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Tenere aggiornata la contabilità dei morti sul lavoro è davvero difficile. Dal Trentino alla Sicilia le notizie d'incidenti si rincorrono: da Sebastian Galassi, il rider di 26 anni investito a Firenze, ai due lavoratori morti in aziende agricole del pontino nel Lazio, passando per i troppi caduti dalle impalcature.
Occorre ridare valore al lavoro, dice la segretaria confederale Cgil Francesca Re David, altrimenti la strage non si fermerà. Insieme a Cisl e Uil la Confederazione di corso d'Italia ha redatto una piattaforma, un “elenco di cose da fare subito”. Verrà discussa in assemblee nei luoghi di lavoro e nei territori nel corso di una campagna di mobilitazione che culminerà sabato 22 ottobre a Roma in piazza Santi Apostoli. Dice ancora la segretaria Cgil: basta parole vuote, servono i fatti.
Il primo appuntamento di piazza dopo la manifestazione dell’8 ottobre, organizzata dalla Cgil, sarà il 22 ottobre a Roma. Cgil, Cisl e Uil unitariamente in piazza Santi Apostoli per riaccendere i riflettori sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Perché?
Gli incidenti sul lavoro sono diventati un'emergenza. Si continua a morire e ad avere infortuni gravissimi sul lavoro e in itinere: la media è di tre incidenti mortali al giorno, e non diminuisce, nonostante gli impegni presi nei mesi scorsi. E c’è una novità: con la ripresa delle attività, dopo i due anni di pandemia e di chiusure, si sta abbassando l’età media delle vittime, sono colpiti lavoratori e lavoratrici tra i 25 e i 40 anni. È evidente che, al di là delle parole, quest'emergenza non è presa in considerazione in modo adeguato dalla politica, né dal governo e neanche dalle imprese. Abbiamo, inevitabilmente direi, deciso unitariamente con Cisl e Uil di costruire un percorso di mobilitazione, assemblee nei luoghi di lavoro e nei territori, e anche iniziative, compreso lo sciopero, concentrate soprattutto tra il 17 e il 21 ottobre, per ritrovarci poi in piazza Santi Apostoli a Roma, innanzitutto con i delegati alla sicurezza e ovviamente con tutti i lavoratori e le lavoratrici.
Gli incidenti mortali si susseguono ma sembra quasi che ci sia un'assuefazione collettiva, è come se, al di là del turbamento immediato, lo si ritenesse un “fenomeno inevitabile” o quasi...
È talmente enorme quel che succede - ricordiamolo: la media è di tre morti al giorno - che ormai esiste un'assuefazione al fenomeno. Quando accade un incidente eclatante, o il numero giornaliero aumenta e di molto, si susseguono comunicati e prese di posizione, poi più nulla. A quei proclami non seguono i provvedimenti necessari ad arginare il fenomeno. Partendo innanzitutto dai controlli preventivi sulla sicurezza. In Italia ci sono circa 1 milione 600 mila aziende, gli ispettori dedicati alla sicurezza sul lavoro sono qualche centinaio. È evidente come non ci può essere alcuna pratica diffusa, appunto, che vada a controllare cosa succede concretamente nelle aziende, se le misure sono applicate. Questo è determinato da anni di tagli alla spesa pubblica, allo stato sociale, che hanno colpito duramente sia la medicina sul lavoro sia l’Ispettorato nazionale del lavoro
Proprio a questo proposito, è stato fatto un concorso per il reclutamento degli ispettori: dall’Ispettorato dicono che, a fronte dei vincitori di concorso, quelli che hanno realmente preso servizio sono poco più della metà,
È vero ed è un fenomeno da studiare. Le ragioni attengono alla qualità del lavoro: sono aumentate le mansioni degli ispettori, a loro sono infatti attribuite anche quelle su salute e sicurezza che prima erano appannaggio esclusivo delle Asl; non sono nelle condizioni di poter accedere alle banche dati di altri istituti; il personale dell’Ispettorato è carente e quindi spesso si trovano a svolgere anche funzioni amministrative che non competerebbero loro. Infine, hanno un riconoscimento salariale basso. Insomma, spesso gli incidenti sul lavoro sono determinati dalla svalorizzazione del lavoro rispetto al profitto, ma anche il lavoro di chi deve controllare è svalorizzato. Proprio per accendere un riflettore anche su questo aspetto stiamo unitariamente valutando, attraverso le Rsu e i delegati, di chiedere in ogni azienda un’ispezione e poi di rendere pubblici i risultati. Così sarà chiaro a tutti che è impossibile fare prevenzione con così pochi ispettori.
