Daniele ha passato i cinquant'anni ed è giardiniere da sempre. Il suo lavoro lo fa con passione ma seguendo il ritmo delle stagioni. Prima era una sicurezza, oggi, in quest'estate sopravvissuta alla crisi post-pandemia, un impiego che dura solo tre mesi. Questo è l'accordo che si è riusciti a strappare con l'azienda municipalizzata che a Fiuggi gestisce le due fonti termali, il campo da golf e lo stabilimento di imbottigliamento dell'acqua. Tre parchi enormi e un gruppo che quando le cose andavano bene dava lavoro alla maggior parte delle famiglie di questo paese che per la Ciociaria è sinonimo di terme.
Oggi invece ci lavorano meno di settanta persone. Prima della crisi del 2008 erano oltre 200 e impiegati a tempo indeterminato, ora chi è rimasto è uno stagionale costretto ad arrabattarsi come può per tenere in piedi la propria vita e la propria casa. Daniele si racconta mentre ripercorre i viottoli delle fonti. "Ho due figlie disabili, - dice - è difficile tirare avanti così. Così difficile - continua - che negli anni scorsi qualcuno si è anche suicidato". Esita prima di pronunciare quella parola. Lo fa con una smorfia. Perché qui a Fiuggi la crisi c'era da molto prima che arrivasse il coronavirus. Gli ultimi dodici anni sono stati un lungo declino.
La Fonte Bonifacio VIII ha riaperto a metà luglio. È lì che si sono concentrati gli sforzi di Daniele e dei suoi colleghi. Ripulire, riordinare, sanificare e aspettare che i clienti arrivassero. A Fiuggi l'acqua termale fa bene ai reni e il cliente tipo ormai è un anziano habitué. Così si cammina a ritmo di musiche melodiche e vecchi ritornelli che sembrano riportare le lancette indietro di diversi decenni. Di persone, però, ce ne sono davvero poche. "Un pianto - commenta Daniele - perché qui una volta ce n'era di vita", ma non in questa stagione in cui il Covid torna a fare paura, soprattutto a chi è più in là con l'età.
Daniele è un delegato sindacale. Si interroga su come sarà il lavoro suo e dei suoi colleghi in futuro. La strada intrapresa dall'amministrazione comunale pare ormai indirizzata senza appello verso la privatizzazione. "La prospettiva ci spaventa - confessa - perché non sappiamo dove andremo a finire e a fare cosa". Privatizzazione, infatti, è sinonimo di spezzatino: ogni assett a una proprietà diversa. Giovanni Gioia è il segretario generale della Filcams Cgil di Frosinone e Latina e quando gli si chiede cosa pensa del passaggio ai privati ammette che è curioso che mentre il Paese sembra muoversi in tutt'altra direzione, qui si scelga questa linea ma l'importante - dice - è proteggere il lavoro e qui il lavoro di protezione ha enorme bisogno.
Il paesaggio che si apre davanti alle telecamere di Collettiva quando si spalancano i cancelli della Fonte Anticolana è spettrale. Un parco immenso. Fontanelle ricoperte dal cellophane. Aiuole un tempo rigogliose oggi vuote. E su tutto incombono i resti del teatro, andato a fuoco anni fa e mai ricostruito. La fonte quest'anno è rimasta chiusa. Daniele scuote la testa quando ricorda che lì andavano le troupe televisive e, negli anni migliori, da lì trasmettevano anche alcuni programmi Rai. E poi c'erano i congressi. Anche per il sindacato quello è stato un punto d'incontro. Gioia ricorda che lì è iniziato il suo impegno quand'era ragazzo. Assemblee con oltre 2 mila delegati, dibattiti, confronti. Un peccato vedere oggi tutta quella magnificenza trasformata in decadenza. Ma la speranza - conclude - resta sempre che questo posto torni a riempirsi di vita e lavoro.