sui minimi. Le imprese sono riuscite a mantenere i propri margini trasferendo i maggiori costi sui prezzi finali. I lavoratori invece sono in difficoltà e va data una risposta importante così come da noi richiesto. Abbiamo le nostre proposte che non possono prescindere dal sostegno della finanza pubblica ai lavoratori e ai pensionati incapienti con redditi bassi. Le costruzioni realizzano i prodotti dove abitiamo nel senso di abitare il mondo. La necessità della transizione ecologica e digitale nel nostro Paese investe pienamente il settore e pone sfide complesse per lo sviluppo dell’ambiente costruito.

Eppure per anni l'edilizia è stata sempre considerata la filiera del cemento, il settore meno “verde” che si potesse immaginare
Ma noi non siamo più il sindacato di un settore che consuma in maniera espansiva suolo o che punta alla frenetica costruzione di nuove case. Secondo i dati Ispra, nel primo decennio del 2000 il consumo di suolo era di 210 Km2 l’anno, nel secondo decennio si è passati a 60 km2 di cui solo il 16% da ricondurre a nuove abitazioni. L’Istituto di ricerca più autorevole in materia, il Cresme, ci dice che oggi il settore costituisce il 25,4% del Pil, vale a dire un quarto dell’economia italiana. Votare contro la direttiva case green, negare gli effetti del mutamento climatico, continuare a dire che l’efficientamento energetico è una ‘roba da ricchi’, significa non avere una idea di futuro, non cogliere la portata industriale della sfida, non ascoltare il disagio di chi vive nelle periferie, nelle aree interne abbandonate e spopolate, di chi non ha una casa, di chi non può ristrutturarla o comprarla. E ancora significa negare la realtà delle fasce più fragili e degli anziani che sono costretti soprattutto d’estate, per effetto dell’innalzamento delle temperature, a vivere in termosifoni di cemento letali, che annullano anche la socialità dei palazzi e dei quartieri, spesso l’unica risorsa contro la solitudine. Le risorse pubbliche ci sono: 24 miliardi di euro dal Pnrr, 86 miliardi di euro dal Fondo sociale europeo per il clima, 330 miliardi di euro, nella programmazione 2021‐2027 del Fondo sviluppo e coesione, 43 miliardi di euro dal Fondo Transizione Giusta.

Un'altra sfida che la Fillea dovrà affrontare a breve è il tavolo per il rinnovo del contratto. Quali sono le vostre richieste e quali gli scogli più difficili da superare?
Il salario è il tema quasi esclusivo dei tavoli aperti del contratto nazionale dell’edilizia. La trattativa è iniziata a metà settembre. Quasi un milione di lavoratori aspettano risposte. Lavoratori che fanno un mestiere complicato e che in questi anni, dalla pandemia in poi, non si sono fermati mai. Il loro lavoro ha trainato l’economia in un momento difficilissimo e meritano rispetto. Le nostre controparti si sono sempre dimostrate serie ed affidabili e in questi anni, con loro, abbiamo fatto cose importanti. Con più di 400 miliardi investiti in edilizia in questi anni, siamo sicuri che sentiranno la responsabilità della redistribuzione e che non si sottrarranno a quella sociale. Nel recente passato hanno dimostrato visione e determinazione su temi importanti, scommesso insieme a noi su regolarità e legalità.

Tra l'altro, negli scorsi anni la contrattazione nel settore delle costruzioni ha ottenuto risultati molto significativi. Quali sono i prossimi obiettivi?
In questi anni la nostra contrattazione ha provato a qualificare il lavoro aumentando i salari, rilanciando il nostro welfare contrattuale, rafforzando la sicurezza, contrastando il dumping e il lavoro irregolare. Abbiamo fatto un lavoro straordinario che va difeso e migliorato a partire dai prossimi rinnovi dei contratti. Le imprese di tutti i nostri comparti godono di buona salute, pertanto è arrivato il momento della redistribuzione e del recupero del potere di acquisto dei salari. La nostra impostazione è rigida e classica: niente welfare aziendale‐benefit nel modello, salario fresco e innovazione come la doppia pista del legno, che ha dato grande soddisfazione a tutti i lavoratori. Aumenti sui minimi significa davvero rafforzare pensioni e redditi dei lavoratori e delle famiglie. Pertanto ritengo che il salario è salario. L’aumento va inserito in busta paga sui minimi e 4 il lavoratore decide cosa compra e come lo spende. Basta con la narrazione tutta padronale. Il welfare aziendale è uno strumento percorribile, solo nella contrattazione aziendale e territoriale. Se davvero mancano lavoratori la ricetta è semplice, basta rispettarli, pagarli di più, premiarne il merito e capire che i loro diritti sono diritti, non ‘gentili concessioni’ affidate alla discrezionalità di chi si fa chiamare imprenditore.