Quali gli altri punti della piattaforma unitaria?
Chiediamo che una parte delle risorse che arrivano alle aziende, da quelle del Pnnr agli altri contributi, vengano vincolate alla messa in sicurezza delle aziende e alla formazione su salute e sicurezza. Ma occorre fare un ragionamento più complessivo proprio sul valore del lavoro cui facevamo riferimento. Il lavoro è diventato un fattore della produzione come gli altri, e allora qualunque cosa è accettabile per massimizzare i profitti, dall’utilizzo d'impalcature vecchie e inadeguate pur di aprire i cantieri per la ristrutturazione dei palazzi con i contributi al 110%, all’impiego di personale non sufficientemente formato, fino alla catena di appalti e sub appalti. Per non parlare della mancanza di formazione e di apparati di sicurezza.
La precarietà dilagante di certo non favorisce la sicurezza...
Irregolarità e precarietà sono altri due fattori che incidono moltissimo. Non è un caso che proprio l'Inail ci dice che si sta abbassando l’età media delle vittime: giovani di 24, 25 anni, appunto precari, spesso in appalto. Per non parlare dei tre casi di ragazzi in “alternanza”, che in realtà stavano lavorando senza essere pagati. Quindi per sconfiggere la piaga delle morti sul lavoro, oltre che puntare su ispezioni e adeguamento degli impianti alle norme di sicurezza, bisogna combattere la precarietà, la logica perversa del sub-appalto e l’illegalità.
È sufficiente far crescere la cultura della sicurezza dentro le aziende?
Nell'appello-manifesto di Cgil, Cisl e Uil che abbiamo inviato qualche settimana fa ai partiti, che è alla base della nostra mobilitazione, chiediamo che la sicurezza sul lavoro venga introdotta come materia scolastica. Insomma, noi abbiamo il paradosso che nel progettare l’alternanza scuola-lavoro i sindacati sono tagliati fuori, non si prevede la formazione sui diritti del lavoro e nel lavoro, né il tema della sicurezza. Pensiamo, invece, che è proprio a scuola che deve essere “insegnata”, deve diventare materia curricolare la cultura del lavoro dignitoso, quello con diritti e svolto in sicurezza
L'appuntamento è per il 22 di ottobre in piazza Santi apostoli a Roma. Ma in realtà si arriverà a quel giorno alla fine di una serie di iniziative, di assemblee, di scioperi e di mobilitazioni. E dal 23 di ottobre?
Dal 23 di ottobre continueremo a chiedere che il governo faccia quello che noi abbiamo chiesto con la manifestazione della Cgil dell’8 ottobre e con la mobilitazione unitaria: l’aumento del numero degli ispettori, l’implementazione dei controlli sul rispetto dei contratti nazionali, il vincolo dei finanziamenti all’adeguamento degli impianti e alla formazione sulla sicurezza, la riduzione fino all'eliminazione della precarietà. Questi sono i temi, per dargli forza dovremmo costruire iniziative in ogni luogo di lavoro. E poi la Cgil si costituirà parte civile ogni volta si registrerà un incidente mortale. Infine, il prossimo 28 ottobre faremo l’Assemblea nazionale degli Rls e degli Rlst per un primo bilancio di questa fase di mobilitazione e decidere insieme come proseguire