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La formazione sindacale in Europa e nel resto mondo: di questo si è discusso nella terza e ultima giornata del secondo Festival della formazione sindacale della Cgil, che si è concluso oggi, 26 giugno, a Bologna. Qui, alla presenza della responsabile delle Politiche europee e internazionali di corso d’Italia, Susanna Camusso, si sono confrontate le esperienze dei sindacati di ogni angolo del mondo.
Ciò che è venuto fuori con forza, da ogni latitudine la si guardasse, è la necessità di adeguare la “cassetta degli attrezzi” del sindacalista alle nuove esigenze che il mondo del lavoro sta sempre più esprimendo. Ma anche l’imprescindibile obiettivo di tenere la barra dritta verso la difesa dei diritti fondamentali dei lavoratori. In quest’ottica, la formazione continua dei sindacalisti diventa, a detta di tutti, sempre più decisiva. In Argentina, ha raccontato Andres Larisgoitia della Cta, negli anni più recenti si è registrata “un’importante adesione di giovani, che hanno rafforzato il movimento sindacale”. Ma, ha continuato, “c’è il bisogno di formarli, affinché possano lavorare con serietà nella complessa realtà che li aspetta, capire il contesto in cui operano, non essere soltanto espressione di un mondo rivendicativo, ma anche propositivo a livello socio-politico.”
Pure per Hassan Yussuf, presidente Canadian labour congress, “costruire un sindacato moderno e vivo significa prendere coscienza della necessità di adattarsi”. Questo, però, non vuol dire che “ciò che pensavamo e facevamo 40 anni fa fosse sbagliato”, ma che “il mondo intorno a noi è diverso e dobbiamo essere preparati. Partendo dai fondamentali che conosciamo, ora dobbiamo costruire un movimento sindacale rinnovato, vibrante, militante, e così necessario in questo momento”.
Tano Honorat, segretario nazionale con delega alle migrazioni della Ugtci della Costa d’Avorio, ha infatti raccontato come nel suo Paese si è soliti dire che “un sindacalista non adeguatamente formato è un pericolo per i suoi compagni”. Mentre Mikyong Ryu del sindacato coreano Ktuc ha portato in dote l’esperienza asiatica, dove in molti paesi “la formazione sindacale è importantissima per costruire la forza e l’unità del movimento, in un periodo in cui molti giovani si stanno iscrivendo al sindacato e hanno bisogno di assorbire l’esperienza degli iscritti più grandi, per poter creare la loro personale strategia”.
Secondo Rafael Freire, segretario generale della Confederazione sindacale delle Americhe, invece, una formazione “politica, e con carattere ideologico molto forte” dovrebbe addirittura diventare oggi “la principale strategia dei nostri sindacati”, per contrastare “l’avanzamento ideologico dell’estrema destra”, e confrontarsi con “la complessità della composizione della classe dei lavoratori”.
Ma non basta solamente prepararsi al futuro, bisogna anche tener presenti le conquiste ottenute nel passato. Ne è convinto il responsabile internazionale del Pit-Cnt dell’Uruguay, Fernando Gambera. “La formazione sindacale - ha detto - deve avere anche come obiettivo far capire ai giovani sindacalisti da dove si viene, e come si è arrivati fin qui - ha detto -. E in che modo si sia sviluppato il movimento sindacale nel nostro Paese e nel mondo, e quali sono stati i suoi temi principali”.
Una “opportunità di sviluppo per il futuro delle nuove generazioni”, è proprio quello di cui ha parlato l’ungherese Victoria Papp Nagy, presidente del comitato giovani Etuc. ”Il movimento sindacale – ha detto - ha bisogno di aggiornarsi perché è urgente affrontare le sfide dell’era digitale, ed essere più organizzati e presenti”.
Per Unai Sordo, segretario generale delle Comisiones Obreras spagnola, infine, “la formazione deve iniziare dai delegati, che sono il patrimonio del sindacato e che sono la parte più vicina ai problemi che quotidianamente affronta il popolo del lavoro”. Problemi che “diventano sempre più complicati”, quindi al giorno d’oggi “c’è bisogno di più conoscenza e di maggiori competenze per organizzare e rappresentare i lavoratori”.