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Più diritti, più tutele, compensi orari equi e controllo degli algoritmi. L’accordo sul lavoro degli shopper firmato dai sindacati di categoria Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp e dall’associazione datoriale Assogrocery può fare scuola. Per diversi motivi. Innanzitutto perché dimostra che anche quando si tratta di lavoratori autonomi il modo per regolamentare, garantire, supportare, c’è.
Poi perché è la prova che la gig economy non è necessariamente un far west dove la piattaforma deve schiacciare la persona fregandosene altamente delle sue necessità. Inoltre, perché si può dare rappresentanza collettiva a lavoratori che sono indipendenti.
“L’iniziativa è partita proprio da loro – racconta Roberta Turi, segretaria nazionale del Nidil Cgil -. Come spesso accade in casi come questo, sono gli stessi shopper che si sono rivolti al sindacato alla ricerca di una rappresentanza”. In Italia sono circa 5 mila, lavoratori che attraverso un’applicazione prendono l’ordine dal cliente, vanno al supermercato a fare la spesa e gliela portano a casa. A un certo punto hanno pensato di migliorare le proprie condizioni e di fare un salto di qualità.
“A volte non riusciamo a coprire tutti i segmenti e lasciamo spazi vuoti che vengono riempiti da forme di auto-organizzazione – prosegue Turi -. Le modalità sono nuove anche per noi, come fare assemblee, confrontarsi, distribuire questionari tramite Telegram”.
Il primo passo è stato quindi capire quali fossero le richieste dei lavoratori, attraverso un percorso democratico che ha portato a una piattaforma non calata dall’alto ma espressione delle reali esigenze.
Dopo il coinvolgimento di Felsa e Uiltemp, i sindacati hanno iniziato a interloquire con l’associazione datoriale, che si è dichiarata interessata. Così si è arrivati a un’ipotesi di intesa che vale per una platea di persone per la stragrande maggioranza italiane, provenienti da percorsi di subordinazione, che fanno gli shopper come seconda o terza attività, per poche ore a settimana o per periodi brevi. E che vogliono rimanere autonome, quindi poter scegliere se, quando e quanto lavorare.
Il cuore dell’accordo è l’aumento dei compensi: ogni ordine è pari a un’ora di lavoro, 12,5 euro nel 2024 che saliranno a 13,5 nel 2026. Se si eccede, scattano gli straordinari. Se lo shopper è a disposizione della piattaforma ma non riceve alcun ordine, ha diritto all’indennità di disponibilità. Sono previste anche misure su salute e sicurezza e sull’organizzazione del lavoro, trasparenza dell’algoritmo.
“In più sono garantiti i diritti sindacali: diritto di assemblea, rappresentanti, permessi, diritto di affissione, possibilità di indire referendum – conclude Turi -. Assicurazione Inail, visita medica a carico delle piattaforme, formazione e possibilità di eleggere rappresentanti per la sicurezza. Infine, miglioramento di malattia, maternità, congedi parentali e possibilità di una contrattazione aziendale”.