Primo sciopero del Gruppo Borsa italiana in oltre duecento anni storia. Una protesta che si articolerà domani, 27 giugno, nelle ultime due ore di turno, quando gli operatori del gestore del mercato finanziario italiano, di proprietà del colosso francese Euronext, incroceranno le braccia e scenderanno in piazza, a partire dalle ore 14 a Milano.

A proclamare questa clamorosa azione di protesta, alla quale faranno seguito altre azioni, come il blocco degli straordinari e della reperibilità, fino al 14 luglio, sono state le organizzazioni sindacali Fabi, First Cisl e Fisac Cgil. Due ore di blocco che coinvolgeranno Piazza Affari insieme alle altre società del gruppo: Cassa Compensazione e Garanzia, Mts e Monte Titoli.

Una protesta eclatante che investe un presidio cruciale per il sistema economico e finanziario: dalla stabilità dei mercati finanziari ai riflessi sull’economia reale, che trae carburante dal mercato di Piazza Affari, fino alla delicata gestione del nostro debito pubblico.

Ed è per queste ragioni che, nelle ore immediatamente successive alla proclamazione dello sciopero, si sono fatti sentire due esponenti di primo piano del governo. Da una parte il ministro Urso, che ha convocato per il 3 luglio prossimo le organizzazioni sindacali al ministero delle Imprese e del Made in Italy, mentre la settimana successiva toccherà ai rappresentanti di Borsa Italiana; dall’altra il ministro Giorgetti che ha assicurato l’interessamento del Mef alla vicenda, nonché quello della Consob.

Si delinea un interessamento istituzionale, tutto da valutare, in linea con quanto rivendicato dalla segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, che aveva difatti chiesto “un urgente intervento istituzionale per salvaguardare una realtà di interesse strategico per il paese” proprio perché come sistema paese “non possiamo permetterci che venga minata l’autonomia decisionale e strategica delle società italiane del Gruppo Borsa italiana”.

Quattro le ragioni che hanno indotto le sigle sindacali a questa storica decisione: la tenuta occupazionale e la valorizzazione professionale delle lavoratrici del Gruppo Borsa italiana, la questione salariale, una non funzionale organizzazione salariale e, infine, il tema della governance e della progressiva perdita di autonomia direzionale e strategica delle società italiane del Gruppo Borsa Italiana. Su questo ultimo punto, infatti, la questione diventa geoconomica, ponendo ancora una volta su fonti contrapposti Francia e Italia. Infatti Euronext, la borsa pan-europea nata a Parigi, ha acquistato Borsa Italiana nel 2021 con principali azionisti l’italiana Cassa depositi e prestiti e la francese Caisse Des Dépots, per generare una operazione paritaria, di tipo federativo e non competitivo.

Ma è nel susseguente processo di integrazione, lungo i successivi governi, che le cose iniziano a scricchiolare. “Peraltro come Paese – ricorda Gabriele Poeta Paccati, segretario generale della Fisac Lombardia e delegato a seguire la questione dalla segreteria nazionale – portavamo in dote a questa operazione delle vere e proprie eccellenze tecnologiche: non solo Borsa Italiana ma anche Cassa compensazione e garanzia, Mts e Monte Titoli. Tre gioielli tecnologici, di assoluta avanguardia e competenza, che Euronext non aveva.

Non solo: in termini occupazionali l’Italia è il Paese che pesa di più in Euronext, con 764 occupati, pari al 37% del totale”. Nel silenzio della politica, il merger è andato avanti: “Circa due anni fa - afferma ancora - inizia l’integrazione vera e propria, con lo spostamento dei mercati verso una piattaforma unica parigina. Finiscono le sperimentazioni che Borsa aveva in cantiere e inizia un lento esodo dei dirigenti, tra licenziamenti e allontanamenti, e di piccole riorganizzazioni sostanziali che svuotano i ruoli sulla piazza italiana. Monte Titoli, ad esempio, viene frammentata e splittata tra i vari Paesi europei. Perdiamo centralità”.

La “mente” del Gruppo varca i confini nazionali e approda a Parigi. “Rischiamo di diventare un mercato di periferia - lancia l’allarme Poeta Paccati – in una posizione subordinata, svuotata, rispetto alle decisioni strategiche”. Da qui la necessità che le istituzioni, allo stesso tempo azioniste di Euronext, facciano sentire la loro voce. “Attraverso Cdp siamo tutti azionisti - continua -, c’è bisogno di esercitare un ruolo di vigilanza e di indirizzo. Parliamo, tra le altre cose, della gestione del nostro debito pubblico, tema molto delicato, che non può uscire fuori dal perimetro nazionale. Ma parliamo anche di un mercato cruciale per l’economia reale, il collante tra risparmio e investimenti, a doppio filo legati al tema della crescita”.

Per quanto riguarda la posizione sindacale, le questioni dirimenti nel Gruppo Borsa Italiana sono due: “La tenuta occupazionale e la valorizzazione professionale – aggiunge Poeta Paccati –, che vanno di pari passo con una riaffermata centralità del Gruppo. Viviamo pessime relazioni sindacali, che si riverberano su una non adeguata organizzazione del lavoro: le lavoratrici e i lavoratori lamentano turni massacranti, in ragione di un lavoro che non conosce soste, e una reperibilità continua. Non c’è stato l’adeguamento salariale previsto dal rinnovo del contratto del credito, con l’assorbimento degli ad personam. E le prospettive del prossimo piano industriale sul piano occupazionale non ci fanno ben sperare. Questo complesso di ragioni, sedimentate nel tempo, mesi di malcontento e orecchie sorde del management, ci hanno portato allo sciopero”.

La mobilitazione è per questo in campo, nei prossimi giorni, dallo sciopero di domani alla convocazione al Mimit, capiremo quanto sia davvero strategica, per Euronext e per il paese, Gruppo Borsa Italiana.