Dumping, lavoro irregolare e sicurezza, però, restano temi di attualità. Cosa farete?
Sono anni che il dumping contrattuale rappresenta un elemento divisivo per i lavoratori, indebolendo la lotta e la funzione di ognuno di noi. Dobbiamo stare molto attenti in materia dei lavori pubblici, monitorando la discussione, che in questo momento si è di nuovo aperta sul codice dei contratti. Abbiamo fatto uno straordinario lavoro, reintroducendo la norma sulla parità di trattamento economico e normativo, ma non dobbiamo sottovalutare diverse insidie. Ecco perché dobbiamo produrre vertenzialità in merito e batterci ancora per una legge sulla rappresentanza. La possibilità, data dal codice, che legittima il ‘subappalto a cascata’, impone sempre più la necessità che le committenze approntino strategie di controllo della filiera, in termini di verifica della qualità delle imprese, di realizzazione delle opere, del rispetto delle regole del lavoro e della sicurezza. Oggi il subappalto, insieme al dumping contrattuale, sono il principale strumento di riduzione dei costi diretti. Non è pensabile lasciare il tema della regolarità in mano ai soli operatori economici. Sono i soggetti meno interessati a operare verifiche che possono impattare negativamente sul tentativo di comprimere i propri stessi costi. La sostenibilità, di cui ci parlano l’Unione europea e lo stesso codice, deve essere prima di tutto sociale e non può non passare prima di tutto dal lavoro.


Elezione Antonio Di Franco
Elezione Antonio Di Franco

L’elezione di Di Franco a segretario generale della Fillea Cgil


Che ruolo avranno welfare contrattuale e bilateralità nella strategia futura della Fillea?
Il welfare contrattuale e la bilateralità sono un pilastro centrale della nostra strategia futura. La ricomposizione della filiera delle costruzioni è l’obiettivo. Lo abbiamo fatto in edilizia, dobbiamo puntare a farlo anche negli impianti fissi, per garantire maggiori diritti e prestazioni a tutti i lavoratori delle costruzioni. Immagino un unico fondo di previdenza complementare delle costruzioni, che sappia valorizzare tutte le competenze espresse nel nostro mondo. Per i fondi sanitari integrativi la cosa è difficile, ma non impossibile. Intanto dobbiamo riflettere sul ruolo effettivo della sanità integrativa, che non può essere sostitutiva. Tutto questo è frutto degli scarsi investimenti nella sanità pubblica, soprattutto di questo governo. Non possiamo accettarlo. La sanità pubblica è la priorità in assoluto, dobbiamo essere in piazza il 19 ottobre per manifestare e mostrare il sostegno per la salvaguardia di un servizio essenziale e primario. Stiamo redistribuendo tante risorse ma altrettante, che rimangono blindate a riserva nei bilanci, vanno spese a partire dai rinnovi in corso dei nostri 130 integrativi territoriali. Con nuovi compiti e funzioni che pongono come non mai le casse edili al centro del sistema. Infine rispetto al fondo anticipo pensionistico, siamo riusciti con la contrattazione a dare la possibilità a tanti lavoratori di andare in pensione in anticipo fino ad un massimo di quattro anni. Abbiamo pensato a tutti quelli che in edilizia hanno buchi contributivi, a tutti quelli che vogliono smettere di lavorare ma ai quali una legge ingiusta e sbagliata, non lo permette.