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Mi chiamo Simona, sono traduttrice tedesco-italiano e viceversa, ho la partita Iva da circa 20 anni e prima ero con la ritenuta d’acconto. Vengo pagata a cottimo con una tariffa che è davvero bassa: per una cartella (1.500 battute) mi vengono corrisposte 12 euro lorde (circa 0,06 euro a parola). La mia media è di una cartella e mezza circa all'ora (dipende dalla difficoltà del testo). Ci sono settimane molto impegnative, altre meno. Quando va bene riesco a fatturare 1.700 euro lorde al mese, in regime forfettario, che netto equivale a 1.200 al mese. Ma non è così tutti i mesi.
Dieci anni fa sono stata costretta, pena la perdita delle commesse, ad acquistare il software Trados che rileva le frasi ripetute in un testo: il compenso a cartella viene diminuito a seconda della percentuale di ripetitività. Questo ha consentito alle agenzie di essere più competitive, proporre prezzi più bassi al cliente e quindi dare compensi inferiori al traduttore. Ho installato da sola il software, ho imparato a usarlo anche se alla fine va a scapito mio (paradosso!).
Un’ulteriore riduzione del compenso è arrivata con un plug-in di Trados (a pagamento) che in sostanza fa la traduzione in automatico. Quindi, se revisiono una traduzione, la tariffa è dimezzata: 6 euro la cartella, cioè circa 0,03 euro a parola. In questo modo il lavoro diventa più intenso se vuoi arrivare allo stesso risultato mensile, e soprattutto alienante. Dov’è il compenso equo?
Finora mi sono rifiutata di farlo, ho resistito, perché dopo vari tentativi mi sono resa conto che il lavoro di revisione mi richiede lo stesso tempo impiegato effettivamente per fare una traduzione ex-novo. Per adesso le agenzie mi sono venute incontro, senonché piano piano questi traduttori automatici stanno diventando sempre più performanti e fra poco sostituiranno l’uomo.
Dovrò quindi adattarmi all’evoluzione e accettare di fare lavori di revisione e non più di traduzione, anche se in questo modo, ne sono convinta, contribuisco ad arricchire la banca dati dei programmi automatici di traduzione.
Credo che questa evoluzione stia toccando progressivamente tante professioni. Proprio in questi giorni sentivo la notizia dello sciopero degli sceneggiatori americani perché sono stati creati software di IA che, a partire da un romanzo, per esempio, riescono a creare sceneggiature molto valide o altri software che riescono a imitare alla perfezione la voce di un attore per creare una voce artificiale per il doppiaggio.
Siamo in un momento di transizione complicata per tutti, di cui è molto difficile prevedere l’esito.