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Si ritroveranno sotto il grattacielo della Regione Piemonte martedì 28 novembre i lavoratori di Te Connectivity. Intendono consegnare all’assemblea regionale un ordine del giorno per richiamare l’attenzione delle istituzioni sui 220 licenziamenti su 300 dipendenti annunciati dall’azienda per la sede di Collegno (Torino).
La decisione dell’azienda
La multinazionale svizzero-statunitense, produttrice di componenti per l’elettronica, ha scelto di procedere con gli esuberi a seguito di una riunione interna ai vertici aziendali tenutasi il 15 novembre scorso. Nella sede di Collegno si creano elementi per elettrodomestici e per giustificare la sua decisione l’azienda ha parlato di “un calo del 27 per cento della produzione”, cui si aggiungono “la riduzione della domanda, l’incremento dei costi nell’area Emea e la conseguente erosione dei margini”. L’azienda intende procedere agli esuberi in maniera graduale. La chiusura dello stabilimento è prevista per settembre 2025.
La reazione dei sindacati
Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil ritengono “la decisione dell’azienda inaccettabile e incoerente con quanto finora condiviso ai tavoli sindacali, ovvero il mantenimento della produzione, dell’occupazione, degli investimenti”. L’azienda, infatti, anche durante i recenti confronti con le sigle, non aveva mai manifestato la prospettiva di una possibile crisi: anzi, aveva preso impegni per nuovi investimenti nello stabilimento.
Per questo la decisione è stata accolta con sorpresa da parte dei lavoratori e delle categorie che hanno denunciato l’inadeguatezza della procedura seguita dalla multinazionale che non si è nemmeno avvalsa di un periodo di cassa integrazione per i dipendenti.
“Il bilancio del 2022 era in attivo di otto milioni e ci è stato detto dai manager che la produzione sarà spostata negli Stati Uniti e in Cina”, spiega Giorgia Perrone (Fiom Cgil Torino): “Abbiamo chiesto perché non si sia pensato a una riconversione, ci è stato solo detto che non prevedono aumenti di volumi d'affari e quindi hanno deciso di ricollocare la produzione. Così si perdono posti di lavoro e un pezzo di storia, visto che il sito è stato fondato nel 1959. A meno che non trovino un'azienda pronta a rilevare stabilimento, macchinari e dipendenti compresi, con la clausola occupazionale”.
Le mobilitazioni dei lavoratori
In seguito alla comunicazione dell’azienda i dipendenti hanno manifestato il proprio dissenso e la propria preoccupazione con uno sciopero di otto ore durante le quali si sono riuniti in assemblea di fronte ai cancelli dello stabilimento. A seguito del presidio di martedì 28, inoltre, sindacati e lavoratori si aspettano un coinvolgimento delle istituzioni regionali. Le confederazioni chiedono anche alle sigle nazionali l’apertura di tavoli nelle sedi competenti.