Agro Pontino, la Flai è in strada. Prima dell'alba le brigate del lavoro salgono sui furgoni e partono per i campi, dove migliaia di lavoratori arrivano per la raccolta. Si continua a parlare di quello che è successo nelle ultime due settimane, della tragedia di Satnam Singh e di una protesta che non si ferma. Sabato, qui, ci sarà una nuova manifestazione, ci sarà tutta la Cgil. Ma questa è la seconda settimana di “Diritti in campo”, l'iniziativa del sindacato dell'agroindustria che ha portato nei campi moltissimi militanti della da tutta Italia per fare sindacato di strada.

La Flai a Latina raccoglie da tempo i racconti drammatici dei tanti lavoratori che hanno pagato in India migliaia di euro per avere il nulla osta richiesto dal Decreto flussi, ma una volta arrivati in Italia il presunto datore di lavoro non c'è. E non c'è nemmeno il contratto. “Molti restano sospesi, come in un limbo, per precipitare poi nel mondo degli invisibili, dei senza nome, dei tanti Satnam e Sony che vanno avanti, comunque, senza diritti e alcun riconoscimento giuridico”, spiega il segretario generale della Flai Cgil Roma e Lazio Stefano Morea. “Sono entrati con il decreto flussi, regolarmente. E poi? Se l’azienda non fa il contratto sprofondano nell’illegalità. Solo il 20% riesce ad avere l’ambito documento. E gli altri? È un sistema profondamente perverso quello della legge Bossi-Fini, che di fatto crea un esercito di irregolari, serbatoio di sfruttamento e di caporalato per imprenditori senza scrupoli”.

Eppure qualche giornale ha scritto che per colpa della Cgil le aziende non chiamano più i lavoratori, costretti a restare senza paga e quindi senza i soldi per l’affitto e le necessità quotidiane. “È una vera e propria difesa dell’illegalità quella che traspare da tanti articoli - commenta Morea - Chiediamo permessi di soggiorno per attesa occupazione per chiunque possa dimostrare di essere entrato con il decreto flussi e non essere poi stato regolarizzato. Un permesso che diventi il lascia passare per farsi regolarizzare. Dobbiamo scardinare un modello produttivo che non sta in piedi”.