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Nel luglio del 2019 era stato prima minacciato di licenziamento e poi su di lui era caduta la scure di un grave provvedimento disciplinare con sospensione dal lavoro e dal relativo stipendio. Oggi la storia di Gianluca Di Serio, ex autista dell’Amat, l'azienda del trasporto pubblico, torna in prima pagina, grazie alla decisione di annullamento assunta ieri dal Tribunale di Taranto, sezione Lavoro, relativa alle azioni poste in essere dall’azienda di trasporti. Di Serio, assistito dall’avv. Alessia Pisanelli e sostenuto dalla Filt Cgil, aveva infatti subito la sanzione disciplinare perché considerato reo dai vertici della municipalizzata ai trasporti del Comune di Taranto, di aver bloccato due corse di linea ponendo in avaria gli autobus numero 507, 471 e 476.
"Il lavoratore, peraltro nostro responsabile per la sicurezza – dichiara Francesco Zotti, segretario provinciale della Filt Cgil di Taranto – invece aveva agito responsabilmente e la sentenza di annullamento di ieri gli restituisce dignità e giustizia. L’8 e il 9 luglio del 2019 infatti il lavoratore iscritto Filt, prima aveva segnalato il non funzionamento del blocco che consente di tenere le porte dell’autobus aperte durante la salita dei passeggeri e poi aveva riscontrato un taglio in senso verticale lungo circa 10 centimetri lungo la carrozzeria di un altro mezzo, che per via dei lembi sporgenti poteva causare danni anche a qualche passeggero.
Per il Tribunale di Taranto, in composizione monocratica nella persona del dottor Lorenzo De Napoli, Gianluca Di Serio si sarebbe, dunque, comportato prudentemente evitando che lavoratori o utenti del servizio potessero farsi male. "La linea dell’Amat fu all’epoca dura e irragionevole – spiega ancora Zotti – malgrado la condizione delle manutenzioni dei mezzi sia ancora tutt’oggi un nervo scoperto di questa gestione. Speriamo, pertanto, che questa giurisprudenza possa servire anche da monito per il futuro".
La sezione lavoro del Tribunale di Taranto ha annullato il provvedimento di sospensione dal soldo e dal servizio e condannato l’Amat a corrispondere le retribuzioni trattenute.