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Significativa l’adesione alla giornata di sciopero e mobilitazione indetta dalle organizzazioni sindacali nazionali di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs per il rinnovo dei contratti nazionali del Terziario, Distribuzione e Servizi, della Distribuzione Moderna Organizzata, della Distribuzione Cooperativa, e del comparto turistico ricettivo alberghiero, della Ristorazione Collettiva e Commerciale, delle Agenzie di Viaggio e delle Aziende Termali, applicati complessivamente ad oltre 5milioni di lavoratrici e lavoratori, in attesa da troppo tempo di risposte normative e salariali.
Lo sciopero, proclamato per l’intero turno della giornata lavorativa, ha registrato una media del 70% nei diversi settori del terziario, con punte del 100% in alcuni punti vendita della distribuzione commerciale e unità produttive, del turismo e della ristorazione collettiva e commerciale.
In più di 20mila si sono riversati nelle piazze della protesta, a Roma, Milano, Napoli, Cagliari e Palermo. Le delegate e dei delegati intervenuti dai palchi allestiti per i comizi conclusivi hanno espresso tutto il loro dissenso verso l’atteggiamento dilatorio delle associazioni imprenditoriali di settore che, pur dichiarandosi disponibili al confronto, disconoscono le attese e le necessità delle lavoratrici e dei lavoratori e gli accordi interconfederali a suo tempo sottoscritti, mentre le imprese registrano un progressivo aumento dei fatturati, terminata la lunga scia della fase pandemica.
Riflettori accesi sulle condizioni di lavoro, dove le retribuzioni non allineate al costo della vita fanno il paio con la estrema flessibilità presente nei settori interessati, ad occupazione prevalentemente femminile, con un’alta incidenza di part-time involontario, part-time ciclico verticale, contratti a termine e stagionalità. Netto il rifiuto alle pregiudiziali poste dalle associazioni imprenditoriali ai tavoli di trattativa su istituti contrattuali a contenuto economico che aggraverebbero ulteriormente la capacità di acquisto dei salari falcidiati dall’inflazione che, come una scure, ancora si abbatte sul carrello della spesa, nonostante la flessione degli ultimi mesi.
Da piazza Santi Apostoli nella Capitale, dove pìù di 8mila delegati provenienti dalle regioni del centro Italia hanno preso parte al corteo partito da Piazza Esquilino, il segretario generale della Uiltucs Paolo Andreani ha sottolineato che “l'unica risposta al lavoro povero è il rinnovo del contratto con un amento salariale in linea con l’inflazione". "Le lavoratrici e i lavoratori - afferma - sia del commercio che del turismo, non si fermeranno. O contratto o altri scioperi".
Sempre dalla piazza romana è il segretario generale della Fisascat Cisl Davide Guarini a rilanciare l’appello alle associazioni imprenditoriali. “Agli ennesimi affronti a cui colpevolmente le associazioni datoriali intendono sottoporre oltre cinque milioni di lavoratrici e lavoratori, diciamo che la pazienza è finita” ha dichiarato il sindacalista sottolineando che “questo è uno sciopero per affermare il diritto alla dignità e alla sopravvivenza di chi lavora. Diciamo di ritirare quelle richieste che se praticate farebbero fare passi indietro ai sacrosanti diritti dei lavoratori e di riconoscere il diritto al giusto salario a chi permette alle aziende loro associate di lavorare e svilupparsi”.
A Milano, da piazza Sempione/Arco della Pace, approdo del corteo partito da piazza Castello con la presenza di oltre 5mila delegate e delegati provenienti dalle regioni del nord Italia, il segretario generale della Filcams Cgil Fabrizio Russo ha rimarcato che “siamo chiamati alla mobilitazione, allo sciopero, per gli oltre cinque milioni di lavoratrici e lavoratori di settori essenziali e strategici per l’intera economia nazionale a cui da tre, quattro, cinque anni viene negato il rinnovo del proprio contratto nazionale di lavoro e incrementi salariali dignitosi. Noi vogliamo cambiare questo presente perché noi siamo, tutte e tutti, per la democrazia e per l’umanità. Non ci siamo mai arresi e non ci arrenderemo mai, perché siamo certi che si può lottare, che si deve lottare, che si può vivere diversamente, che insieme si può cambiare.
Alla manifestazione milanese ha partecipato anche il segretario generale della Cgil Maurizio Landini. “Bisogna allargare i cordoni della borsa e mettere le risorse per tutelare il potere d'acquisto dei lavoratori. Dobbiamo cancellare la precarietà e alzare i salari, che sono troppo bassi”, ha detto a cronisti aggiungendo: “Questo è un settore dove ci sono una quantità di part-time involontari, circa tre milioni di persone. Sono persone costrette a lavorare 20 ore la settimana, quando ne vorrebbero lavorare molte di più”. Il leader Cgil ha rimarcato che “questo è un settore dove si è poveri anche lavorando, si arriva a stipendi sotto i mille euro. Con meno di mille euro al mese oggi uno è povero. Ma questa non è una battaglia solo dei lavoratori di questo settore. Oggi il tema del rinnovo del contratto e l'aumento dei salari è una questione generale nel Paese. Se non ci saranno risposte, il movimento sindacale nei prossimi mesi dovrà arrivare ad una vertenza generale sui salari e la precarietà”.
Più di 5mila lavoratori hanno partecipato alla manifestazione di Napoli dove si sono radunate le regioni del sud Italia e ampia partecipazione anche alle manifestazioni regionali di Cagliari e a Palermo per denunciare lo stallo dei negoziati, con la partecipazione dei componenti le segreterie nazionali Filcams, Fisascat e Uiltucs. Alla protesta hanno aderito anche i lavoratori in somministrazione, in solidarietà delle federazioni sindacali di categoria Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp.