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I 657 morti sul lavoro certificati dall’Inail nei primi otto mesi del 2023 non sono numeri statistici ma un’enormità di vite spezzate, di persone uscite di casa convinte di rientrare a sera o a fine turno e che invece non hanno mai più fatto ritorno. Nonostante siano 20 meno dello stesso periodo dello scorso anno, sono sempre troppi e non possono che farci parlare di strage, confermando che l’evoluzione tecnologica degli ultimi 50 anni non ha corrisposto parimenti con l’aumento di sicurezza per i lavoratori. Inoltre la lieve flessione è dovuta al numero di casi mortali in itinere, perché invece quelli in occasione di lavoro sono aumentati. Come se non bastasse, al 31 agosto di quest’anno sono ben nove le denunce di incidenti plurimi: 22 morti, 11 dei quali vedono coinvolto il mezzo.
Dati che “evidenziano l'assenza di azioni concrete da parte delle istituzioni", come ha avuto modo di dire il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, perché "troppe tragedie sul lavoro sono determinate dalla volontà di abbassare i sistemi di sicurezza per accelerare i tempi e risparmiare”. Alle norme insufficienti si aggiungono infatti quelle “approvate da questo governo a modifica del codice dei contratti pubblici, che prevedono la reintroduzione dell'appalto a cascata, nonché l'introduzione di ulteriore precarietà nei rapporti di lavoro. Inoltre, continua a essere totalmente inadeguato l'investimento sulle funzioni ispettive, di prevenzione e riteniamo necessario istituire una Procura speciale nazionale".
Entriamo nel dettaglio delle differenze territoriali, di settori lavorativi e di età e genere.
L’Italia non è una, come al solito
Le differenze regionali e di area dipendono da diversi fattori come il numero degli occupati, la tipologia di lavori interessati e il tasso di illegalità contrattuale e quindi di lavoro nero. Se andiamo per macroaree Nord-Est, Centro e Isole vedono una leggera flessione di morti, sempre rispetto all’anno precedente, mentre al Sud assistiamo a un incremento e una stabilità nel Nord-Ovest.
Secondo dell'Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering, che fa un’analisi di dati sino al 31 di luglio, alla Lombardia va la maglia nera per il maggior numero di vittime (74). Seguono poi Veneto, Lazio, Campania e Piemonte, EmiliaRomagna, Puglia, Sicilia, Toscana, Abruzzo, Marche, Umbria e Calabria, Friuli Venezia Giulia (che però registra il maggiore incremento rispetto al 2022 con 11 morti in più), Trentino Alto Adige e Liguria, Sardegna, Basilicata e Valle d'Aosta e Molise. Scopriamo poi che sono ben 10 le regioni italiane che al 2 di ottobre scorso hanno già superato il numero di morti dello stesso periodo del 2022, se andiamo poi a vedere i numeri forniti dall’Osservatorio nazionale di Bologna fondato da Carlo Soricelli, che non si basa solamente sulle morti denunciate all’Inail come invece fa l’Istituto nazionale.
Genere, nazionalità ed età
Gli uomini che perdono la vitta sul luogo di lavoro sono poco meno del 93%, il resto sono donne e i primi hanno visto un aumento delle morti le seconde una diminuzione. Banalmente sembrerebbero dati associati alle tipologie di lavoro Aumentano anche le denunce di morte per i lavoratori immigrati extraeuropei che passano da 91 a 94 (con una dose di ottimismo potremmo pensare sia dovuto a nuove regolarizzazioni), mentre gli immigrati comunitari morti sono 32 e gli italiani 531. La fascia d'età più colpita dagli infortuni mortali continua a essere quella tra i 55 e i 64 anni e, entrando nel dettaglio, abbiamo però un aumento delle morti tra gli under 25 e tra i 60-74enni e una flessione nella fascia 30-59 anni.
Infortuni e settori pericolosi
Anche gli incidenti senza esito mortale continuano a essere un numero elevatissimo nei primi otto mesi di quest’anno: 383.242, tra i quali, non dimentichiamo, ve ne sono alcuni che procurano invalidità permanenti, parziali o totali, e comunque problemi ingenti. I lavoratori più colpiti sono quelli impiegati nell’industria e nei servizi che sono oltre 300 mila, seguiti da quelli nel Conto Stato (59. 079) e poi da coloro che lavorano nel settore agricolo (17.175). Da notare che tra gli under 20 anni le denunce sono aumentate del 12,6%, fattore dovuto principalmente agli infortuni degli studenti, complici l’alternanza scuola-lavoro e i tirocini che hanno visto negli anni scorsi anche la morte di alcuni ragazzi.
Le malattie professionali
Vi sono poi ancora migliaia di persone che si ammalano perché per troppo tempo fanno un lavoro nocivo per la salute. Le malattie che riguardano principalmente il sistema osteo-muscolare e il tessuto connettivo, il sistema nervoso e dell’orecchio continuano sono le prime tre denunciate, ma non mancano, tumori e patologie del sistema respiratorio.
Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nei primi otto mesi del 2023 sono in aumento e hanno toccato le 48.514 unità il 3i di agosto. I settori maggiormente interessati sono gli stessi degli infortuni e, se quest’anno in tutte le aree del Pese vi è stato un incremento del 20%, il Sud che ha toccato il +27%. Senza scordare che alcune delle suddette patologie potrebbero nei prossimi mesi e nei prossimi anni andare ad alimentare il numero di coloro che in Italia muoiono di lavoro.