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Durante l'emergenza coronavirus ThyssenKrupp ha fatto di tutto per poter riavviare la produzione delle acciaierie Ast di Terni il prima possibile, anticipando i tempi previsti dal governo per la siderurgia e sollevando non poche perplessità tra i suoi stessi lavoratori. Poi, a distanza di poche settimane, l'annuncio: Ast è in vendita, ThyssenKrupp non è più interessata a produrre acciaio inossidabile in Italia.
Oggi, 28 maggio, al ministero dello Sviluppo Economico c'è stato il primo round di un confronto che si annuncia lungo e complesso. “La scelta di ThyssenKrupp di considerare non più strategica la produzione dell'acciaio non solo mette in discussione le prospettive di Acciai Speciali Terni, ma si configura come una decisione in netta discontinuità con la storia della multinazionale – afferma Gianni Venturi, segretario nazionale e responsabile siderurgia Fiom-Cgil - Siamo infatti di fronte ad una scelta che smonta l'idea stessa di grande gruppo siderurgico, e che avviene dopo la mancata fusione con Tata Steel nel 2017 e dopo la vendita della divisione Elevator per 17 miliardi di euro nel 2019”.
Per la Fiom, la motivazione di ThyssenKrupp secondo cui Ast rappresenta un sito di cui non si vedono prospettive future sostenibili, non può che destare preoccupazione ed incertezza tra i lavoratori di Terni. “Ad un andamento finanziario nell'anno fiscale che fa registrare una perdita di circa 2 milioni di euro, dopo due anni di utili – continua Venturi - si sovrappongono le ricadute dell'emergenza legata alla pandemia da Covid-19: la linea di colata continua è ferma da 15 giorni, l'organizzazione della produzione nel tubificio passa da 15 a 10 turni e l'amministratore delegato afferma che non ci saranno le condizioni per confermare i contratti di lavoro degli interinali attualmente impiegati nel sito di Terni”.
Al di là delle voci che hanno già cominciato a circolare, alimentate anche da uscite (forse premature) dello stesso ministro Patuanelli su possibili interessamenti da parte di Arvedi e Marcegaglia, non ci sono al momento manifestazioni formali di interesse. Certo è che la fase in cui ThyssenKrupp ha deciso di annunciare la messa di Ast sul mercato è assolutamente penalizzante.
“La riunione di oggi è stata utile per far capire ancora meglio al governo il valore delle produzioni di Terni e che la vendita ha di per sé una complessità evidente – commenta Alessandro Rampiconi, segretario generale della Fiom Cgil di Terni - Bisogna mettere in campo le tutte azioni necessarie a garantire lo sviluppo del sito nella fase transitoria, ma su questo punto registriamo già una prima criticità vista la mancanza di impegni da parte dell'azienda che addirittura mette in discussione i 120 lavoratori interinali”.
Per quanto riguarda i possibili compratori, per la Fiom non ci sono pregiudiziali: “La differenza – spiegano dal sindacato - la farà il piano industriale, la solidità produttiva e commerciale, gli impegni ed i vincoli sul versante occupazionale e della sostenibilità ambientale e la capacità di stare su un mercato sempre più globale”. In questo senso però è da scartare, secondo la Fiom qualsiasi ipotesi di 'spezzatino', che invece di puntare sull'integrità del sito e su una valorizzazione strategica delle sue produzioni, ricerchi una modalità di cessione separata degli asset.
“Occorre garantire che il Governo tenga saldamente in mano un percorso nel quale la vicenda della cessione di Ast, pur rispondendo alle regole e ai tempi di una trattativa tra privati, sia valutata con attenzione in tutte le sue ricadute industriali ed occupazionali – conclude Gianni Venturi - In questo senso la sottosegretaria Morani, a conclusione dell'incontro di oggi convocato dal Mise, riaffermando i caratteri strategici e gli obiettivi di salvaguardia del sito di Terni, ha assunto l'impegno di convocare un tavolo di settore che possa contribuire alla definizione di una piano nazionale per la siderurgia in una stretta relazione con i principali produttori e le parte sociali”.