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In bilico, stavolta, sono rimaste 764 persone. Sono lavoratori della Sirti, oggetto della nuova procedura di licenziamenti collettivi avviata dal gruppo il 4 marzo scorso, attualmente sospesa per via del decreto del governo sull’emergenza sanitaria che blocca tutti gli esuberi. La Sirti, colosso delle tlc nel comparto delle installazioni telefoniche (ma anche nell’Alta velocità ferroviaria, energie rinnovabili, integrazione di sistemi, infrastrutture, sicurezza), è specializzata in progettazione, realizzazione e manutenzione di grandi reti, ha complessivamente 3.500 addetti ed è da lungo tempo in crisi (fra una ristrutturazione e l’altra, sono passati circa quindici anni).
Una vertenza annosa che, come si ricorderà, aveva trovato un punto di svolta l’8 maggio 2019, allorquando, dopo una lunga trattativa, era stato siglato un accordo fra le parti, presso il ministero del Lavoro, che permetteva di dare un futuro all’organico, azzerando gli 833 licenziamenti dichiarati in precedenza dall’azienda e prevedendo uscite incentivate per l’accompagnamento alla pensione e l’outplacement, oltre a riconversioni interne del personale delle unità produttive non interessate dagli esuberi, con contratti di solidarietà all’interno della divisione telco infrastructures (una delle quattro business unit, che assieme a digital solutions, transportation ed energy compongono il piano strategico di trasformazione della società). Inoltre, l’intesa contemplava anche l’avvio di un tavolo di confronto permanente sulla produttività aziendale, con l’obiettivo di far rientrare parte delle attività ora affidate ai subappalti. L’intero impianto, poi, stabiliva successivi momenti di verifica sui diversi aspetti, tanto a livello nazionale quanto nei territori, da parte delle Rsu.
Una pluralità d’impegni, tutti disattesi dall’azienda neanche un anno dopo, come hanno ribadito i sindacati nell’ultimo incontro fra le parti, avvenuto il 23 giugno scorso, alla presenza di Assolombarda. “Per quanto ci riguarda, non c’è alcuna disponibilità da parte nostra a parlare di ulteriori esuberi in Sirti” afferma Barbara Tibaldi, della segreteria nazionale Fiom, responsabile del settore installazioni telefoniche: “Per giunta, facendo i dovuti calcoli, risulterebbero addirittura in aumento rispetto alla richiesta precedente, in quanto 200 addetti sono nel frattempo usciti volontariamente. Inoltre, sono mesi che chiediamo un diretto intervento del governo attraverso l’apertura di un negoziato in chiave nazionale per discutere della crisi dell’intero settore delle telecomunicazioni, che i lavoratori continuano a pagare”.
Il sindacato, in particolare, non è d’accordo sulla proposta aziendale, a supporto del piano sociale (siglato anch’esso nel 2019), di ridurre l’impatto degli ammortizzatori sociali sulla platea dei propri addetti, mediante il potenziamento delle riconversioni professionali e la revisione temporanea, della durata di dodici mesi, di alcuni istituti salariali integrativi a titolo compensativo.
“Nell’illustrare i dati relativi ai singoli cantieri del gruppo, dove si registra una maggiore difficoltà in quelli del Centro-Sud, il management ha riconfermato la propria posizione rispetto a un costo del lavoro più alto delle sue dirette concorrenti sul mercato, chiedendoci di derogare all’integrativo aziendale del 2015, nella parte relativa all’indennità di pasto meridiano, in una logica di abbattimento dei costi”, riprende la dirigente sindacale. Barbara Tibaldi, inoltre, si dichiara contraria “a qualsiasi tipo di deroga, soprattutto in un momento in cui i lavoratori sono già colpiti fortemente da una riduzione del salario, a causa del contratto di solidarietà dell’anno passato e dalla cassa integrazione per Covid-19, che vede collocati in cig a zero ore fino al 30 settembre prossimo 1.175 dipendenti”.
“Siamo riusciti a ‘stoppare’ il tentativo aziendale d’innalzare la solidarietà al 50 per cento dall’attuale 35, una proposta davvero priva di senso, perché significherebbe allargare la platea degli aventi diritto, dalle attuali 1.918 a 2.700 persone”, precisa Rosita Galbiero, coordinatrice nazionale Sirti per la Fiom Cgil: “Così come non siamo disponibili ad abbassare il buono pasto da 13,50 a 8 euro, come ci hanno chiesto, sempre con la scusa di voler ridurre i costi. Piuttosto, perché non mettere mano agli appalti vinti al massimo ribasso, cui partecipa anche la Sirti, in dispregio al Codice degli appalti, che si traducono in pesanti tagli su salari e diritti dei lavoratori?”.
Rosita Galbiero evidenzia che la Sirti è un’azienda “che produce utili e che, grazie all’apporto decisivo dei lavoratori su tutto il territorio, non ha mai subìto una battuta d’arresto, nemmeno durante il lockdown, in quanto rientrante fra le attività considerate essenziali”. In realtà, prosegue la coordinatrice Fiom, “il loro progetto è quello di assottigliare la filiera il più possibile, riportando in casa i lavori più appetibili e facendo fuori tutti quegli addetti ultracinquantenni considerati usurati, che però compongono la fetta più grossa dell’organico a disposizione. Perciò, noi abbiamo proposto un piano di riqualificazione professionale per 150-200 unità (nell’accordo di maggio 2019 il capitolo ne riguardava solo una ventina), mentre un altro centinaio di persone potrebbe andare in pensione con incentivi su base volontaria”.
Prossimo rendez vous in calendario il 2 luglio, stavolta non più in conference call, ma con la presenza fisica del coordinamento sindacale del gruppo. Sul prosieguo del negoziato il sindacato non è così ottimista e già si prepara alla mobilitazione. “Vedo margini ristretti di trattativa”, conclude la segretaria nazionale Fiom Barbara Tibaldi: “Durante l’ultimo incontro abbiamo avuto un inizio turbolento, poi si è cominciato a ragionare con più calma, ma le distanze fra le rispettive posizioni permangono notevoli. L’azienda ha mostrato una chiusura su tutte le nostre proposte. Ci auguriamo che cambi atteggiamento”.